Natan Zach è nato a Berlino nel 1930 ed è immigrato bambino con i genitori nella Palestina mandataria, dove in seguito si sarebbe costituito lo stato d’Israele. Dopo aver insegnato per alcuni anni Letteratura all’Università di Tel Aviv, si è trasferito in Inghilterra dove ha completato gli studi presso l’Università dell’Essex. Al suo ritorno in Israele (1978), si è dedicato all’insegnamento accademico presso l’Università di Haifa. Poeta, critico, redattore e traduttore, ha esercitato una profonda influenza sullo sviluppo della poesia ebraica moderna, assumendo un ruolo centrale nel gruppo di poeti che ne hanno rinnovato il linguaggio negli anni cinquanta e sessanta. La sua opera poetica è tradotta in 23 lingue. In Italia sono state pubblicate due sue antologie: Poesie (Quasar 1993, insieme al poeta siriano Adonis) e “Sfavorevole agli addii” (Donzelli 1996). Altri suoi versi compaiono in “Poeti israeliani (Einaudi 2007). Attualmente vive a Tel Aviv.
Per la prima volta
comincio a dubitare
di riuscire davvero a raggiungere quaggiù
ciò che dentro di me
chiamai felicità.
Non ne avevo dubitato mai.
Ma una sera vuota di desiderio
mi insinua questo dubbio nel cuore.
Dubbio che certo conobbero anche
gli scalatori di alti monti
vedendo la bianca vetta innevata
con il petto vuoto di scalata,
vuoto di monti.
*
Devo rassegnarmi a non potere, qui,
raddrizzare nulla. I giorni distorceranno
quanto e come vorranno. Uomini, ed io fra loro,
ameranno. Ti ho forse più amata
perchè volevo raddrizzare
qualche stortura, redimere
ciò che non venni a redimere?
E non me ne vado ancora.
E certamente non finisce qui.
*
Più di tutto ho sempre temuto
il vocìo degli uccelli nudi
sul sommo degli alberi
nel gelo. Al pensiero della migrazione
mi si rizzavano d’orrore i capelli.
L’avvicendarsi delle stagioni
mi consegnava alla stagione torturante
del cuore. Un occhio di donna
una promessa quale
non s’è mai realizzata, dolce più
di ogni promessa. E sono
ancora qui che scrivo. E non c’è
altro luogo in cui vorrei essere.
E amo ancora.
*
Ora navigherò in sogno,
forse è l’ultima traversata
nella stanza-loculo dell’albergo straniero
prima che venga il cameriere
ad annunciare che la ghigliottina
è pronta.
ISTRUZIONI PER LA CHIUSURA DELLA PORTA
La porta va chiusa lentamente e con cautela.
Bisogna stare attenti che una mano, un piede estraneo
non si trovino nel raggio di chiusura.
Poi bisogna assicurarsi che nessun amico
o ospite o anche semplice sconosciuto non stiano,
casualmente o per errore, davanti alla porta
che tu sbatti loro direttamente in faccia. Giacchè
non solo ti sveleresti
maleducato a casa tua, luogo dove il mondo
si aspetta da te tipici gesti di cortesia,
ma potresti anche perdere
qualche notizia importante che avessero da comunicarti
il visitatore o la visitatrice,
o qualsivoglia altra entità.
Soltanto dopo che avrai seguito tutte
le istruzioni, e qualcun’altra, inoltre, del tutto ovvia,
potrai chiudere la porta in faccia a tutti,
compreso l’Onnipotente,
o in faccia all’Ignoto
il quale naturalmente
non è in attesa proprio di te
e proprio davanti alla tua porta.
Natan Zach
mi ha colpito la chiusura della porta in faccia all’Onnipotente,io credente praticante non la chiudo mai a Dio Padre, perchè ho bisogno della sua grazia e del suo amore, della sua protezione e della sua benedizione, per rendere la mia vita piena di significato e degna di essere vissuta