Il terzo volume di poesie pubblicato da Paul Celan nel 1959 porta il titolo Sprachgitter tradotto in “Grata di parole”, che in tedesco letteralmente sta a significare la grata attraverso cui avviene il dialogo in un confessionale o nel parlatorio di un convento di clausura. L’editore prima di procedere alla stampa della raccolta suggerì di sostituirlo ma Celan si oppose in ogni modo sentendo quella parola radicata profondamente nel suo animo. Questa grata è qualcosa che fissa un limite, un diaframma di separazione, un parziale impedimento all’attuazione di un dialogo, di un contatto umano. In sostanza si allude fin dal titolo a quello che è il tema dominante della raccolta: la difficoltà insuperabile di porsi in contatto con il mondo dei dannati, quelli i cui poveri occhi sbucavano dalle feritoie dei vagoni ferroviari piombati in una inesorabile marcia verso i campi di sterminio nazisti. Già nei primi versi della poesia che dà il titolo alla raccolta questo risulta del tutto evidente: “Occhio tondo tra le sbarre / Palpebra, sfarfallante animale,/voga verso l’alto,/fa passare uno sguardo.”; impossibile che il nostro pensiero non corra a quella terribile epopea di deportazioni che ha segnato la storia dell’umanità.
Fabrizio Milanese
FIORE
La pietra.
La pietra nell’aria, cui tenni dietro.
Il tuo occhio, come pietra cieco.
Noi fummo
mani,
tuffate a vuotar le tenebre, e trovammo
la parola che risaliva l’estate.
Fiore.
Fiore — parola di cieco. Il tuo occhio, il mio:
provvedono
acqua.
Crescimento.
S’aggiunge, attorno al cuore,
foglia a foglia.
Una parola ancora, come questa,
e i martelli si librano sciolti.
GRATA DI PAROLE
Occhio tondo tra le sbarre.
Palpebra, sfarfallante animale,
voga verso l’alto,
fa passare uno sguardo.
Iride, natante, opaca e senza sogni:
sarà prossimo, il cielo, grigio-cuore.
Storta, nel beccuccio di ferro,
la scheggia fumigante.
Al senso che la luce prende
tu indovini l’anima.
(Fossi io come te. Tu come me.
Non sottostammo forse
al medesimo vento?
Siamo estranei.)
Pavimento. Sopra,
l’una accanto all’altra, le due
pozzanghere grigio-cuore:
due
bocconi di silenzio.
UN GIORNO ED UN ALTRO ANCORA
Sciroccoso tu. Il silenzio
ci precedeva a volo, una seconda,
distinta vita
Io vinsi, perdetti, credevamo
ad oscuri prodigi, ci reggeva, inscritto
subitaneo nel cielo, il ramo, e crebbe
nel biancore tracciante fino alla luna, un mattino
balzò alto nell’ieri,
cogliemmo, dispersi, quel lume, io
rovesciai tutto nella mano di nessuno.
Paul Celan (traduzione di Giuseppe Bevilacqua)
L’ha ribloggato su "LA GROTTA DELLE VIOLE" di Giorgina Busca Gernetti.
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