Così Enzo Siciliano, a Roma, conobbe di persona Pasolini, di Marco Onofrio; Nove poesie di autori contemporanei dedicate a Pier Paolo Pasolini

Maria Callas, American-born Greek dramatic coloratura soprano, and Italian film director Pier Paolo Pasolini, pictured in July 1969 in Nevshir, Turkey, during shooting Pasolini movie Medea. AFP PHOTO

Lo struggimento che pervade Campo de’ Fiori (il bellissimo testo di vita e letteratura romane, imperniato sul ricordo della morte di Pier Paolo Pasolini) è indicativo dell’importanza che il “poeta delle Ceneri” ebbe per lo sviluppo umano e intellettuale di Enzo Siciliano. E quanto ciò sia vero si capisce anche e soprattutto dal ponderoso volume della Vita di Pasolini, pubblicato da Siciliano (quasi in una sorta di elaborazione catartica del lutto) tre anni dopo la tragedia. In Campo de’ Fiori a un certo punto si individua il punto aurorale di quel rapporto: l’emozione del momento in cui Siciliano, studente universitario, incontra di persona Pasolini, Il poeta già lo aveva conosciuto sulle pagine, leggendo con passione Le ceneri di Gramsci e vibrando insieme alla tendenza “eretica” del poeta friulano: anche rispetto alle direttive della sinistra, per quel modo di esserlo fuori dalle righe, con il coraggio delle proprie idee, controcorrente.

Questo l’antefatto dell’incontro. Siciliano ha scritto una recensione a Le ceneri di Gramsci, Mario Boselli, direttore della mista genovese «Nuova Corrente», gliela pubblica e poi lo informa che Pasolini, avendola letta, vuole conoscerlo. Boschi dà a Siciliano il numero di telefono di Pasolini. Siciliano chiama.

«Chiamai. Pasolini abitava a Monteverde Nuovo, in via Fonteiana. Al telefono mi rispose il “colonnello attaccabottoni” (così Gadda aveva dato nome al padre di Pier Paolo: se Gadda telefonava, il “colonnello” lo intratteneva in lunghi e per Gadda noiosi conciliaboli). Con il “colonnello” scambiai poche parole. Capii che fra lui e me si era annodato un equivoco: aveva preso il mio cognome per un semplice aggettivo e continuava a chiedermi irritato come mi chiamassi. Forse alla fine capì. La volta seguente che telefonai, scandii nome e cognome: Pier Paolo venne al telefono, e rideva: Mio padre ti aveva preso chissà per chi! Mi ha detto, un camionista»

Il contatto telefonico prelude all’incontro, che però delude Siciliano.

«Andai a trovare Pier Paolo in via Fonteiana qualche pomeriggio appresso. Il “colonnello” mi guardò torvo, Susanna fu gentile e sorridente, — mi disse che aveva letto il mio articolo su Le ceneri. Con Pier Paolo parlai di Pound, e sbagliai tutto. Pier Paolo non amava il mio poeta, l’avrebbe amato assai più tardi. Restammo a fissarci mentre il silenzio fra noi cresceva indisturbato e mi legava alla timidezza e alla paralisi. La timidezza mi mangiava le parole, e la mia ammirazione per Pasolini si bruciò in una desolata, taciturna intenzione».

Da una parte la timidezza di Siciliano e, comprensibile, il timore reverenziale dinanzi al grande autore, dall’altra la timidezza raggelante di Pasolini e — stando al racconto di altri persone che lo conobbero — la sua costitutiva incapacità di sciogliere dall’imbarazzo gli interlocutori. Sembra quasi un incontro senza futuro; non sarà così.

«Uscimmo insieme. Nell’entrare in ascensore si strinse la cintura dell’impermeabile con una mossa brusca: gli vidi allora la forza dei polsi, insieme gentile e contadina. Disse: «Sono esausto». Ero talmente imbarazzato che, quando mi invitò a salire in macchina con lui perché mi avrebbe portato verso il centro, gli risposi che dovevo prendere l’autobus — e presi l’autobus».

