
Giorgio Bassani, Bologna, 4 marzo 1916 – Roma, 13 aprile 2000
La difficile antologia di Giorgio Bassani poeta in versi reca innanzi soprattutto – continuamente risolvendolo e riaprendolo – il problema dell’arte come contemplazione assoluta d’una esistenza che pur occorre vivere senza mezzi termini, con tutte le sue passioni e i suoi strazi. Un impegno grave, dunque, perché tendente ogni attimo a raccomandare a chi l’ha assunto d’appoggiarsi alla storia, alla logica, magari ad una conversazione maieutica come Socrate, e cioè a straniarsi dalla poesia, che – come tutti sanno – non ha misericordia per chi tenti l’evasione dai suoi dominii d’immagine e di stile. Ora, invece, Bassani, da quando s’è dato da fare con le frasi ” che vanno a capo” e si reggono sui ritmi precisi del parlar cantando, ha sempre, ed in modo piuttosto perentorio, respinto via da sé quell’errore, sia nelle prime prove, ormai abbastanza lontane nel tempo, di L’alba ai vetri, sia nelle altre, più prossime, di Epitaffio e di In gran segreto. Ne è venuto, sin dall’inizio, un andamento poetico assolutamente particolare ed inedito, dove la vicinanza con le altre voci maggiori del nostro tempo non ha neppur bisogno d’essere sottolineata, tanto è evidente nel lessico asprigno e nella convinzione recisa dell’atteggiamento etico; ma dove rimane altrettanto impossibile, al di là dell’immediata superficie, qualsiasi apparentamento o richiamo. Bassani aveva esordito figurando l’angoscia del suo dilemma fra arte e vita con le struggenti querele dei primi versi, di Te lucis ante, di Un’altra libertà (le tre raccolte contenute in L’alba ai vetri), dove la poderosa struttura gnomica del discorso riusciva in perfetto equilibrio con una sorta di esuberanza melodica. Per ripresentarsi, dopo un ventennio ancora in versi, rispondendo a un impulso che si può definire nostalgico e più fortemente elegiaco, ecco ch’egli ha provveduto alle insidie d’una passionalità impetuosa, mutuando le cadenze dalle lapidi funerarie o dall’ovvio conversare quotidiano. E l’incanto dell’equilibrio è stato riottenuto.
Franco Giovanelli
DALLE TORRI DI FERRARA
Dalle torri di Ferrara
vola ormai la dolce luce,
ma a una grata nera, avara,
chi ti volge, chi ti induce
o carezza della sera?
Chi risponde a una preghiera,
ad un pianto abbandonato,
con questa esile fanfara?
Oh non cada sera, alcuna
notte mai se non vi porti
per lo spazio, per la bruma,
suoni deboli e distorti,
rari, trepidi segnali,
quando le ore son più eguali,
quando più lontano è il giorno
e ogni grido è sopra il mare.
DA QUANDO
Da quando
ho deciso di non rispondere
mai più
a una tua lettera
nessun’altra lettera mai
ho più potuto
nemmeno aprirla
Lascio
che vengano
che mi cadano attorno
che giacciano laggiù ai miei piedi
capovolte e inevase
zitte
come me come ormai la mia
vita
RACCONTO
Mentre scendeva in macchina giù dalle brulle
montagne dell’interno mentre guidava
verso il mare e la luce di
Fonteblanda
sentì a un tratto d’assomigliare a quell’esile scuro
albero là ritto da solo sull’ultimo
crinale proprio a quel vecchio
pino
di stare aprendosi come lui adagio
adagio per un’altra volta
ancora al tenero
mattino
Giorgio Bassani
Giorgio Bassani, poeta e narratore (Bologna 1916 – Roma 2000), visse sino al 1943 a Ferrara e in alcuni suoi romanzi narrò, spesso in chiave autobiografica, l’emarginazione della sua gente durante il fascismo. Le sue opere più significative, quasi tutte riunite ne Il romanzo di Ferrara (1974), sono La passeggiata prima di cena (1953); Cinque storie ferraresi (1956); Gli occhiali d’oro (1858); Il giardino dei Finzi-Contini (1962); L’odore del fieno (1972). La sua produzione poetica è stata raccolta nel 1983 nel volume In rima e senza.