I poeti di Santarcangelo di Romagna, di Narda Fattori

veduta01-bigSantarcangelo è una strana enclave dove il Novecento ha partorito la sue figure più significative. Paese di anarchici , dottorati da poco, hanno mostrato ad un mondo in costruzione, nel dopoguerra, che si doveva e si poteva operare per il progresso, sì , le magnifiche sorti e progressive. Ha cominciato Tonino Guerra dopo essere scampato al campo di concentramento, a scrivere poesie in dialetto , un dialetto dal contenuto novecentesco, lasciandosi alle spalle le “zirudelle”, mottetti fra contadini e padroni o satirici come produsse Lorenzo Stecchetti. La poesia di Guerra era una fetta della produzione del “Circolo del giudizio” che tradotto significa malamente e in realtà fornisce una spiegazione al ritrovo e alla riflessione del gruppo di intellettuali santarcangiolesi: Guerra, appunto, poeta, sceneggiatore, pittore, narratore, ma prima ancora Nino Pedretti, poi Antonio Baldini , Gianni Fucci, Giuliana Rocchi, e ora , giovanissima, Annalisa Teodorani. Né mancava la scrittura e la pittura: Nicolini che ha scritto molti sceneggiati, si è cimentato nei cortometraggi e come soggettista, è pittore e scrittore di romanzi; Elio Petri saliva da Roma per confrontare idee e trovarne di originali. Il pittore Moroni , solo per citare il più noto, come gli amici insegnava alle scuole elementari. Poi si sono laureati tutti ma la scuola di base con la sua offerta di sperimentazione è stata per tutti una palestra di formazione e le mura delle vecchie scuole conservano ancora ricordi e immagini. Il primo ad andarsene a Roma fu Guerra , lo seguì Nicolini; Baldini andò a Milano a scrivere per l’Espresso . Pedretti rimase a scrivere e a costruire terreno umanitario. La loro grazia fu Rina Macrelli, infaticabile letterata dello stesso territorio. Naturalmente da Carlini a De Luigi non mancarono gli attori. Santarcangelo è luogo di creatività  e qui ho sunto l’essenziale. Insomma, a Santarcangelo di Romagna si respira ovunque arte e innovazione. Una nuova generazione di poeti dialettali si sta formando nel rispetto di una cultura che mette l’uomo al centro senza però dimenticare il vicino. Poesia antropologica e profondamente etica , potremmo dire.

 

*

 

Fra sinapsi contuse e tappeti meticci
come monili vi raduno – poeti
della mia terra – della mia lingua-
poeti nati da questi sfarinati tempi
che molto produssero merci
molto i poeti ( e i pittori e gli attori)
come gli abiti appesi alle mie grucce
io vi ri-conosco
siete tuniche di lino sciarpe di seta.
Le tue mani morbide di bambino
la pelle tesa la parola gentile e quel gran
male che ti portavi appresso dal tempo
del bar Trieste al quale hai prestato la tua voce
poi non è morto più nessuno
e le pietre i treni hanno perduto il suono
e si è fermata l’aria tua forestiera
la solitudine che rode la mente

non morde più ora misura l’infinito
Lello sì e si è fatto un po’ più scuro
quando un sole muore la notte avanza

Raffaello Baldini

 

*

 

e tu Gianni del tempo ladro e avaro
hai costretto a mostrare semi e tesori
fronde e persone bambini e androni
e quello che era lontano ora è vicino.
Dentro alberi di memoria s’annidano
voci e voli bandiere liberate al vento
corse di tristezze e sorrisi spaiati.
Qui nel tempo quasi appaiati
tu maestro io dilettante di sillabe

nella lingua che si volle fare peninsulare
e una.
Tenesti la tua maternale per farti
suo servo e suo maestro- un poeta
giunco un poeta di perdute dolcezze.

Gianni Fucci

 

*

 

Nino eri il luogo le persone l’ amore
per questa terra dove rintocca il campanone
ogni quarto d’ora
fuoco e arsura per mura malatestiane
voce di lingua di paese tutta fuoco
che la gente accendeva con lo sguardo.
Apristi lo spiraglio e s’affacciò il sole
ti seguirono come discepoli il profeta.
Con te che fosti primo altri ne vennero
ognuno col suo canto fece la città grande
di persone che amavano la piazza
e il garrire libero delle rondini di sera.