Marco Onofrio


LA SCOMPARSA DELLE LUCCIOLE

“I disgraziati come me che vagolano
disperati
dici
nella vita”
tra lucciole che scompaiono
perse
dalle bocche
vuote di meraviglia…
… stesso la tua parola
indignata, Pier Paolo,
si agitava persecutoria
dietro un universo di valori in fuga
ti sembrava
che invece solo voltandoti
forse li avresti veduti
lì fermi a splendere
fuori della presbite
miopia astigmatica
di sirene malaugurose
che ora cieche arrancano
sperse a tentoni
per le vie stravolte della storia.
Sono sempre quei valori lì
sempre lì da millenni
a illuminare la strada
e la tua morte
se ricordi
fu l’averli altri spenti
per quei non–luoghi dove
da virili nuche
ammaliato
ti oscuravi.
Erano le tue lucciole perdute
in quel lampeggìo che ti parve
di maschere
dove
non si mentiva cenere né ossa né il nulla
se non d’una colpevole noncuranza,
ma solo furberia stupida
da rimuovere appena con un soffio.

Domenico Alvino

P.P.P
(Pier Paolo Pasolini – Purezza Passione Poesia)

È ‘na storiaccia proprio ‘nfame
sulla spiaggia de Ostia a soffrì come ‘n cane
t’hanno tradito come er poro Cristo
tanti sapevano, nessuno ha visto,
ma er mito rimane, è immortale se sa
penso a Pier Paolo Pasolini e mo chiamatelo maestà
la sua parola scritta ha parlato pe’ tanta gente
sempre attenta, preoccupata, mai indifferente,
che lui è vivo se sente pure se se n’è annato
pe’ i vicoli de Roma come un gattaccio innamorato,
nelle borgate, nelle baracche e sui campi de pallone
se respira ancora libertà quanno se grida il tuo nome..

Alessio Boccali

PIER PAOLO LA TUA NOTIZIA

A Venezia il canale era una strada
di nebbia d’autunno,
solo lontano il fruscio
lento dei vaporetti
più vuoti. Nessuno andava
alle isole dei morti.
Troppo caigo intorno
e pericolo d’urti.
Dormiva la città
in quella gita ai primi di novembre.
Fu il giornale che ci destò
(noi due- tu allora
giovane ragazza)
me lo passasti muta
trasalita oltre il trucco
un po’ sfatto e mi guardasti
senza risposta.
Fummo subito sepolti
tra il gelo della nebbia e la notizia
fresca di giornata, Pier Paolo morto
e così come un vuoto d’anima
e quale lascito, quale memoria
e altri libri e film divorati…
da domani poi… solo deserti
non più scritti corsari.
Ci mancava il respiro
su e giù tra i ponti
eravamo mano nella mano
un po’ più soli, per sempre.

Roberto Taioli

COME IN UN RACCONTO GIALLO

mente intellettuale come in un racconto giallo
ricostruendo segni e segnali di senso dispersi
nell’Opus un lettore ovvio intelligente
paziente appassionato scruta elabora
e scopre indizi e prove testimonianze teatrali
di verità dure a dirsi apertamente ma solo
esprimibili ambiguamente da
un diverso nascere morendo o anche morire
di parto nascendo come ragazzo — madre vittima
e carnefice con la volontà di essere poeta che
se ne va in un verso che non comincia ma finisce
un poeta nuovo e vero superato ma assimilato
che ha alimentato il fuoco sotto il crogiuolo
in attesa dell’elisir di vita realizzando il
montaggio metaforico dell’opera il racconto vissuto
della fine e dell’inizio archetipo del mistero
l’ultima scena sotto un’ombra di Morte

Franco di Carlo

UCCISI I NOSTRI FIGLI

Sei freddo, paura più non hai
della fatica spesa
nell’agitata
tua vita

Troppo lontano sei giunto
e la veggenza no
non ti salvò
dai finti
Santi

Esposti siam tutti quanti
a perdersi. Tu primo,
non hai esitato,
non l’hai celato
al mondo.

