Il discorso poetico di Cinzia Della Ciana segue un percorso espressivo basato su un progetto che pone la foné al centro della sua partitura compositiva: la sua poesia vuole fare “suonare le parole” ed anche risuonare al livello connotativo e fonosimbolico. Il loro corpo sonoro diviene esemplare significativo. E al critico spetta il compito di far continuare a “suonare”, a sua volta, ciò che è stato suonato dalle parole della poetessa, trovato e inventato: il critico si fa, specularmente, poeta e interprete ermeneutico. Un sorta di continuatore, e coinventore del testo poetico, come vuole Blanchot. È ciò che avviene quando Scriabin legge, studia, suona e interpreta Chopin, o in campo specificamente poetico, Ungaretti con Leopardi, o Pasolini con Pascoli e Dante.
Ostinato è una “Suite in versi”: segue e rinnova l’itinerario creativo della poetessa di Montepulciano: i “passi” e i “passaggi” si fanno più serrati e rapidi, corrosivi e fluenti, assumono l’andamento di un ininterrotto, marcato registro espressionistico. Infatti le descrizioni non derivano mai da semplici impressioni, non provengono tout court dal mondo esterno, ma sono vere e proprie voci ed espressioni, più che di matrice teatrale, sono invece filtrate, attraverso il movimento dello “sguardo interiore”, da concrezioni interne che si precisano, si indirizzano e realizzano verso il topos dei momenti mondani, tipico delle scene cinematografiche. La poetessa diviene, così, una sorta di sceneggiatrice e regista del linguaggio filmico, oltre che della propria opera poetica e delle sue esperienze vitali ed esistenziali. La foné poetico-musicale esprime perfettamente questo “ostinato” e caparbio intento realistico-metaforico (ed anche in qualche modo simbolico-metafisico) che muove e spinge l’Autrice nella direzione privilegiata di un fonosimbolismo tutto particolare che, originalmente, non ha nulla a che fare con quello, patetico-elegiaco, di Pascoli. Ma che procede, netto e concentrato, deciso verso esiti stilistici fortemente caratterizzati da un’esclusiva energia vitale e interiore. Più vicino, quindi a suoni, accordi, movimenti, temi, melodie di tipo ostinatamente e prevalentemente di carattere espressionistico. Un tempo di battute e contrappunti, perciò, diviso e scandito in intervalli (di taglio e di separazione) ed elementi aventi un certo “valore” , di spezzatura e di tensione.
Un nuovo tempo, insomma, fondato su un “sentimento” teso, temerario e tempestoso, mai quieto che divide, spezza, taglia: un’ “immagine mobile dell’azione” (Platone), un simbolo di motivi temi suoni che transitano, per forza naturale e celeste, dall’alto verso la lingua e l’essenza fondamentali della parola poetica. Un Eracliteo “movimento / sempre / forsennato orologio… // Poesia resta / oblio spesseggia / follia passeggia / leggero fai il gioco “ (Non ci sarà): essere e non essere sembrano coincidere: stabilità, assoluto, eternità e divenire, trasformazione, mutevolezza, “perenne movimento”. Una coscienza del tempo, quindi, duale, ancipite, anfibologica: soggettiva-oggettiva, relativa-assoluta; un sentimento interno-esterno unilineare-circolare (l’eterno ritorno). Una visione ossimorica del tempo, che mette insieme perciò, liricità e simbolismo: un tempo musicale, insomma, della voce e della foné. Il tempo solfeggiato e il ritmo della divisione pentagrammatica delle “battute”, caratterizza il linguaggio poetico di Cinzia Della Ciana, sintonico e distonico. Una lingua poetica compatta e coerente nella sua multiforme vivacità e creatività “sinfonica”, che fa pensare a certe considerazioni di Blaise Cendrars, quando afferma, a proposito del tempo, che nel pensiero poetante esiste solo una dimensione essenziale: “procronia” di un prima del tempo o di un primo tempo o un tempo primo, primordiale, puro, primitivo, incontaminato e quindi sin-cronico e mitico. Il tempo della poesia, finalmente, è unicamente attuale, contemporaneo, vivente, fatto di azioni, di cose, di atti, in particolare di espressioni creative. Questo è il tempo scelto e privilegiato da Cinzia Della Ciana. Il tempo delle note e dei versi, della Musica e della Poesia, vissuti e creati in una simbiotica necessità espressiva, in un unico, sintattico, concatenato e con-sequenziale “discorso“. Basti riferirsi alle prime due poesie della raccolta di Della Ciana: il Preludio Ostinato (vera e propria dichiarazione di poetica); A Campana, Dino (sul tempo e il ritmo della poesia musicale come”voci di dentro”) che fa parte della prima “sequenza”: “Sarabanda”.
