Rispolverare i classici: due poesie di Publio Ovidio Nasone

Publio_Ovidio_Nasone_1Publius Ovidius Naso nacque a Sulmona nel 43 a.C. da una famiglia ricca, appartenente al ceto equestre. Ebbe un’educazione degna del suo rango: frequentò a Roma i più celebri maestri di retorica, si perfezionò ad Atene ed entrò giovanissimo nel circolo di Messalla Corvino; ciò gli consentì di stringere rapporti d’amicizia con i più noti poeti del tempo. Ovidio partecipò attivamente alla vita mondana della capitale: sono noti i suoi legami, oltre che con Messalla, con varie famiglie nobili di Roma ed anche con alcuni membri della corte imperiale. Ebbe facile accesso ai salotti della capitale, grazie anche alla popolarità che ben presto arrise alle sue opere: la prima raccolta poetica da lui pubblicata fu quella degli Amores, seguiti dalle Heroides, dall’Ars amatoria e dalle altre opere di argomento erotico: successivamente il poeta si dedicò con successo al genere epico, componendo le Metamorfosi e cimentandosi nell’impegnativa rielaborazione dei Fasti, che dovevano essere la versione poetica del calendario romano. L’Ars amatoria causò le ire di Augusto che la considerava una guida agli amori illeciti, e, quindi, uno strumento di corruzione dei costumi. Ovidio nel II libro dei Tristia cerca di difendere la sua opera e di sminuire la sua presunta colpa, affermando che l’Ars aveva come protagoniste e destinatarie non le matrone della capitale, ma le donne di facili costumi. Fu inviato in esilio a Tomi (oggi Costanza) nell’attuale Romania dove morì tra il 17 e il 18 d.C.

Saepe meae “tandem” dixi “discede” puellae:
In gremio sedit protinus illa meo.
Saepe “pudet” dixi: lacrimis vix illa retentis
“Me miseram, iam te” dixit ” amare pudet?”
Implicuitque suos circum mea colla lacertos
Et, quae me perdunt, oscula mille dedit.

Spesso ho detto alla mia fanciulla
“Vattene alfine”‘e subito mi si é seduta sulle ginocchia.
Spesso ho detto ‘Mi vergogno” : trattenute a stento le lacrime,
“Me infelice” ha detto, ” già ti vergogni di amarmi?”
e mi ha stretto le braccia intorno al collo dandomi mille
di quei baci che sono la mia rovina.

*

Scilicet aeterno falsum iurare puellis
Di quoque concedunt, formaque numen habet.
Perque suos illam nuper iurasse recordor
Perque meos oculos; et doluere mei.

E’ certo, anche gli dei concedono alle donne di giurare
sempre il falso, la bellezza ha potenza divina.
Ricordo che di recente la mia donna ha giurato sui suoi occhi
e sui miei, ma furono soltanto i miei a soffrirne.

(Traduzione di Luca Canali)

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