“Rovigo” Una poesia di Zbigniev Herbert letta da Adam Zagajevski. Traduzione di Andrea Ceccherelli e Alessandro Niero

Rovigo1Nel 2007, in occasione di un colloquio organizzato a Padova sul rapporto tra gli scrittori e il Veneto, il poeta polacco Adam Zagajewski, presente tra gli ospiti, ha fornito un penetrante commento di questa poesia di Zbigniew Herbert. “Rovigo” è il titolo di questa poesia e dell’ intera raccolta che è stata tradotta in italiano dall’ Associazione «Il Ponte del Sale». Come è possibile, si chiede Zagajewski, che la più anonima e grigia tra le tante splendide città del Veneto e dell’Italia, «questo capolavoro di mediocrità» merita il pathos poetico di un grande poeta al punto di farne un grande simbolo, il punto nevralgico del libro? Herbert oscilla con sapienza tra l’ironia, il sarcasmo e il pathos, accenna con pochi tocchi ai drammi individuali e collettivi («Siamo vissuti in tempi / ch’ erano davvero il racconto di un idiota / pieno di frastuono e crimine»). Il punto centrale della ricerca poetica di Herbert è individuare una zona grigia, l’indifferenziato, la neutralità della bruttezza, prodotto della storia degli uomini. Nessuno sosta a Rovigo, qui non c’è nient’altro che grigiore, quartieri dormitori e neutrale infelicità. Lo stesso Herbert ne ha intravisto dal treno il triste profilo del paesaggio. Tuttavia, è una città di «pietra e carne», dove «qualcuno ieri è morto qualcuno è impazzito / qualcuno disperatamente per tutta la notte ha tossito». Nient’altro che una stazione di transito, un luogo di arrivi e partenze; eppure «è un luogo singolare» per la «geografia intima» di ciascuno di noi, «questo capolavoro di mediocrità» è qualcosa di simile alla vita; è per ciò, dice il poeta, «che penso a te Rovigo Rovigo». Herbert e Zagajewski, considerano il paesaggio grigio delle città moderne il nostro paesaggio quotidiano, e alla poesia non resta che scavare un senso, se senso c’è, nel mistero della «mediocrità» di quegli agglomerati urbani neutrali e grigi. (Giorgio Linguaglossa)
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Rovigo

STAZIONE DI ROVIGO. Vaghe associazioni. Un dramma di Goethe
o qualcosa di Byron. Sono passato da Rovigo
n volte e per l’ennesima volta ho capito
che nella mia geografia intima è un luogo
singolare anche se certo non uguaglia
Firenze. Non ci ho mai messo piede
ogni volta Rovigo s’approssimava o fuggiva all’indietro
Vivevo allora d’amore per l’Altichiero
dell’Oratorio di San Giorgio a Padova e per Ferrara
che mi era cara poiché ricordava
la rapita città dei miei padri. Vivevo inchiodato
tra il passato e l’attimo presente
crocifisso molte volte dal luogo e dal tempo
Eppure felice molto fiducioso
che il sacrificio non sarebbe stato vano
Rovigo non si distingueva per nulla di particolare era
un capolavoro di mediocrità strade diritte case non belle
soltanto prima o dopo la città (secondo la direzione del treno)
spuntava all’improvviso dalla piana di un monte – solcato da una cava rossa
simile a un prosciutto della festa guarnito di cavolo crespo
oltre a ciò nulla che allietasse attristasse attirasse lo sguardo
Eppure era un città in carne e pietra – come tante
una città dove qualcuno ieri è morto qualcuno è impazzito
qualcuno disperatamente per tutta la notte ha tossito
AL SUONO DI QUALI CAMPANE COMPARI ROVIGO
Ridotta a una stazione a una virgola a una lettera cancellata
nulla soltanto una stazione – “arrivi” – “partenze”
e perché penso a te Rovigo Rovigo *

* Zbigniev Herbert Rovigo Il ponte del sale 2008, pp.128, € 15,00

ZBIGNIEW HERBERT, nato a Leopoli il 29.X.1924, morto a Varsavia il 28. VII. 1998. Nel 1956 esce la sua prima raccolta di poesie, Corda di luce. Seguono: Hermes, il cane e la stella (1957), Studio dell’oggetto (1961), Iscrizione (1969), Il Signor Cogito (1974), Rapporto dalla città assediata (1983), Elegia per l’addio (1990), Rovigo (1992), L’epilogo della tempesta (1998). È autore anche di drammi e di saggi sull’arte italiana, francese, olandese, greca. Poeta tra i più amati in Polonia, tradotto in tutto il mondo, è noto in Italia per le antologie Rapporto dalla città assediata. 24 poesie (All’insegna del pesce d’oro, Milano 1985) e Rapporto dalla città assediata (Adelphi, Milano 1993), entrambe a cura di Pietro Marchesani.

1 commento
  1. Nell'”Orlando furioso” Ludovico Ariosto descrive Rovigo come «la terra il cui produr di rose / le dié piacevol nome in greche voci», perciò fu denominata “città delle rose”. Tuttavia non è certo una bella città come Ferrara o Mantova, mete obbligatorie del “Viaggio in Italia” di Goethe o del “Grand Tour” di moda presso i giovani signori del passato..
    A Rovigo “si passa” per andare altrove a cercare quelle bellezze naturali e soprattutto artistiche di grande valore inesistenti a Rovigo.
    Ci si passa forse per recarsi a Ferrara, dove poter visitare la Casa del Tasso o dell’Ariosto, cosa che fecero sia Byron sia Goethe, citati nella poesia “Rovigo”, eponima della raccolta. Ci si passa per andare in luoghi dove vissero poeti immortali, come appunto fecero molto spesso i grandi poeti dell’Ottocento.
    Ciò che appare strano è che il poeta Zbigniew Herbert. abbia scritto una poesia ispirandosi a una città che non ha (quasi) nulla che possa destare ispirazione, a meno che Rovigo non sia la metafora della mediocrità, dell’insignificanza, del grigiore propri della vita attuale.
    “Spuntava all’improvviso dalla piana di un monte – solcato da una cava rossa / simile a un prosciutto della festa guarnito di cavolo crespo”. Questa similitudine distrugge Rovigo senza alcuno scampo.
    Allora perché pensare a Rovigo e scrivere di Rovigo?
    Giorgina Busca Gernetti

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