Infatti Ostinato è costruito insieme ad altre cinque sequenze (che sono di musica e di danza). “Aria”, “Passacaglia”, “Corrente”, “Pavane”, seguite dallo “Stabat” finale e precedute dalla apertura iniziale e introduttiva del “Preludio Ostinato”. Questa (“Suite in versi”) si rifà alle musiche strumentali d’origine coreografica e cinquecentesca che Della Ciana utilizza per il loro coerente e ordinato sistema espressivo e stilistico. A questo fa riscontro il variegato, ma insieme unitario, plurilinguismo e pluristilismo presenti nei versi consegnati quasi sempre in un “discorso” e in una struttura di tipo verticale (il primo Ungaretti) che prevale nettamente su quello narrativo-orizzontale, a dimostrazione della chiara volontà della poetessa di cercare e trovare l’efficacia e la risonanza singolari delle parole e della loro unicità fonico-evocativa e suggestione semantico-musicale. Di qui anche questo particolare plurilinguismo e pluristilismo della poesia di Della Ciana: infatti sono presenti ed evidenti echi montaliani, presenze leopardiane e stilemi di matrice dantesca; accentuati neologismi, latinismi, diversi dialettismi (in particolare toscani e napoletani); una certa volontà espressiva spesso polivalente ancipite, che conferisce al dettato poetico una qualche “ambiguità”ed enigmaticità veramente rilevante e poeticissime.
I “temi” trattati e descritti, d’altro canto, obbediscono e guardano non solo al proprio vissuto esperienziale ed esistenziale, ma soprattutto, a “occasioni” di passaggi e passi (visivi e visionari): paesaggi (montani e di “acqua”), luoghi storici, geografici, artistici; la figura femminile e materna (“Mater”); personaggi reali e immaginari riguardanti l’arte e la letteratura, la storia, la musica e il canto (in particolare Bach, Telemann, Orff e Puccini). Dei veri e propri racconti, descrizioni e “dialoghi”: con la natura, le cose, le persone e soprattutto, con il proprio pensiero e le proprie parole in poesia e musica. E ciò che unisce queste parole è una foné singolare: quel “basso continuo”, quel pedale espressivo di una ostinata intensità evocativa, armonia basilare nel variare dei temi e delle melodie e dei suoi suoni, “cadenze audaci”, rapsodie, canzoni, allegretti decisi e leggeri, movimenti moderati e gravi, fughe e ballate e danze, larghi e andanti, sequenze narrative e liriche, tristi e solenni, briose e agili, meste e maestose, delicate e sostenute, improvvisi e cantabili, feroci.
E tutto questo è evidente nell’uso particolare della grammatica, della sintassi e della retorica, delle parole e delle proposizioni: sostantivi con funzione aggettivale e predicati che divengono nomi, aggettivi sostantivati; verbi transitivi trasformati in intransitivi e viceversa, ripetizioni anaforiche, ardite metafore, ininterrotte assonanze e dissonanze, rime vicine e lontane: un percorso metrico, ritmico e retorico che cerca di conciliare e consolidare e ulteriormente vitalizzare i “frammenti” spazio-temporali, i tempi i modi e le forme espressive di una ispirazione già forte intensa, energica di per sé. Queste le dimensioni tematico-figurali e tecnico-formali che caratterizzano la poetica forma-sonata di Cinzia Della Ciana: soprattutto nei suoi specifici temi ed espressioni che distinguono lo status temporale e spaziale della sua nomenclatura poetica: la “voce”, il “nomen-(numen)”, le “notazioni” e le “figure”, le nuove e diverse forme sintattico-grammaticali di queste ”composizioni” poetico-musicali, si pongono insieme ai passi passaggi passeggi paesaggi che inseguono sempre il Dire e il Capire della Poesia, il suo Pensiero Immaginativo e Simbolico. E così che lo spazio viene temporalizzato e di conseguenza il tempo è inserito in una dimensione topologico-spaziale di tipo sincronico e presenziale ed anche esistenziale: infatti i luoghi della poesia di Cinzia Della Ciana sono sempre soggettivi e singolari, attuali e istantanei, perché inseriti nell’universo personale della coscienza espressiva ed etico-vitale e perciò anche apologetico-interiore della Poetessa. Il “prima” e il “poco” cedono il passo, come anche il “dopo”, al “tanto” e al “tutto” di un presente virtualmente eternizzato.
Dalle tracce emergenti in Passi sui sassi, Cinzia Della Ciana si incammina e procede, quindi, verso i registri fulminanti e insieme matematico-geometrici della sua nuova trama espressiva, la “Suite in versi” di Ostinato, approfondendone e sviluppandone, su diverse modalità, forme e tempi, tracce e orme lasciate nel cammino, gli archetipi mitico-espressivi, i segni e i segnali fondanti dello Stile diversamente orchestrato e strumentato basato sui principi fondamentali dell’Espressione e della Teoria dell’Armonia poetico-musicale.
