Dudù non è un cane qualunque, come un uomo qualunque non è il suo padrone: Dudù è il quattrozampe di Silvio Berlusconi. Bianco, riccioluto, due occhioni tondi e neri, zampine accurate, musetto accattivante. Di questo lustro, illustre barboncino, hanno scritto e parlato ovunque: telegiornali, quotidiani, settimanali, mensili, talk show, talk sport, internet; ha persino un profilo facebook e, tra non molto, avrà un sito personalizzato. Fotografato con capi di stato,coccolato da uomini e donne , da bellissime signore/ine che lo profumano coi loro olezzi e lo carezzano con le loro palme gentili. Insomma, Dudù è una star, e non può essere altrimenti, star è il suo padrone e tra star ci si intende. Orbene, rammentate “la vergine cuccia” narrata dai versi di Parini ne “Il Giorno”, per essere più precisi ne “Il Meriggio” vv 652-697? In breve: la cagnolina allevata dalle grazie morde col suo dente bianco il piede del servo, questi, con un calcio, la fa rotolare per tre volte. Il grido della cagnetta giunge in tutte le stanze padronali, servi e damigelle accorrono, la dama sviene, rinviene grazie allo spruzzo di profumi. Sul seno della padrona la cagnolina a modo suo chiede vendetta. Il servo spogliato della livrea è messo in strada con moglie e figli affamati. No, la dama non può perdonare un così grave delitto! La mia domanda è: se Dudù mordesse il piede a un lacchè del suo padrone e il povero servo con un calcio lo facesse capitombolare ,il vergine cuccio al petto di Silvio chiederebbe a modo suo vendetta? E Silvio perdonerebbe un crimine così disumano? A voi l’ardua sentenza!
Leggiamo i versi di Parini
Tal ei parla, o signor: ma sorge in tanto
a quel pietoso favellar, da gli occhi
de la tua dama dolce lagrimetta,
pari a le stille tremule, brillanti,
che a la nova stagion gemendo vanno
dai palmiti di Bacco, entro commossi
al tiepido spirar de le prim’aure
fecondatrici. Or le sovviene il giorno,
ahi fero giorno! allor che la sua bella
vergine cuccia de le Grazie alunna,
giovenilmente vezzeggiando, il piede
villan del servo con gli eburnei denti
segnò di lieve nota: e questi audace
col sacrilego piè lanciolla: ed ella
tre volte rotolò; tre volte scosse
lo scompigliato pelo, e da le vaghe
nari soffiò la polvere rodente:
indi i gemiti alzando: Aita, aita,
parea dicesse; e da le aurate volte
a lei l’impietosita Eco rispose:
e dall’infime chiostre i mesti servi
asceser tutti; e da le somme stanze
le damigelle pallide, tremanti precipitâro
Accorse ognuno; il volto
fu d’essenze spruzzato a la tua dama:
ella rinvenne al fine. Ira e dolore
l’agitavano ancor; fulminei sguardi
gettò sul servo; e con languida voce
chiamò tre volte la sua cuccia: e questa
al sen le corse; in suo tenor vendetta
chieder sembrolle: e tu vendetta avesti
vergine cuccia de le Grazie alunna.
L’empio servo tremò; con gli occhi al suolo
udì la sua condanna. A lui non valse
merito quadrilustre; a lui non valse
zelo d’arcani ufici. Ei nudo andonne
de le assise spogliato onde pur dianzi
era insigne a la plebe: e in van novello
signor sperò; ché le pietose dame
inorridìro, e del misfatto atroce
odiâr l’autore. Il misero si giacque
con la squallida prole, e con la nuda
consorte a lato su la via, spargendo
al passeggero inutili lamenti:
e tu vergine cuccia idol placato da le vittime umane isti superba.
Impossibile, già lo vedo Bondi porgere l’altro piede!
Prima che darlo al cane io il mio calcio lo darei a tutti i maiali che gli grugniscono attorno.
“se Dudù mordesse il piede”. La cagnolina Dudù non ha alcuna colpa d’essere stata acquistata dal signor. B. oppure regalata proprio a lui. Spero che il periodo ipotetico sia effettivamente dell’irrealtà.
Giorgina Busca Grnetti, amante degli animali alla follia.
“… il piede / villan del servo con gli eburnei denti / segnò di lieve nota…” un graffio quasi invisibile quindi cui segue un calcio talmente violento da far rotolare il povero animale per ben tre volte nella “polvere rodente”. Ingiusta, sproporzionata reazione per il lieve danno subito dal “sacrilego piè”. Ma ben più terribilmente ingiusta e sproporzionata la condanna subita dal servo che “nudo andonne / de le assise spogliato onde pur dianzi / era insigne a la plebe: e in van novello / signor sperò…” Più che dall’ironia lo sguardo di Parini mi sembra mosso da una partecipe pietas sulla catena di diversissime ma inesorabili ingiustizie che indifferentemente si abbattono su uomini e animali. Restano solo “vittime umane” e la pena lancinante nel vedere una “vergine cuccia” che se ne va “superba”, miseramente e tragicamente vendicata. Vi è un senso alto del tragico nella poesia di Parini che è davvero difficile da riscontrare nelle effimere, attuali vicende dell’”illustre barboncino” Dudù!