Alcune poesie di Attilio Bertolucci, nota di Maria Grazia Trivigno

Bertolucci-Attilio

Attilio Bertolucci (1911-2000)

Attilio Bertolucci benedice l’incanto di tutto ciò che è mediano: l’ora di mezzo, la stagione di mezzo, l’autunno, la primavera, il mezzogiorno, ottobre. In tale medietà, il paesaggio naturale e antropico nella sua coralità sfumata è punto focale, ben più che un singolo volto. E’ poesia della descrizione, affresco del momento. Bertolucci cura i dettagli del dipinto, il volo bieco dell’insetto, le affiches azzurre, gli zoccoli nella sera, l’erba bagnata, il sorriso di Goethe in mezzo alla piazza; puntinismo lirico sullo sfondo rigorosamente vermiglio della sera. L’umanità, però, rimane brusio indistinto eppure familiare, unanime moto della folla. Oppure, il che è lo stesso, le esistenze sconosciute sono travolte dal loro quotidiano domestico perciò assenti, ma senza che ciò crei stranimento. Al contrario, le strade deserte portano al culmine la gioia d’esser giovani e di passeggiare nel mattino. Giovane è pure la ginestra d’Appennino, mediano anche quest’ultimo.  Anche quando la figura umana compare,  resta sagoma, cappello di paglia che s’allontana nell’ombra della casa.  Domina il senso di attesa paziente, frammisto a una serena accettazione del fluire delle cose, interrotto solo da un’esasperata invocazione del sonno. Nonostante l’inganno utile dell’ora legale le giornate si fanno brevi, e i passi si susseguono verso il traguardo, sempre solo alluso, che riecheggia beffardo nei colori dei fiori, nelle foglie,  nel riso del cielo rasserenato.

Maria Grazia Trivigno

 

Mattino

Dalla finestra aperta
Entran le voci calme
Del fiume,
I canti lontani
Delle lavandaie
Laggiù fra i pioppi e gli ontani,
Presso la pura corrente
Che mormora sì dolcemente
Il fumo dei vapori
Si confonde con quello delle case
Sotto il riso trionfale
Del cielo.
Sull’altra riva, nel viale
Gli affiches azzurri
Delle compagnie di navigazione
Riempiono di nostalgia e d’illusione
Il cuore degli uomini
Seduti sulle panchine.
Penso a una fanciulla bionda.
Fra poco sarà mezzogiorno
E una gran tenerezza m’invade,
E una voglia di piangere senza perché.

 

Ginestre

Gioventù sacrificata
delle ginestre
grama e splendente
per le pendici d’Appennino.
Vento e luce
ti nutrono.
Solitudine t’adorna.

 

Commedia della sera

Passano carri di fieno
davanti a ville addormentate,
arlecchini dormono
all’ombra di lucenti magnolie.

Fra breve il tramonto
coprirà di porpora le nuvole,
serena la sera scenderà
battendo gli zoccoli sulla strada.

I cavalli lentamente
masticano un po’ d’erba fresca.

 

At home

Il sole lentamente si sposta
sulla nostra vita, sulla paziente
storia dei giorni che un mite
calore accende, d’affetti e di memorie.

A quest’ora meridiana
lo spaniel invecchia sul mattone
tiepido, il tuo cappello di paglia
s’allontana nell’ombra della casa.

 

Uccelli di passo

Le belle giornate se ne vanno rapide,
viene l’autunno.

Ma di questa dolcezza che riempie
l’aria del mezzogiorno ventilata
sull’ultimo sudore del volto,
di questo riposo dell’anno
ti ricorderai
e del sul quieto affanno?

Oh, fuggir via quando nel rosa eterno
della sera imminente
s’allontanano uccelli di passo
e portano sulle ali cangianti
l’estrema luce del giorno,
oh, fuggire ai paesi distanti

dove quiete finestre si chiudono
sui relitti del cielo.

 

Vermiglia era

Vermiglia era la sera e io Lasciatemi
dormire Che io continui a dormire procedevo
verso il collinoso cumulo di dimore
avvicinandomi al vermiglio volto della sera

che una sciarpa fuggente Oh fa’
che io dorma avanzavo
per una salita dolce quasi impercettibile
luce del giorno e rosso della sera

su me che camminavo impegnando
una mortale contesa e io
impotente seguivo
la direzione della sera

chiedendo pietà e ancora sonno a questi lari benigni.

