DE SPECTACULIS è il primo libro che Marziale ha scritto, risale all’inaugurazione dell’Anfiteatro Flavio ( il Colosseo), avvenuta nell’anno 80 sotto l’imperatore Tito. Raccoglie trentatre epigrammi ( ma a noi il libro è giunto sicuramente mutilo, lo attesta sia la tradizione manoscritta, sia il fatto che gli altri libri del Nostro raggiugono il centinaio di epigrammi). Svetonio nella ” Vita di Tito” dice che l’imperatore, consacrato il Colosseo, costruite a poca distanza le terme, offrì al popolo romano un pomposo e grande spettacolo fatto di tre “numeri”: una battaglia navale, una lotta fra gladiatori e una caccia di cinquemila fiere. Il Liber Spectaculorum piacque così tanto a Tito che conferì a Marziale il diritto dei tre figli e cioè quel privilegio che ai celibi e ai padri di poca o nessuna prole era vietato. Leggiamone cinque:
VIII.
Daedale, Lucano cum sic lacereris ab urso,
quam cuperes pinnas tunc habuisse tuas
O Dedalo, quando eri sbranato in quel modo dall’orso di Lucania,
come avresti desiderato avere allora le ali di tua invenzione.
XIV
Sus fera iam gravior maturi pignore ventris
emisit fetum, vulnere facta parens;
nec iacuit partus, sed matre cadente cucurrit.
O quantum est subitis casibus ingenium.
Una scrofa selvaggia ingrassata dal maturo frutto del ventre
generò un porcellino sgravandosi per una ferita.
il porcellino non cadde morto, anzi, mentre la madre moriva iniziò a correre.
O come son saggi gli imprevisti del caso!
XVI
Raptus abit media quod ad aethera taurus harena
non fuit hoc artis, sed pietatis opus.
Che un toro, eliminato dal bel mezzo dell’arena, si libri
non è un effetto di un congegno, ma di un pio sentimento.
XXI b
Orphea quod subito tellus emisit hiatu
versum miramur; venit ab Eurydice.
Ci strabiliamo che la terra abbia cacciato fuori da una fessura
improvvisamente apertasi Orfeo rivolto all’indietro; veniva da Euridice.
XXXII
Cedere maiori virtutis fama secunda est.
Illa gravis palma est, quam minor hostis habet.
Cedere di fronte a un avversario che ha più “classe” è pur sempre
una bella fama di valore. Pesa invece quella vittoria conseguita
da un avversario che ha meno “classe”.
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Grazie di questo post. Fra quelli proposti, il mio preferito è XXI b.
Un caro saluto
Spettacolari questi epigrammi.
Riporto quattro poesie del poeta di Bilbilis (versione di Guido Ceronetti) tratte dal volume “I Classici della poesia” (con un saggio di Concetto Marchesi), Mondadori 2012.
Mi si secchi la lingua se,
Deciano, non voglio star con te
giorni e notti quanti ce n’è.
Ma ci separano due volte mille
passi: quattromila, col ritorno.
E tu, spesso, non ci sei;
in processi, in baldorie immerso sei.
Fare duemila passi per vederti
mi è lieve; quattromila per non vederti,
No.
*
Pubblica, pubblica mi dici. Ma va.
Hai scorso un par di pagine appena
che subito corri all’ultima, Severo,
con grande spreco di sbadigli.
Eppure, sono le stesse cose
che quando io te le leggevo
mi strappavi di mano e copiavi
e sopra tavolette vitelliane;
e poi te le portavi
dietro a ogni pranzo, a ogni spettacolo:
quelle sono, e altre migliori,
che non conosci ancora.
A che mi vale sia così magro
il mio volume, che non c’è ombelico
che abbia più corpo, se a leggerlo tutto
tu ci metti tre giorni? Si è mai visto
un più fiacco amatore? Così stracco
appena in strada, che se vai
a Boville ti fermi alle Camene.
Pubblica, pubblica mi dici. Ma va.
*
Se in queste carte ravvisi, lettore,
oscurità eccessive, latino macaronicus,
non sono io: la loro rovina
è il monaco amanuense, che s’affretta
per te d’arrivar subito a compiéta.
Se tu dirai che non è lui ma io,
penserò che non hai di sale un briciolo.
– Però che brutti versi! – E che io nego
quel che è lampante, forse? Sono brutti:
ma i tuoi sono più brutti.
*
Tu non mi baci che con mezza bocca
postumo, oh grazie! ma tu puoi
metà di quella mezza tor di mezzo.
Vuoi la mia gratitudine in aeternum?
Postumo, tienti quella mezza, intera!
a Luciano Notorius
Abate postumo (lo dice il suo nomen) quello che per le vie del Foro si pavoneggia da materialista dialettico e si spaccia per rivoluzionario
in realtà non è altro che un eclettico eidetico che bacia la croce dei cristiani e si genuflette nel mentre che professa il suo falso paganesimo…
Nella contesa tra Celso e Tertulliano prende le parti di entrambi i filosofi
ma in realtà vuole farsi i fatti propri dando ragione ad entrambi i contendenti. Che vuoi, mio caro Luciano, da che il mondo è il mondo così va l’impero.
Che non è un girotondo ma è più simile a un combattimento di galli in un pollaio.