Paolo Ruffilli ricorda Luca Canali

luca canaliÈ morto Luca Canali, carissimo amico e intellettuale di grande intelligenza e sensibilità: latinista, traduttore, narratore, poeta. Per ricordarlo, riporto qui una sua poesia dalla recente raccolta Anticlimax (Biblioteca dei Leoni). Luca ha sempre dimostrato una capacità immaginativa che è il motore della sua poesia: un’energia intellettuale, continuamente in movimento e tale da trasfigurare da immagine a immagine, in un vorticoso bestiario di esempi quotidiani e personali (di clinica in clinica in un paesaggio di flebo e di lenzuola, tra ossessioni e fobie), di memorie e di ricordi (in una terrestre sensualità, le presenze vive delle donne ne sono al massimo grado l’esempio potente), in ogni caso decisivi nel disegnare un insieme dentro al quale passo dopo passo si evidenzia la riconoscibilità generale.

 

AUGURIO

Quasi per sortilegio benigno,
morte sia per me evaporare
nel cielo, oppure
filtrare fra l’erba nei meati
del suolo, scomparire
di colpo senza
lasciare tracce ma un vago
sorriso sulle labbra
di chiunque mi amò o soltanto
seppe di me. Le mie carte,
i libri, i panni, il suono
stesso del mio nome si mutino
in cenere che appena
un lieve alito di
vento disperda.

2 commenti
  1. Di questo grande autore ricordo due titoli , ammesso che siano ancora reperibili , quantomeno presso le librerie antiquarie :
    “La deriva” , poesie , BUR , 1979 , Introduzione di Giacinto Spagnoletti
    “Il naufragio” , poesie , BUR , 1983 , Prefazione e note di Giacinto Spagnoletti .

  2. Luca Canali è stao il mio professore di italiano al liceo.
    All’epoca usava appellarmi “puledra selvaggia” per via dei miei temi ricchi di immagini e riflessioni con la veemenza di chi va al galoppo.
    Quando lo rividi dopo una decina d’anni, ch’ero ormai donna e psichiatra, conversammo da pari su vari aspetti della vita. Mi parlò a lungo di Giulia sua figlia, di alcune non scelte, e di alcuni inevitabili ripensamenti su posizioni prese nell’ambito affettivo e politico.
    In successivi incontri ebbi modo di sottoporgli alcuni miei testi poetici, ma ciò che lui preferiva di molto erano i miei aforismi e i disegni con i quali già li accompagnavo.
    Ho ancora nel cassetto la copia di una sua lettera di presentazione a Giorgio dell’Arti perché mi inserisse nei venerdì di Repubblica, e ancora alcuni disegni preparatori per alcune copertine dei suoi libri.
    Non posso che ricordare la sua maniacale precisione e premura nello scegliere un vocabolo per un testo, ricerca che mi diceva potesse durare anche più giorni, pur attorniato da una caotica contemporaneità di oggetti improbabili e dalle più diverse funzioni.
    Un uomo complesso certamente, erpoe e schiavo di una vivida percezione della precarietà del tutto.
    Poco o nulla, al di fuori della scrittura, lo consolava; leggere era l’unica alternativa a cui si dedicava con estrema immedesimazione e amore. Amava Luzzi e più volte insistette perché lo amassi anch’io.
    Concludo con le ultime righe de “Il sorriso di Giulia”:
    -e vedo una casa con i suoi sentimenti e conflitti, della cui dialettica avrebbe potuto essere augurio rassicurante il sorriso di Giulia. Vorrei essere ricordato così-.

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