Cinque poesie di Giulio Marchetti da “Specchi ciechi”, puntoacapo, nota di Vincenzo Guarracino

downloadQuando ne La verità della poesia Paul Celan affermava che “la poesia parla a partire dalle bruciature dell’anima, a partire dai caratteri incisi sotto la pelle”, mette in gioco un modo di essere del poeta, che, nella presa di coscienza della sua effimera fragilità creaturale, accetta limiti e possibilità di una parole fatta di carne e sangue, la sua estraneità a se stesso, “a partire dalle bruciature dell’anima”, nella ricerca inesausta di una precisione millimetrica che cerca di aprirsi un varco attraverso il tempo: spesso senza metafore, senza giochi retorici, mirando dritto al cuore dell’essere. Un progetto di esistenza, al punto da lasciar trasparire ferite di dolorante e sanguinante verità, non diversamente dal siracusano Archimede intento, teste Plutarco, a scriversi addosso teoremi e perciò dimentico di sé e incurante della spada omicida del centurione romano: è questo che fa il poeta, esposto al vento dell’Altro e proteso nel vano gesto di distogliere e contrastare il rischio della scomparsa. È forse proprio in questo senso che lo stesso Celan può altrove affermare che “la poésie ne s’impose plus, elle s’expose” (“la poesia non si impone più, ma si espone”). Come dire che c’è una fatalità che induce a cercare l’Estraneità, a darle un volto, come luogo, come la campaniana Chimera, figura di un linguaggio ineludibile e inudibile, mettendo in scena tentativi di ricomposizione di nuove e impensate prospettive di realtà. È questo che vien fatto di pensare dinanzi ai testi del giovane Giulio Marchetti, capace di annoverare nella sua bibliografia titoli già sufficientemente esplicativi della sua visione delle responsabilità della scrittura come Energia del vuoto del 2010 e La notte oscura del 2012, oltre a Ghiaccio nero del 2015, prima di quest’ultima convincente prova all’insegna di una metafora, Specchi ciechi, che dice bene la volontà di guardarsi e distanziarsi al tempo stesso, di far emergere “rigurgiti dell’ego” tenendoli debitamente a distanza, badando a non lasciarsene sommerso. Ecco, è questo che leggiamo in Ego, uno dei testi conclusivi e ben significativi della raccolta, in cui l’io si dispone di fronte ai propri “frammenti”, come un antico bramino (o come il saggio lucreziano dell’inizio del secondo libro del De Rerum Natura), in posizione assisa, incurante dell’“abisso”, da cui eroicamente si salva, nonostante le troppe “bruciature dell’anima”, in virtù di un’attitudine meditativa, di un “amore” per se stesso (“vi amo, / e vi osservo” dice infatti), che diventa l’appiglio per non essere inghiottito dalla “voragine” dell’insensatezza dell’esistenza.

Vincenzo Guarracino

 

Le parole

C’è
– per amore del silenzio –
chi non grida
neppure la sete.
Ma il silenzio è breve
come tutti i sogni
vulnerabili
alle parole.

 

Dormendo insieme

Ognuno, tra le mani, stringe
una conchiglia, dove soffia
e custodisce la propria voce:
la parola è un segreto da non svelare.
Ci urtiamo senza toccarci, di notte
come se questo, delle cose,
fosse l’ordine naturale
come se ogni stella avesse
un cielo.

 

Naufragio

Così avvinta dalla materia
si accresce di ombre
la vita.
Sulla sabbia
– che vola senza vento –
si cerca
il confine della noia.
E si spinge (con
o senza mani)
l’imbarcazione fragile
del pensiero
al di là
di una gioia-tampone.
Mentre urla
il naufragio
contro la notte.

 

Scivolare

Indovina
la sciagura di un esilio,
il mistero di una quiete
assassina, l’anello mancante
di una congiunzione senza senso,
senza fine.
Moltiplica
gli istanti di pausa, fino al vertice
della noia. Da lì
si può solo cadere, scivolare
nella speranza di un tronco o una roccia
sporgente, appena prima
dell’oblio: scivolare
ognuno con la sua velocità,
in base al proprio peso
e alla propria solitudine.

 

Tra due notti

Notte buia
in me.
Niente stelle
fuori di me.
Sono l’unico traliccio
tra due notti spaventose.
Tra due notti non c’è il giorno,
ci sono io.

Giulio Marchetti

 

Intervista-di-Alessia-Mocci-a-Giulio-Marchetti-vi-presentiamo-la-raccolta-Specchi-ciechiGiulio Marchetti è nato a Roma nel 1982. Ha esordito in volume con Il sogno della vita (Novi Ligure, 2008), finalista al “Premio Carver” e segnalato con menzione speciale della giuria al Premio “Laurentum”. Nel 2010 ha pubblicato, con prefazione di Paolo Ruffilli, Energia del vuoto (puntoacapo), seguita nel 2012 da La notte oscura (ibidem). Con Cieli immensi, tratta da quella raccolta, ha vinto il Premio “Laurentum”2011, sezione sms. La notte oscura ha ottenuto il III posto al Premio Nazionale di Arti Letterarie “Città di Torino” e al Premio Internazionale “Tulliola” ed è stato finalista al Premio “Città di Sassari”. Nel 2014 ha riunito le precedenti pubblicazioni e la sezione inedita Disastri nella raccolta Apologia del sublime (puntoacapo), segnalata al Premio “Città di Sassari”. Nel 2015 ha pubblicato Ghiaccio nero (Ladolfi), premiato con menzione speciale di merito e medaglia d’onore al Premio Internazionale di poesia Don Luigi Di Liegro. Con la poesia A metà, è stato inoltre selezionato per “Il fiore della poesia italiana” (tomo II – i contemporanei), un ambizioso progetto antologico che raccoglie il meglio della poesia italiana sotto la curatela di autorevoli esperti (puntoacapo, 2016). Della sua poesia si è occupato, fra gli altri, il Prof. Gabriele La Porta, storico conduttore e direttore Rai.

 

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