Venne
tardi
il giorno
in cui muti
apprendemmo le
profezie tue svelate.

Allora,
senza capire
qui siamo rimasti,
nude vittime d’inganno.

Colpa
d’infami
padri, indegni
dell’anima leggiadra
andata in dote ai figli.

Così su quella spiaggia passò Medea, ti riconobbe suo erede, l’apolide
oracolo nato come molti da genitore vile, lasciato ad un destino di vite
offese e d’incompresi sentimenti. Ti vide lei, Medea tua madre, sposa
ripudiata del maschio abietto, ed ebbe paura e pietà. Allora ti tolse il
respiro: ti lasciò freddo ma invincibile, senza più bisogno di carezze.

P.P.P im memoriam
Anna Bertini

POLAROID
(Cronaca nera)

La notte devia il corso delle povere cose
rimaste abbandonate:
un cartello rotto, un tubo di ferro,
sono ora corpi contundenti
accanto a un volto sfigurato

Rimane l’ombra dell’ultima parola
nella slogatura della bocca,
mastica il dolore di quella terra nuda

Poi la prima luce del giorno mostra un corpo duro e solo,
tutto quel rosso che ferisce gli occhi di chi guarda:
la fossa mai terminata, la faccia come un disegno sbagliato,
le fiamme di un’Italia che brucia

Nino Iacovella

A PASOLINI

Sono andato in giro
da solo stavolta
per fossi e suburre
e marane nascoste.
Ho visto un’orma
traguardare le canne
a cercare capanne
nascoste nel greto
per trovare un contatto
anche coi segni
col padrone del luogo.
Anch’io cerco in quell’uomo
i sassi che restano
setacciando l’oro.

Lorenzo Poggi

AL FUNERALE

Tra ciglia e fazzolettini, rose composte, mani arrossate in guanti di raso.
Tra umili Silenzi, guance Che si sfiorano e Velluti Partigiani, io e te dove Tutto è lasciato.
Ne è rimasto di tempo?
Un poco, moonlight.
Ascolta, questa canzone per gatti fa Scendere lo sguardo fin sotto le foglie, fino all’ultimo respiro.
Avvicinati.
Sembrava un ragazzo il poeta che si aggirava nel buio di queste pagine. Le parole del viale si piegavano allo sguardo, Sulle pietre, sul tempo che aveva in pugno. Poi quella sua morte Attenta, letteraria, ne Sono Certo.]
Fino all’ultimo respiro, moonlight.
Lo avrei ammazzato io piuttosto, col pretesto di un bacio, di una canzone al buio.
Ora le rose composte. Le ultime parole ai sassi.
Escono.

Lucio Mayoor Tosi

PRE-SENZA (in memoria di PPP)

assenza e presenza stessa
età ai margini di un foglio
bianco e nero un orlo cucito di labbra
come fondo d’immagine parla
l’opera di voce di una generazione
precisa umanità di rimpianto tutta

sassi avvicinano lidi di silenzio nell’afonia di paese
ai passi segnati di croce a madre sul bordo gravina:

la realtà sembra un lungometraggio abbandonato
tra rughe di pensiero e titoli di coda mai sbiaditi

Angela Greco

7 commenti
  1. Rimane l’ombra dell’ultima parola
    nella slogatura della bocca, (N.Iacovella)

    Ora le rose composte. Le ultime parole ai sassi.
    Escono. (L.M.Tosi)

  2. Un ringraziamento a nome di una generazione (la mia) che non ha visto Pasolini, ma l’ha vissuto nelle sue parole e nei suoi insegnamenti.

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