Tre poesie di Tonino Guerra, nota di Claudio Marabini

TONINO GUERRA

Tonino Guerra, Santarcangelo di Romagna, 16 marzo 1920 – Santarcangelo di Romagna, 21 marzo 2012

 

Tonino Guerra informa che la sua poesia dialettale nacque nei campi di prigionia, gomito a gomito con alcuni compaesani. Nacque indubbiamente nel segno della nostalgia; ma soprattutto Guerra scopriva un mondo dai caratteri compiuti, nel quale il rimpianto diviene lacrima bruciata. Si può far coincidere quel mondo col paese natale (Santarcangelo, presso Rimini) e il suo contado, dal mare ai primi colli, e con una piccola gente ben riconoscibile, individuata per nomignoli e soprannomi, immersa nella povertà e senza avvenire. La povertà viene dipinta in pennellate icastiche, tra muri squallidi, angoli di rifiuti, miseri oggetti, e talora assimilata alla dannazione cieca del lavoro. Sulla gente paesana e contadina, sul “piccolo mondo scaduto, suburbano, fatto di residui” (Contini), incombe talora un’aria di catastrofe, e intorno si distendono gli alberi in fiore, le siepi odorose, i filari che furono del Pascoli e di Spallicci: i quali non formano più paesaggio organico bensì una secca campionatura di scorci smozzicati, sui quali si stampa a volte una magia irripetibile, e la folla delle macchiette e dei matti di paese vi commisura il segno patetico e beffardo del destino. Il giovane prigioniero dei tedeschi nella lingua madre riesumava un mondo che la guerra stava cancellando; e il dialetto diveniva mortorio e ninna nanna, folgorato tra scoperte aurorali e inumazioni. La sua immutata arguzia guizza in un deserto bianco di polvere, nella luce livida del terremoto imminente. Intorno all’antica parola del popolo s’è fatto il vuoto: per questo risuona così netta, così nuova e profonda.

Claudio Marabini

 

L’aria

L’aria l’e cla roba lizira
che sta dalonda la tu testa
e la dventa piò céra quand che t’roid

L’aria è quella cosa leggera,
che sta intorno alla tua testa
e diventa più chiara quando ridi.

 

I Bu (I Buoi)

Andé a di acsè mi bu ch’i vaga véa,
che quèl chi à fat i à fatt,
che adèss u s’èra préima se tratour.
E’ pianz e’ còr ma tòtt, ènca mu mè,
avdai ch’i à lavurè dal mièri d’ann
e adèss i à d’andè véa a tèsta basa
dri ma la còrda lònga de’ mazèll.

Ditelo ai miei buoi che l’è finita
che il loro lavoro non ci serve più
che oggi si fa prima col trattore.
E poi commoviamoci pure
a pensare alla fatica che hanno fatto per mille anni
mentre eccoli lì che se ne vanno a testa bassa
dietro la corda lunga del macello.

 

La féin de’ mond (La fine del mondo)

Al ròdi mi carètt
a ‘l s’è farmè,
a ‘l pépi ad tèra còta
a ‘l s’è brusé la saira
a fè la vegia tra i paier;
i méur i è vecc
al crépi al vén d’in zò
com’è di fòlmin.
E’ ciòd dla méridiéna
l’è caschè.

Le ruote dei carri
si sono fermate,
alla sera le pipe di cotto
si sono spente
durante la veglia nei pagliai,
i muri sono vecchi
le crepe scendono
come i fulmini.
Il chiodo della meridiana
è cascato.

Tonino Guerra

 

TONINO-GUERRATonino Guerra è nato nel 1920 a Santarcangelo di Romagna, dove è morto nel 2012. Maestro elementare, durante la seconda guerra mondiale, venne deportato in Germania e rinchiuso nel campo d’internamento di Troisdorf. Conoscendo a memoria i Sonetti romagnoli di Olindo Guerrini, li recitava per i compagni di prigionia per distrarli. Iniziò allora a comporre poesie, che un amico copiava per lui a mano. Nel dopoguerra si era laureato in pedagogia presso l’Università di Urbino e, fatte leggere sue le poesie a Carlo Bo che ne diede un giudizio positivo, pubblicò nel 1946 la raccolta I scarabocc (“Gli scarabocchi”, Lega, prefazione di C. Bo). Le successive raccolte: La s-ciuptèda (“La schioppettata”, Lega, 1950), E’ Lunari (“Lunario”, Benedetti, 1954), I bu. Poesie romagnole (“I buoi”, con la prefazione di G. Contini, Rizzoli, 1972), Il miele. Poema(Maggioli, 1981), Il viaggio (Maggioli, 1986), L’albero dell’acqua (Scheiwiller, 1992, dedicato a Ezra Pound), Piove sul diluvio (Capitani, 1997), Lamento di una guardia di frontiera e altri lamenti (Scheiwiller, 2000), Quartètt d’autónn (“Quartetto d’autunno”, Maggioli, 2001), Una foglia contro i fulmini (Maggioli, 2006). Nel 1952 si ebbe l’esordio come prosatore con un breve romanzo, La storia di Fortunato. Nel 1953 si trasferì a Roma, avviando l’attività di sceneggiatore per alcuni fra i più importanti registi italiani come Fellini, Antonioni, Rosi, i fratelli Taviani. Negli anni ottanta era tornato in Romagna e viveva a Pennabilli.

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