 

Ritornare qui

Ritornare qui è come risuscitare
e sentirsi chiedere per quanto tempo
oh non molto l’inverno arriva presto
e siamo attrezzati tutt’al più per l’autunno.

A questo sole che esalta i colori dei fiori
e inebbria le farfalle in voli di sbieco
verso la profondità degli abissi domestici
dove la plastica ammaccata stinge il suo azzurro sul verde

il bambino ingessato per quaranta giorni abbronza
tardivamente i pomelli montanari sta
imparando la pazienza delle malattie auguri
e auguri ancora per gli anni che verranno.

L’inganno utile dell’ora legale
non impedisce che le giornate si accorcino
e che il vento suoni con flabelli di foglie
condannate in maniera visibile e tragica

dalla luce nemica del cielo rasserenato.

 

Edward Thomas, Il disgelo

Sulla terra dalla neve che si scioglie pezzata
Le pensose cornacchie nei loro nidi gridano
E guardano dagli olmi fiorire, delicata
E a noi di sotto ignota, la stagione che passa.

 

André Frénaud, Paese ritrovato

Il cuore meno discorde con tutto quanto amava
non mi nego più questo paese diletto
Sono andato al di là del furore ho scoperto
il passo accogliente. Oggi io posso oso

M’abbandono alla strada senza timore compito
la salita le curve. Un sogno si dischiude.
Mi ritrovo nel murmure che non finisce mai
Il vento e solo il vento mi porta dove io voglio.

Parole sconosciute mi suonano familiari.
Sguardi amichevoli mi seguono fra gli alberi.
Qui mi riconosco dichiaro questa mia terra
e ogni contrada per cui appaiano borghi
in cui galli si ergano in cima al campanile
la verbena sia nell’orto i cespugli fra i muri.

I filari di viti stanno sopra i versanti
e le nubi si muovono lente entro l’azzurro
scavando d’ombra la piana ove il grano ingiallisce
Tutto è bello quello che s’apre oggi al mio passo
Oh, mi ricorderò del pane degli uomini
gusterò i grappoli che seccano
appesi sotto la volta.

 

Mattino d’autunno

Un pallido sole che scotta
Come se avesse la febbre
E fa sternutire quando
La gioia d’esser giovani
E di passeggiare di mattina
Per i viali quasi deserti
E’ al colmo, illumina l’erba
Bagnata e la facciata rosa
Di un palazzo. Tutto è gioviale
Buongiorno e sereno, raffreddore
E mezzastagione. E Goethe
In mezzo alla piazza sorride.

 

Milano

a Vittorio Sereni

Tutto il giorno la pioggia grigia e brevi
schiarite, tutto il giorno questa attesa
nella cara città del Nord di tante
sconosciute esistenze come foglie
intorno a me stormenti.

Lontano, sotto un cielo più chiaro,
la campagna già estiva s’addormenta
al nascosto cucù.
Ma già voci familiari aprono la sera
rossa di nubi, indugiano le ore
in una quieta voglia di speranza.

Tenero inferno, addio, ecco già fugge
l’incanto dei tuoi lastrici anneriti
che il sole obliquo indorerà tramontando
nell’unanime moto della folla.

Attilio Bertolucci (Le poesie, Garzanti, 2014)

2 commenti
  1. Strano ( e sorprendente ) il fatto che la poesia “A Vittorio Sereni” sembra , per molti versi , scritta da Vittorio Sereni . Dev’essere stata una sorta di transfert…

  2. Sarà stato per la loro assidua frequentazione a Parma, oppure per qualche soggiorno di Bertolucci a Milano (nel titolo) in visita a Vittorio Sereni che vi lavorava e viveva.
    La somiglianza è evidente.
    Indipendentemente da ciò, in questa lirica di Bertolucci la “cara città del Nord” è evocata in tutto il suo fascino negativo, a confronto con “Lontano, sotto un cielo più chiaro / la campagna già estiva …”

    Giorgina BG

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