Quattro poesie di Leonardo Sinisgalli, nota di Maria Grazia Trivigno

Apostolo del progresso di fronte alla dimenticata religione delle cose

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(Umberto Boccioni, Visioni Simultanee)

 

Grattacielo

Quando rincasavo a sera
c’erano due lumi rossi
agli angoli dello sterrato,
in quel fossato è nato
il grattacielo di Milano,
un piccolo segno di vittoria
per noi apostoli di canoni nuovi
del nuovo vangelo,
me lo trovo impagliato
di fronte all’Albergo Doria
come se io l’avessi innaffiato.
Mi fa ombra sul viso
all’angolo del marciapiede,
dove la fioraia contadina
portava un tempo edelweiss
e narcisi.

 

San Babila

Trascina il vento della sera
attaccate agli ombrelli a colore
le piccole fioraie
che strillano gaie nelle maglie.
Come rondini alle grondaie
resteranno sospese nell’aria
le venditrici di dalie
ora che il vento della sera
gonfia gli ombrelli a mongolfiera.

 

La civetta della neve

Vengono anch’essi a scaldarsi
accanto al camino vecchi Dei.
Viene intirizzita a chiederci asilo
la civetta della neve.

 

La vigna vecchia

Mi sono seduto per terra
accanto al pagliaio della vigna vecchia.
I fanciulli strappano le noci
dai rami, e le schiacciano tra due pietre.
Io mi concio le mani di acido verde.
Mi godo l’aria dal fondo degli alberi.

Leonardo Sinisgalli

 

Il poeta- ingegnere, come fu emblematicamente apostrofato, percepiva il contrasto. Quella Civiltà delle Macchine, che diede persino il nome alla rivista da lui fondata nel 1953, avanzava, e lui stesso collaborò, in quegli anni dorati in cui l’Italia veniva baciata dal progresso, con Pirelli, Finmeccanica, Olivetti, ENI, di cui fu Direttore Generale. Quella nuova civiltà avanzava, e Leonardo Sinisgalli percepiva di contribuirvi in qualche modo (noi apostoli di canoni nuovi/del nuovo vangelo).  Ogni grande cambiamento non è repentino, ma ne è repentina la percezione, trovandosi al cospetto di ciò che di  quel cambiamento è simbolo: il grattacielo Pirelli, vittoria e sconfitta,  soddisfazione e rimpianto, sorpresa e consapevolezza di aver contribuito alla stratificazione di quel cambiamento (come se io l’avessi innaffiato). Ecco allora affiorare nella scienza dell’ingegnere la coscienza del poeta, nell’orgoglio cittadino del milanese l’animo del lucano. Per spiegarsi la crescita sovrumana di un grattacielo non si può che pensare ai processi naturali: innaffiare.  Ancora, semanticamente, i fiori, le fioraie, descritte con una voce che pare venire dal diciannovesimo secolo per ritmi pascoliani, ma già si avverte il turbinio futurista di colori. L’immagine si dissolve all’ombra di un grattacielo. Quell’immagine, già essa dissolta, è ponte per un mondo parallelo, in cui si vedono spiragli di Lucania. Mi godo l’aria dal fondo degli alberi è un manifesto, è immedesimazione nel pantheon di divinità naturali (Vengono anch’essi a scaldarsi / accanto al camino vecchi Dei./Viene intirizzita a chiederci asilo/la civetta della neve), in un rapporto con la natura ora panteista, ora dialogico. In sottofondo, nel fluire di quel respiro, c’è il ritorno all’infanzia, alla brutale semplicità delle cose, ci sono i bambini, che questa volta non battono monete rosse, ma strappano e aprono noci, e si sente il rumore della pietra, così come del loro non dichiarato vociare. Regna in tutto l’armonia del suono, la rima, il ritmo, futurista anch’esso, e le allitterazioni, onomatopea della urla delle fioraie. Delle liriche proposte è possibile dare una doppia lettura: dall’alto verso il basso, per i nostalgici, per chi dinnanzi al grattacielo impagliato preferisca rifugiarsi nel pagliaio della vigna vecchia; dal basso verso l’alto, per chi accetti fieramente la vittoria del tempo, e preferisca che  narcisi, edelweiss, verde di mani, alberi e noci restino solo apparizione fugace nelle pieghe delle cose presenti.

Maria Grazia Trivigno

2 commenti
  1. Sembra di vederle le fioraie , in assoluto -forse- tra le elaborazioni più nitide dell'”ingegneria” sinisgalliana . La mummia santa Carlo Bo ai suoi tempi definì riduttivamente e con sufficienza soltanto”bozzettista” il talento del Nostro . Relegandolo tra i minori del ‘900 prese una delle più clamorose cantonate della critica letteraria di quegli anni .

    leopoldo attolico –

  2. Le note di M. G. Trivigno, originali e puntuali, mettono in risalto, fra l’altro, le due anime della poesia di Sinisgalli: quella ispirata dalla sua esperienza in un ambiente rurale di paese lucano, in simbiosi con la Natura, e quella della partecipazione attiva “ai canoni nuovi / del nuovo vangelo”, quello dello sviluppo urbano, delle tecnologie, dell’industrialismo nelle metropoli del Nord.

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