Insieme a Eliot e Pound, Wallace Stevens costituisce uno dei vertici della poetica americana del ‘900. Nasce in Pennsylvania nel 1878. La sua opera si incentra sulla funzione della fantasia e sul suo rapporto dialettico con il mondo sensoriale. Il compito del poeta è quello di operare una fusione tra le “cose come sono” e le “cose immaginate”. Realtà e fantasia sono i due termini chiave della sua poetica, due mondi antitetici di cui la poesia deve realizzare la sintesi. Nel 1923 esce la raccolta Harmonium e nel 1937 The Man with the Blue Guitar (L’uomo dalla chitarra azzurra); la chitarra e il colore azzurro in un rapporto fruttuoso fra realtà e mondo dei desideri. Nel 1947 esce Transport to Summer (Passaggio all’estate) e nel 1950 The Auroras of Autumn (Le aurore dell’autunno). Muore ad Hartford, Connecticut, nel 1955.
VII
Un mattino d’estate, agile e fiera,
Un’orgiastica ronda di creature
Canterà al sole inni di fedeltà:
Non un iddio, ma degno d’esser dio,
Nudo fra loro come una sorgiva.
Un cantico sarà di paradiso,
Scaturito dal sangue che risale
Al cielo: ed entrerà nell’inno il vento
Del lago di cui gode il loro sire,
Voci d’alberi angelici e di clivi,
Coro che in echi lunghi si riverberi.
E divina sarà la comunione
Dei morituri e del mattino estivo.
Dirà dove va l’uomo e donde viene
La rugiada cadente ai loro piedi.
XVIII
Un sogno (se così si chiama) in cui
Io di fronte all’oggetto possa credere,
Un sogno non più sogno, ma una cosa
Di cose vere, come la chitarra
Dopo lungo grattare in certe notti
Il tocco dà dei sensi non dei diti,
Degli autentici sensi quando sfiorano
Dei vetri il lustro. O quando giunge l’alba,
Quasi luce in riverberi di scogli
Emergenti da un equore di ex.
XXVII
E’ il mare che di bianco tinge il tetto
Il mare ondeggia nell’aria d’inverno.
E’ il vento boreale che fa il mare.
Il mare è neve che giù cade a fiocchi.
Questo lutto è la tenebra del mare.
Geografi e filosofi, guardate.
Sarebbe, se non fosse il calice
Salmastro, ed i ghiaccioli sulle gronde,
Il mare una ridicola parvenza.
Le poste dei ghiacciai vi deridono
Il genio che se stesso non sa essere
Che gira e sposta la mobile scena.
Wallace Stevens (traduzione di Renato Poggioli)