Piazza Libia di Giampiero Neri (Ares, Milano, 2022) è l’ultimo lavoro del poeta scomparso nel febbraio scorso ultranovantenne.
Piazza Libia per Neri non solo è solo il luogo ove ha abitato da sessantant’anni ma un microcosmo di volti, di piante, di voci. La piccola piazza è ricca di alberi secolari, decentrata dal grande traffico della metropoli. A chi la gira sembra di trovarsi in campagna. I pochi caseggiati che la circondano sono presenze eleganti e sobrie di una Milano che tende a scomparire.
L’universo poetico ed umano di Neri negli ultimi anni è tutto riversato qui, nell’esplorazione pacata di questo piccolo lembo della città, come di un piccolo teatro con i suoi personaggi che sono comparse familiari di ogni giornata. L’anziano poeta non si spinge più oltre, per l’età, la stanchezza e l’attaccamento a questo sito urbano che è tutt’ altro che povero di presenze. Compaiono così come sbalzate sulla pagine, figure che mai avrebbero pensato di finire citate e descritte. Figure di un mondo minore, anonimo, come la giovane rumena sognante Valentina che lavora al bar poco distante, il giornalaio che conosce tutti i gusti dei suoi clienti e che interiormente ne classifica la tendenza politica. Il giornalaio è un grande conoscitore delle persone e del mondo circostante. Di poche parole ma arguto. O Attila il profugo venuto dall’est. Tra tutte si staglia la figura del sig. Giovanni, persona di grande eloquenza che passa le giornate sulla panchina a leggere e elargisce a chi passa la saggezza di Fedro e di Esopo.
Lo stile di Neri è al solito piano, privo di lirismi, diremmo narrativo e fotografico nel ritrarre questo segmenti umani che incontra con la cadenza delle giornate.
Era facile nelle giornate d’autunno o d’inverno incontrarlo incunearsi tra le piante e le persone, nelle ore centrali del mattino.
Leggiamo qualche fotogramma:
Nella libera circolazione di piazza Libia
si rappresenta un campionario di varia umanità.
Ad averne in qualche un approccio è
il giornalaio che ne fa una statistica in relazione
agli umori, stato sociale ed orientamento politico.
Tutto questo sulla base del quotidiano acquistato.
Non si sbaglia di molto il giornalaio, che ,
come nuovo Minosse “ giudica e manda”.
*
Piazza Libia è un grande quadrato. Quattro vie
tutte alberate, che provengono dai quattro angoli del
Mondo.
Nel bosco della piazza sono duecento gli alberi
che dimorano, platani in prevalenza, anche
pini, e arbusti di melograno, forsizia e altre specie.
*
Alla domenica Piazza Libia diventa un’isola
linguistica.
Sono le donne ucraine che stanno qui per lavoro,
ma accorrono anche da altre zona della città,
come per un convegno.
Si ritrovano, parlano, discutono animatamente.
Per qualche ora. Piazza Libia e la loro Duma.
*
Quel bar cosmopolita si trovava di fronte
all’Istituto Auxologico in via Pier Lombardo ed
era gestito da un cinese, attivo e silenzioso,
come i suoi connazionali.
Aveva anche un dipendente che serviva ai tavoli,
molto compito e gentile. Tutti loro avevano
accesso alla cassa e non trattenevano mance.
*
Per la sua particolare attrattiva, fatta di piante e
cespugli di fiori, Piazza Libia sembrerebbe un luogo riservato, esclusivo,
ma non lo è.
E’ rimasto fedele alla sua vocazione iniziale,
di prato dove giocavano i bambini, dignitosamente
popolare.
Roberto Taioli
La scrittura di G. Neri scaturisce dall’esperienza giornaliera, in relazione alle persone che incontra e con le quali si intrattiene e conversa, che osserva e ascolta e saluta, un microcosmo di varia umanità, colta al ”minimo”, aggregati di senso , di compiuta leggibilità, quasi novelli attori che recitano, nel gioco infinito della totalità dell’esistenza che si incontra in piazza Libia, la piccola piazza milanese dove l’Autore viveva e che indirettamente gli permette di parlare di sé e del suo universo sentimentale di accettazione della storia e della“meraviglia”, rifiutando ogni slancio lirico retorico-romantico o sentimentale.