non c’è luogo
nella nostra memoria poetica
né un colore per matrice
su carta di fibre di gelso
un istante intiepidito
ancora addormentato
è ciò che vive
prima di sfaldarsi
si perché anche se sta morendo
disfacendosi, vive
*
il ventre dell’alba
era un sorriso abbrividito
di mille fiati notturni
illuminati a stento
un sentiero nell’aria
nel fogliame e nel vento
poco spazio per camminare
e troppo freddo tutt’attorno
*
un tempo breve
un unico sogno
a ripercorrere il cammino
lungo l’asse nord-sud
per unirsi alle terre, alle ombre
e alla polvere della sconfinata
distesa dell’empireo degli dèi
*
non si può distinguere
la sensibile eco
di colui che è guardato
e lo schiudersi
straniante e sospeso
di ciò che guarda?
sono parole tue
*
un fiore bianco
una nota d’acqua
odori di terra umida
stropicciata fra le dita
a mendicare un verso
vergine al tatto e purissimo
parole che fanno da sfondo
alle colline e al fiume
nella grazia ormai sfiorita
dove mi ritrovo chiusa anzi prigioniera
*
qualcosa in lontananza
ruota il palmo della mano
e sembra dirci qualcosa
su cosa sia la poesia
tra carne e carne
a mani giunte
*
ridursi a pura voce
raccontando con gli occhi
immagini costrette al gelo
trasformare le cicatrici
che cerco invano di baciare
in respiri veri vivi
condensando in un abbraccio
il tremore e la beatitudine
del mio respirare
*
imparerai ad ascoltare
il canto della carne
di bambini morenti
e l’odore della pelle
della nuda parola
imparerai a ricamare
ferite e lacerazioni
sangue e sudore
di terribili conflitti
imparerai a guardare
l’iride e la luce
di cui è intrisa
ogni resurrezione
*
il tempo del qui-e-ora
sembra che ci oltrepassi
un perimetro alato di vita
sul margine della poesia
a lasciar filtrare l’istantaneità
di geometrie, forme e vocali
a lasciar intravedere
scorci di cielo
*
terra e roccia
possiedono la stessa radice
scavando canali curvilinei
sulla superficie
di sempre e di domani
terra che si fa voce
dove l’orma
ha una sola vibrazione
terra che non conosce strada
e nello scorrere
che conduce a te
un tacito accordo
d’acque fossili
HAIKU
parola madre
fa defluire l’acqua
a lenti tocchi
*
corpi lacustri
è tempo di fermarsi
tra i relitti
*
tacite vette
qui l’ombra non esiste
ma le avvolge
Floriana Porta

Nella quinta poesia, che inizia con “un fiore bianco” mi sarei aspettato alla fine quel “verso
vergine al tatto e purissimo”; che non è arrivato ma pazienza, sono comunque poesie ben riuscite. Complimenti.
Solamente OK 😉
Per problemi tecnici Floriana Porta non riesce a commentare. Mi ha chiesto di riportare il suo commento:
La poesia nasce spontanea come un fiore che non sceglie dove nascere, ma soprattutto segue l’interiorità di chi la scrive che per ognuno di noi è diversa. Sono comunque contenta che le poesie siano riuscite; si tratta di alcuni miei testi inediti che ci tenevo a pubblicare su questo autorevole sito. Buona giornata, Floriana
Il mio era un parere personale, non certo un critica. Sono lieto che l’abbia compreso. Grazie.
Gli ultimi tre componimenti vengono qui presentati come Haiku ma non posseggono ne rispettano le logiche e le peculiarità della poetica Haiku.
Se si vuol fare poesia o scrivere aforismi e/o pensieri filosofici va tutto bene, ma non si dovrebbero chiamare haiku.
La poetica haiku è un tipo di poesia che sembra semplice ma, al contrario, è decisamente complessa.