Preludio in realtà è quasi come un brano autonomo e metapoetico, una sorta di “toccata” monologante come momento preparatorio alla “esecuzione” espressiva della propria ideologia letteraria, cui segue la “Suite in versi”, e di quel “qualcosa di scritto” realizzato nella Forma unica e originale della propria “Parola” e della sua espressività. L’attimo, come suggerisce Goethe, non si può fermare: c’è il tempo fatale dell’“avviso” e dell’“attesa” che “squaderna” il sistema in un ritmo sismico e ossessivo, di fiume in piena che produce un eloquio traboccante e straripante, da cui solo la memoria può soccorrere e il suo temprato “Ostinato”. La natura viene, perciò, umanizzata e diviene paese dell’anima, i cui elementi (fronde, erbe, tronchi, foglie) si trasformano in una specie di orchestra di colori e timbri musicali, petrarchescamente oggettivati in elenchi di triplici aggettivi o in ungarettiani versi monoverbali e anche monosillabici o in suggestive sinestesie metaforiche e ossimoriche. Il “sentiero” cerca dunque il varco o la via o il “pertugio”, l’“imago” e la “vertigo” eroica, che fa pensare a certo D’Annunzio (“Pause”) ed anche al leopardiano canto che “sovviene”. Ombre e luci caravaggesche si dispongono accanto alla geometria metafisica di Piero della Francesca, nella poesia di Cinzia Della Ciana tra memorie ricordi visioni, ma è il qui e ora che dominano nel mistero notturno e nella “lingua infernale”, sassosa e petrosa, nelle vie d’acqua e nella fangosa selva dantesca, nel locus amoenus dei giardini simbolici ed epicurei, nei dì festivi, nelle chiese rinascimentali e barocche. Passi che escludono il “trapasso” e invitano al “passo” e al “passaggio”. È qui che Della Ciana innesta e ritrova la poesia pura fresca e sonante, “sorgiva” e “senza metro”, melodica. E lo sguardo vertiginoso di essenze terrestri e celesti e di sacralità, una “devozione” quasi una preghiera, un mare salmastro pensoso mesto e evocativo, “misteriale deserto”, tenebrosa “linea d’ombra”. “Primo tempo” che cresce tra giri di cori canti e soli e suoni, musica sillabata di “parole d’opera”, pietra silente, rivolta della mente e della parola.
Un’innovazione, questa proposta da Cinzia Della Ciana, certo non da poco, dai tratti e caratteri sicuramente “di-versi” e ben distinguibili nell’attuale poesia italiana contemporanea.
Franco Di Carlo
Rivolta
Marcia
Alle marionette,
d’affetto imbavagliate
di manette strette
dall’alto pilotate
crudeli buratte,
all’affanno di cuore
indifferenti, dico: ballate,
vorticose danzate,
forza! I fili appesi
a Mangiafoco ingrovigliate!
Agevole vi manovra
se penzolate pettinate,
ma se il fil s’aggruma
la mannaia l’orco chiama
il nodo recide secca la lama.
…
Gira marionetta gira
volta e gira, l’ora
si compie della rivolta.
Tagliato il canapo
sbalza il manubrio
in faccia all’orco
si scaglia.
…
Librate libere
non più marionette
né aquiloni, ma colorati
palloni da stolta mano
via sù scappati.
E tu precipita orco:
la matta rabbia
t’ha fatto
orbo!
The Angels’ share
Allegro ma non troppo
Una leggenda lamenta
là sulla rupe, eppure
non abbruma, è ghirlanda:
cantala donna.
Di quando arrancasti
fino alla roccia a recar doni
al fanciullo che divide il sasso.
E di come ti vide
e ratto ordinò che tacessi
ché la festa non si fa
con chi porta i pesi
ma con chi alza la frusta.
E di come scoscesero
a valle le tue vesti
silenti i doni infranti
secchi i pianti il cuore in tasca
fermo il pensiero.
A guisa che se sù fossi rimasta,
come metà di spaccato sasso,
rovinavi giù schianto di fossa.
E invece ancora cammini
in mano stringi rubino in calice
bouquet di viole e fragole
brindi e sorridi
sai che ciò che basta è
la parte degli angeli.
Così coltiva la storia
la donna sobria
sicura che la cura è
vedere
prima che sia
dividere.
Ninna nanna
Cantabile
Ninna nanna nanna ninna
il buio ci noia, ingoia.
Non basta aver manciate
di anni sulle spalle
le ombre di notte
grandinano la testa di botte,
suda il martello
dentro rimbomba e batte.
C’è sempre qualcuno
dietro la tenda
una mano s’allunga
una formica tonfa e zampa,
ma il grido non esce.
Monta montagne
gonfia respiri e cresce:
la paura non si piglia
sguilla, maledetto pesce.
Ninna nanna nanna ninna
gira gira pentolino
non fai più pappa
non hai bambino
solo vele strappe
di lenzuola che vuole
brezza di mamma
ma tira bonaccia
non arriva, non calma.
E quando della luna
è piena la pancia
la marea affoga
e si resta beffati,
siamo svegli da addormentati.
È colpa del buio
che ha tutti i volti,
cangiano sempre
non li ricordi.
È colpa del tarlo
che travaglia di notte,
l’orologio rintocca
ti tocca, non smette.
Ninna nanna nanna ninna
voglio una cantilena
che il buio addorma,
ché se piglia pace
la luce cuce
meglio questo inganno:
vivere è arpeggiare
su tela di ragno.
Cinzia Della Ciana