Voglio narrarmi il corso di quelle ore:
sotto il fico i fanciulli addormentati
dopo le nozze subite beati:
dei freddi padri io paventai il rigore.
Bene! ché a voi mi piacque d’accordare
la forte goccia dal mio fido anello
provvida per la sera in cui le stelle
io non potessi ormai più riguardare.
Eletti! poi che m’appressai benigno
né la felicità mai impallidisce
che soltanto nel sogno vi fiorisce
quale dai vostri volti ora indovino.
*
Le linee dei nostri chiari mondi,
i poggi gai di vigne incoronati,
tra snelli pioppi l’asolo stormire
e la vena di Tivoli soave
come flauti d’amore presagite?
Levate il capo biondo: conoscete
la danza delle brume alle lagune
tra i carici e le dune sterminate
il tuono d’organo degli uragani
e il fragore del mare spaventoso?
*
Per oggi lasciaci solo
parlare di fati stellari!
Io vorrei giubilare, ma sono
pallido dal miracolo:
il discepolo della saggezza
sceglie l’enigma dei Veda
e rompe la notte del cieco
col gesto di un dito:
con inconsapevole orgoglio
reca un fanciullo dall’Eden
una gemma più rara
di qualche reame.
*
Croce della strada…
Siamo alla fine.
La sera è già calata…
E’ questa la fine.
Breve cammino
chi mai stanca?
Troppo dura ormai…
Il dolore stanca.
Attiravamo mani:
perché non le hai prese?
Sospiri sospesi
non hai dunque intesi?
Per la mia strada
ormai tu non procedi.
Lacrime cadono
che tu non vedi.
*
Se le mie labbra premono le tue
io vivo nel tuo intimo respiro
e poi dal corpo tuo che mi circonda,
a cui pare m’accendo, sciolgo il nodo
e da te mi ritiro a capo chino:
è che indovino in te mia propria carne –
in paurose lontananze oscure
con te fiorii di un cespite regale.
Stefan George (traduzione di Leone Traverso)
Stefan George, poeta tedesco, nasce a Budesheim Bingen nel 1868. La sua concezione della poesia è incentrata sulla figura del poeta-vate e sul carattere evocativo della parola. Tra le sue raccolte Eliogabalo, 1892, Il tappeto della vita e i canti di sogno e di morte, 1900, in cui il poeta si sente investito di una missione suprema e Il settimo anello, 1907, dove Dante Alighieri compare come modello ideale di artista contemplativo. Muore nel 1933 a Minusio, Locarno.