Tra le più significative voci poetiche del primo Novecento italiano, Vincenzo Cardarelli fu poeta, giornalista e scrittore. Letterato austero, preferì il nome Vincenzo al suo nome vero, Nazareno, forse per l’italianità così spontanea che esso reca. Di origini illegittime e umili, l’età infantile fu per lui dolorosa. Il padre avrebbe fatto di lui un commerciante: per questo lo tenne lontano dagli studi letterari. Dopo la morte del padre si trasferì a Roma, e si lasciò guidare dalle idee socialiste. Fu infatti redattore del quotidiano ” Avanti!”. Visse a Roma, Firenze; l’incontro con Giacomo Leopardi travolse la sua esistenza. E di Leopardi e Pascoli si sente influenza nel suo verso dal fremito lieve d’ottocento, eppure già sospinto verso la modernità. Fu tra i fondatori della rivista “La Ronda”(1919) e dal 1949 al 1955 diresse la ” Fiera letteraria”. Tra le sue opere ricordiamo: Prologhi (1916), Viaggi nel tempo (1920), Il sole a picco (1929), Lettere non spedite (1946), Villa Tarantola (1948) e, soprattutto, Poesie (1936 e 1958).
Attesa
Oggi che t’aspettavo
non sei venuta.
E la tua assenza so quel che mi dice,
la tua assenza che tumultuava,
nel vuoto che hai lasciato,
come una stella.
Dice che non vuoi amarmi.
Quale un estivo temporale
s’annuncia e poi s’allontana,
così ti sei negata alla mia sete.
L’amore, sul nascere,
ha di quest’ improvvisi pentimenti.
Silenziosamente
ci siamo intesi.
Amore, amore, come sempre,
vorrei coprirti di fiori e d’insulti.
Autunno
Autunno.
Già lo sentimmo venire
nel vento d’agosto,
nelle pioggie di settembre
torrenziali e piangenti
e un brivido percorse la terra
che ora, nuda e triste,
accoglie un sole smarrito.
Ora che passa e declina,
in quest’autunno che incede
con lentezza indicibile,
il miglior tempo della nostra vita
e lungamente ci dice addio.
Sera di Liguria
Lenta e rosata sale su dal mare
la sera di Liguria, perdizione
di cuori amanti e di cose lontane.
Indugiano le coppie nei giardini,
s’accendon le finestre ad una ad una
come tanti teatri.
Sepolto nella bruma il mare odora.
Le chiese sulla riva paion navi
che stanno per salpare.
Gabbiani
Non so dove i gabbiani abbiano il nido,
ove trovino pace.
Io son come loro
in perpetuo volo.
La vita la sfioro
com’essi l’acqua ad acciuffare il cibo.
E come forse anch’essi amo la quiete,
la gran quiete marina,
ma il mio destino è vivere
balenando in burrasca.
Adolescente
Su te, vergine adolescente,
sta come un’ombra sacra.
Nulla è più misterioso
e adorabile e proprio
della tua carne spogliata.
Ma ti recludi nell’attenta veste
e abiti lontano
con la tua grazia
dove non sai chi ti raggiungerà.
Certo non io. Se ti veggo passare
a tanta regale distanza,
con la chioma sciolta
e tutta la persona astata,
la vertigine mi si porta via.
Sei l’imporosa e liscia creatura
cui preme nel suo respiro
l’oscuro gaudio della carne che appena
sopporta la sua pienezza.
Nel sangue, che ha diffusioni
di fiamma sulla tua faccia,
il cosmo fa le sue risa
come nell’occhio nero della rondine.
La tua pupilla è bruciata
dal sole che dentro vi sta.
La tua bocca è serrata.
Non sanno le mani tue bianche
il sudore umiliante dei contatti.
E penso come il tuo corpo
difficoltoso e vago
fa disperare l’amore
nel cuor dell’uomo!
Pure qualcuno ti disfiorerà,
bocca di sorgiva.
Qualcuno che non lo saprà,
un pescatore di spugne,
avrà questa perla rara.
Gli sarà grazia e fortuna
il non averti cercata
e non sapere chi sei
e non poterti godere
con la sottile coscienza
che offende il geloso Iddio.
Oh sì, l’animale sarà
abbastanza ignaro
per non morire prima di toccarti.
E tutto è così.
Tu anche non sai chi sei.
E prendere ti lascerai,
ma per vedere come il gioco è fatto,
per ridere un poco insieme.
Come fiamma si perde nella luce,
al tocco della realtà
i misteri che tu prometti
si disciolgono in nulla.
Inconsumata passerà
tanta gioia!
Tu ti darai, tu ti perderai,
per il capriccio che non indovina
mai, col primo che ti piacerà.
Ama il tempo lo scherzo
che lo seconda,
non il cauto volere che indugia.
Così la fanciullezza
fa ruzzolare il mondo
e il saggio non è che un fanciullo
che si duole di essere cresciuto.
La forza di Cardarelli sta nella trasformazione continua di se stesso in osservatore attento e di quanto accade in spettacolo, come volesse ripetere ogni volta un archetipo personale.
Dona dunque alla sua produzione quell’articolarsi interno con un leggero sapore di “fantasismo”.
il saggio non è che un fanciullo
che si duole di essere cresciuto.
da ragazzo l’ho amato molto, e mi fa piacere ritrovare qui alcune delle sue poesie più belle, grazie
“Amore, amore, come sempre,
vorrei coprirti di fiori e d’insulti.”
Che forza emotiva e passionale oltre che poetica in questi versi dedicati a Sibilla Aleramo: vissero una altalena di sospetti, gelosie, accuse, passioni, incomprensioni, perdoni, riprese esaltanti, amicizia,stanchezze, sazietà…
fino al reciproco negarsi.