Nino Pedretti

 

*

 

Tonino angelico proteiforme
pittore loquace di angeli con i baffi
che parlano con i passeri da sudati
mattoni e i ciottoli con l’acqua variegati
non hai mangiato la farfalla così
ci hai regalato un’armonia da coltivare
uno spiraglio nell’oscurità del cielo
nell’orto dei pensieri ho sostato
come in preghiera le meridiane ferme
nell’ora dell’ombra spessa.
Come la pietra duro e come il tempo
flessibile stai sul dorso di una zanzara.

Tonino Guerra

 

*

 

Hai letto tutti i mattoni dei muri
Giuliana delle contrade
donna da lavoro solitaria corteccia
con cuore di corallo e cervello adamantino
parole scritte col lapis sul cartoccio
di due etti di mortadella e uno di stracchino.
Donna di creta forte di marmo
l’amore ti negò e lo spargesti ovunque
in dignità per i diritti delle compagne
sui muri delle contrade ancora respiro
il tuo respiro che sa di libertà.
Sono appisolati sugli uscii i gatti
hanno fiutato i molti moti di penna
e alzo questa pagina perché rifletta
la luce raccolta nei bar nel passeggio
fino ai riccioli del mare
in un mantellocielo trapassato…
dalla chiara coda di un aquilone.

Giuliana Rocchi

 

*

 

Non mordono più la polvere i cani
sgozzati scalciano sui selciati
hanno conosciuto l’oscurità degli uomini
nessuno li ha salvati – la tua profezia
urla ancora in un deserto di pietre dure
e sotto un cielo di piombo non sorride
alcuna melagrana e i cavalli delle giostre
fermi in bilico su due sole zampe
non hanno più musichette per danzare
e bimbi sulla groppa dal sorriso aperto.
Eppure Flavio siamo ancora al di qua
del muro a dirci un’indignazione che esce
dalla bocca come l’urlo di Munch sul ponte
solitario inesprimibile infinito afono
tu tra carte tinte dall’acquerello
e parole così dolci che forano il tempo
e l’amore l’amor sì l’amor no
di Francesca fanciulla morta malatestiana
tu tu tu sbeffeggi chi si tinge d’allori
e il treno va dove lo porti tu tu tuuuu
ma hanno mutato lo scambio verso
un binario     morto.

Flavio Nicolini

 

*

 

Piccola e dura
sorella di piuma e smeriglio
che raccogli un’aria leggera
carta da gioco di primavera
ma una stilla
che altalena su una foglia
fa già settembre e i persi giorni
sono andati senza appello
e la nonna- senti?- sussurra
–          dimentica …spalanca la finestra
dilegua l’agguato delle ombre!
ma già punge il gelo della lunga
invernata e la neve continua a cadere
sulla ferrovia sul treno
su cui non sei salita
che non ti ha portata via
tatum tatum vavia
Qui ti aspetta una sorte
che ha maschera grama
sorridi pierrot di periferia
e tremi
ma nel sole residuale
d’ottobre vai soave cantando
e la tua voce ancora va al mare
che tutto si porta via
e tutto rimanda a riva
in grani di rena distesa.

Annalisa Teodorani

 

 

 

 

 

 

3 commenti
  1. Ti ringrazio per il bellissimo articolo che copio in collo e rileggerò ben più di una volta. Sant’Arcangelo è un luogo particolare, bello: forse per questo non sarà un caso abbia dato i natali a una messe così copiosa di poeti. Baldini, secondo me, grazie anche al paziente lavoro dell’attore Ivano Marescotti che ha girato i teatri, anche i più piccoli per declamarlo, è stato sicuramente uno dei più grandi poeti del Novecento. Quello che frega, anche noi romagnoli che lo dovremmo conoscere, è che buona parte della sua produzione è stata composta in dialetto santarcangiolese, io sono faentino, conosco molto bene i ldialetto faentino, ma già il santarcangiolese mi è ostico e ne capisco la metà. La Romagna è una terra piena di frammenti e di arte, tantissima la poesia, non solo discoteche, piadina e belle fighe. Ripeto ti sono grato per questo articolo.

  2. Marescotti ha pubblicizzato e reso comico un poeta drammatico, Baldini, che anch’io considero il più grande poeta del Novecento scrive un dialetto particolarmente difficili, quello orale, dei soliloqui. Io che abito a 10 km da Santarcangelo ( si scrive proprio così ) e ci ho vissuto quasi 20 anni, confesso che il luogo della mia anima, il luogo dove non mi sono sentita esule.

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