Il celebre quadro “La danse” (1910), di Henri Matisse, è una rappresentazione simbolica del posto che l’uomo occupa nel mondo, incidendo percorsi evolutivi tra le sfere concentriche della Natura e della Storia. Sopra un globo terrestre, sinteticamente colorato di verde, danzano in circolo cinque donne, atteggiandosi in varie libere figure. È una danza non professionale, non “esibita” (come accade con le ballerine di Degas), ma una danza tribale dal significato mitico-cosmico. Le stesse donne sono dipinte in modo sommario e primitivo. La danza si realizza come equilibrio dinamico di forze in atto, processo fragile in divenire, ritmo ascendente che sorge dagli elementi stessi del quadro (tra linea e volume delle forme). Le figure tendono al volo – la danza vorrebbe sospendersi in aria – e prendono slancio dalla resistenza elastica del globo. La spinta parte dalla terra e culmina nel circolo delle braccia, interrotto e continuamente ripreso.
Nulla è casuale in questo quadro: osserviamo i colori. C’è anzitutto da ricordare che Matisse cercò per “La danse” gli “ultra-colori”, attraverso la saturazione degli stessi sulla tela, per raggiungere la loro idea “ultra-sensibile”, la loro quintessenza. Il «più blu dei blu» che scelse per il cielo simbolizza la presenza “aperta” e inquietante del cosmo in cui naviga immerso il nostro pianeta, e dunque il mistero dell’alterità. Il verde del globo rappresenta la natura terrestre dalla quale ricaviamo il nostro “ambiente”. Il «vermiglione vibrante» dei corpi è la possibilità fabbrile e tattile dove si articola – tra il gelo siderale e la materia plasmabile della terra – il “caldo” soffio creativo degli esseri umani che forgiano la Storia. Ecco perché la pressione dei piedi deforma il globo terrestre, lasciando al blu del cielo la possibilità di addentrarvisi. Spetta all’uomo la scelta di far entrare il mistero del cielo dentro la gestione della Natura, cioè di rivelare più o meno che anche la terra è parte di quella infinità. Ci sono epoche che hanno limitato lo sguardo entro i confini dell’orizzonte e altre che lo hanno sprofondato nei cieli, senza esorcizzare il grande vuoto.
L’uomo è sintesi tra cielo e terra: la sua danza può avvicinarsi alla Natura o alla Storia, a seconda che riveli l’armonia costante e pancrona del cosmo in cui la terra è iscritta come sfera celeste, o l’evoluzione del tempo umano all’interno dei tempi biologici. La storia umana, in genere, è la capacità dell’uomo di manifestare la propria volontà sulla terra, di plasmarla secondo il proprio intento (infatti la terra si dimostra elastica alla spinta dei piedi). La danza, dunque, rappresenta anzitutto la Storia dell’uomo nell’universo. Le donne non a caso sono cinque: come le dita della mano con cui si opera sul mondo, come i continenti, come le età della vita, come le macro-ere stesse in cui viene divisa e studiata la Storia. La donna all’estrema sinistra rappresenta l’Europa e la cultura occidentale. Osserviamo la sua posizione tortile: girando su se stessa, mette in collegamento consequenziale il “prima” e il “dopo”, cioè il passato il presente e il futuro: ciò che è stato, ciò che è, ciò che potrà essere. La consapevolezza del tempo, ovvero la coscienza rivelata della propria storia, determina il distacco dalla compagna di destra, la quale si distende per raggiungerla, per non rompere il cerchio della danza. Qui si misura il salto dalla concezione ciclica del tempo a quella lineare: la consapevolezza del divenire rompe l’armonia dello stato di natura per cui le donne sono tutte uguali e tutte nude; è qui che la danza come simbolo della Natura si trasforma in simbolo della Storia.
Con “La danse” Matisse traguarda una fusione sinestesica di pittura, danza e musica, ed esalta implicitamente l’Arte come la sola attività umana capace ancora di cogliere le verità dell’essere e l’armonia del mondo. Dal quadro irradia una visione ottimistica, gioiosa e costruttiva del futuro, e un forte messaggio di pace. Il rapporto tra le cinque donne dipende dall’armonia ritmica della loro danza, e il modo in cui riescono a danzare dipende dal loro rapporto. Ogni donna ha un suo modo libero di muoversi, ma la “danza” è una creazione collettiva che nasce solo dall’accordo dei singoli contributi. Matisse sembra dire che la pace nel mondo sarà possibile solo quando la danza delle etnie e delle culture sarà fondata sulla coesistenza e sul rispetto reciproco delle diversità.
Marco Onofrio
L’ha ribloggato su "LA GROTTA DELLE VIOLE" di Giorgina Busca Gernetti.
Tra il 1910 e il 1920 Matisse si accostò al nuovo gusto di scomposizione geometrica, sull’esempio di Picasso, (Les marocains del 1916). In seguito andò liberando dal peso di un contenuto le smaglianti superfici colorate; opre come Le luxe del 1907, la Danse del 1910 e Danse 1909 che si trova al museo d’Arte Moderna di New YorK si riallacciarono alle serie foltissime degli interni, delle odalische e delle danzatrici. Stupenda lettura di Marco Onofrio a questo capolavoro amatissimo di Matisse.
Matisse, riferendosi a “La danza” II del 1910 (“La danza” I è del 1909), affermò:
« Il primo elemento della costruzione fu il ritmo, il secondo una vasta superficie blu scuro (allusione al cielo mediterraneo nel mese di agosto); il terzo un verde scuro (il verde dei pini mediterranei). Partendo da questi elementi, i personaggi non potevano che essere rossi, per ottenere un accordo luminoso. »
In queste parole si coglie la presenza della sinestesia nell’unione del ritmo (uno degli elementi fondamentali della musica), dell’accordo (elemento basilare dell’armonia musicale), della luminosità (elemento visivo), dei colori scelti armoniosamente appunto come le note in un accordo musicale, ma pur sempre elementi visivi.
Il movimento della danza prevede una musica su cui si muovano le cinque figure femminili. Quanti sensi percepiscono la bellezza e il significato di quest’opera mirabile?
Se si pensa che egli dipinse contemporaneamente “La musica”, è ancora più evidente che Henri Matisse amava e realizzava la “fusione sinestetica” di pittura (linee, forme, colori), musica e danza, la quale ultima è spesso definita “pittura/scultura nell’aria”.
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Giorgina Busca Gernetti
Dopo una breve annotazione di natura tecnica, mi sembra indispensabile evidenziare la versatilità di Marco Onofrio e considerare questa “lettura” del celebre dipinto “La danza” come uno splendido esempio della sua scrittura critica, forse il più alto che io abbia letto.
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GBG
Per una strana coincidenza, Fabrizio Milanese, ieri ha inserito proprio la danza di Matisse del 1910 nella sezione “ARTE VISIVA” che trovate a destra della home page scorrendola, senza sapere dell’articolo di Marco. Vorrà pur dire che gli autori di Erato si respirano tra loro a distanza.