DEVIATO SPECIALE
Tu parti, vai per la tua strada e arrivi a un punto, a una interruzione di quel tracciato e per continuare ti trovi deviato su un altrove che non avevi considerato prima. Semplice! Non è che si tratti di un’alternativa, è una costrizione bella e buona verso un diverso contorto che non è detto finisca col riportarti sul tuo percorso, ma può succedere che la deviazione passi attraverso posti interessanti e magari, poi pensi, anche più della diritta via.
DICIOTTO E DIECI
No!
Otto persone prima di me! Guardo l’orologio: 18.10. Resto o me ne vado? Perdo più tempo a ritornare, quindi resto.
Questa giornata è nata male, non ho messo la sveglia. Odio dover correre fin dal primo mattino. E, comunque, non ho recuperato il ritardo.
Guardo l’orologio: 18.15. Una persona esce dall’ambulatorio e una entra. Meno sette.
Non ci sono sedie per tutti e una sola rivista. Quanto ci vorrà per ogni paziente? Dieci minuti? Un quarto d’ora?
Uno esce e uno entra. Meno sei.
Magari non tutti sono qui per una visita. Forse l’anziano signore è accompagnato dal giovanotto che gli siede accanto.
Guardo l’orologio: 18.30.
Pallido il vecchietto! Spero non abbia troppi malanni da raccontare al medico.
Ma che fa? Sta male?
Meno cinque.
TOILETTE PER SIGNORE
Lei si riflette sul grande specchio e ridisegna con cura le labbra col rossetto, ma nel riflesso osserva le altre, la smorfia e le parole che si sono bisbigliate. Per dispetto dell’attesa sopportata? La rabbia o forse l’invidia? Per la sua aria enigmatica e tranquilla? O l’imbarazzo creato da quell’uomo uscito prima di lei dalla sua stessa porta?
BRICIOLE
-Ciao gioia!-
Calde, candide e intriganti le parole si srotolano insinuandosi dentro di me, zucchero filato che si scioglie e mi scioglie al complice bagliore del tuo sguardo. Con un solare sorriso mi travolgi mentre navighi impacciato dentro quel corpo di adulto che sembra trattenere a stento una furiosa energia da belva in gabbia. Eppure, quando parli con me, è solo la dolcezza a tra¬sparire: sorniona, morbida, invitante. Sei già un Re, ma non lo sai.
Quello che sai è che non mi puoi baciare e allora le tue labbra sfrontate si attardano là, dove solo un attimo prima indugiavano le mie. Tu che non fumi e non hai mai fumato, hai preteso un mozzicone. Ti atteggi, la sigaretta tra le dita e l’avvicini alla bocca intuendo sulla carta, che ancora avvolge i pochi resti di tabacco, una vaga traccia di me.
Affascinata ti guardo. Mi approprio di questi attimi, ci sprofondo dentro. Qualche cosa di me lo esige e lo esige ancora, tra imbarazzo e gioia, mentre ascolto il peso della tua testa irrive¬rente, abbandonata sulla mia gamba che ti fa da cuscino e tu sonnecchi, disteso sulla panca di questa barca che ci riporta a casa.
Io, che so di non poterti toccare, osservo le mie mani andarsene lontano, per sprofondare nel mio compagno che mi siede accanto, irrigidito dall’invadenza inopportuna del tuo capo indo¬lente sulla mia coscia.
Tu scherzi, ridi, parli con lui: -Mai con la donna di un amico!- E intanto tutto di te mi compra.
Abile e amabile furfante, rubi con grazia e candore inventando pretesti: cerchi un contatto con le mani di lui, le guardi, le ammiri, le tocchi, quasi volessi portarti via i ricordi che ancora conservano di me, del mio corpo, della mia pelle, illudendoti, forse, di attenuare il bisogno prepotente che hai di conoscermi. E poi mi pretendi ancora, col sorriso tra le labbra, seduta a tavola accanto a te. Un gioco, magistralmente messo in scena e apparentemente innocuo, ma io sento le tue dita che si insinuano sotto, dentro la carta trasparente delle mie sigarette. Ma ancora non ti basta, vuoi di più. E scivolo dentro di te, nella tua bocca, con le briciole che lasci cadere tra le lab¬bra. Le briciole con cui ho giocato.
Così, senza neppure sfiorarci, noi che non possiamo farlo, ci amiamo di fronte agli ignari commensali. Senza guardarci negli occhi, senza alcuna parola.
MINORATA SILENZIOSA
Non basterebbe una montagna di parole. Ma no! Ma no!
Non basta! Le parole aprono porte, ma chi entra. Chi?
Si muovono dentro di te, calpestano.
C’erano fiori prima…
Le parole sono cesoie. Lame.
Quelle degli altri. E le tue che non escono più.
PER CIÒ CHE SONO
Non trovo niente di male a farlo. Anzi. È giusto. Se non ami te stesso non ami nessuno.
Come ho iniziato? Beh, le labbra… mi sono fatta tatuare il contorno. Non una cosa volgare, un segno sottile. E lì ho saputo: tatuare le palpebre. Pensa! Un eyeliner che non cola! Puoi piangere, fare il bagno o alzarti la mattina dopo una notte d’amore con un aspetto perfetto. Dopo tutto il primo risveglio insieme è delicato, non è detto che ci sia tempo per togliere il trucco, la sera. E poi… vuoi essere affascinante. È importante essere perfetta. Per piacere a lui, certo, ma a te dà tanta sicurezza. Quindi conta che sul tuo viso non ci sia sbavatura.
Il dolore? Si sopporta. Vedi il mio naso? Quando l’ho visto, ho dimenticato quanto ho patito! Per le orecchie ero preparata… qualche anestetico e via!
Con la liposuzione, più che il dolore mi è pesata l’immobilità da rispettare e le fasciature.
Ma il capolavoro è stato il seno! Davanti a questo successo mi sento orgogliosa, soddisfatta per aver intrapreso il percorso.
L’amore? Meraviglioso! Sai il piacere di sentirsi addosso il desiderio di un uomo?
Sì, rifarei tutto.
Se ho un fidanzato? Certo! Lo amo molto e mi sento amata.
Sì, amata per ciò che sono.
Manuela Tosato è nata nel 1958 a Preganziol (TV) dove vive. Lavora come grafico e creativo in agenzie di pubblicità, marketing e comunicazione. Ha frequentato corsi di scrittura creativa con P. Ruffilli, G. Mozzi e, di poesia, con M. Rossi.