“L’uomo si sente chiamato” di Rocco Scotellaro: immagini di vita vissuta e memoria della scoperta di altri orizzonti, di Donato Antonio Barbarito

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Parco Gallipoli Cognato

Alta valle della Salandrella e della Misegna, gli orizzonti dell’infanzia! Gallipoli, Le Manche, Montepiano, Traveta, Monte di Mella: corona di crinali boscosi e picchi rocciosi. Anfiteatro di versanti solcati da torrenti convergenti a valle. Un orizzonte ben circoscritto di monti, di verde, di valli. Sorgenti e ruscelli. Solchi profondi. Anfratti e dirupi.  Luoghi e contrade a noi familiari. Solamente la foresta di Gallipoli sentivamo lontana e misteriosa. Dal versante della Salandrella, visibile nella sua distesa di verde, di dirupi e di valli, giungeva di notte l’abbaiare dei cani, e talvolta l’ululato dei lupi. La sera, d’estate, bagliore di luci. I mandriani, punteggiando di fuochi luminosi gli oscuri orizzonti, ravvivavano le tenebre delle foreste, ricreando atmosfere e tradizioni millenarie.  Il versante opposto, quello del Basento, della “jumara”, dell’agrifoglio dall’alto fusto, “Cima del Maggio”, era il mondo di una intricata foresta per noi ancora ignoto e irraggiungibile.a4b48f1010 Ed invece, un giorno, quasi una fuga a piedi verso l’ignoto, al di là di quella cresta di monti, dove ci sembrava il cielo congiungersi con la terra, si aprì la visione incantevole dei picchi dolomitici emergenti dalle nuvole; un’ ampia vallata di verde e profili lontani di altri paesi ed altre dorsali di monti. Laggiù, sulle rotaie lungo il Basento, lo sferragliare di un treno tra colonne di fumo e fischi acuti. Scomparve e di nuovo riemerse per perdersi lontano oltre il verde della foresta e la stretta volta della galleria Carbotto. Una nuova visione davanti allo sguardo incantato, un mondo più aperto, che andava oltre il vissuto…

Donato Antonio Barbarito

 

L’UOMO SI SENTE CHIAMATO

Le mulattiere svolgono coi sorbi.
L’uomo si culla nel basto,
nei punti morti grida sulle bestie
e parla di niente e di nessuno
al ventilare di irridi mosconi.

Mi chiama un vecchio, il vignaiuolo,
che vuole da me?
Gli faccio cadere la sua parte,
due cicche appena nelle mani a barche.
Tossisce, si allontana,
ripete che le ciliege
il padrone le ha già colte,
dispiaciuto che non me ne può dare.
Ma come se ne va con passi indietro,
già che era venuto
qualcuno a visitarlo!
Mangia il pane col cane che lo lecca
nella cassetta delle tegole rosse:
i falchetti fischiano nei nidi di roccia
come pulcini nel cuore del caldo;
la zappa cade in giro alle pietre del pozzo
fa il rumore che risponde nelle quercie.

Io faccio, se mi muovo, sgretolare
la bara della breccia del cantone
dove sono andato a stare.
Passa un campanello di bronzo
nel collo dell’asino, fa una canzone.
Il sole ha toccato il ventre alle cicale,
il treno è sgusciato dalla dolomite
e il rombo è duro nel bosco di Cognato.
Cade un silenzio pieno di chiamate.

Rocco Scotellaro

1 commento
  1. Poesia che esprime un mondo antico, contadino, solitario, fatto di cose concrete e di gesti antichi coi suoi valori sociali, nel quadro di quel Sud arretrato e postbellico, ansioso di cui Rocco Scotellaro fa parte … Le cose hanno parimenti una loro vita (il basto, la zappa, la campanella di bronzo…) Col contadino, il vignaiolo, nel “ silenzio pieno di chiamate” Scotellaro recupera una forma di conciliazione psicologica sia con se stesso che con il suo gruppo d’appartenenza . Immagini statiche, sospese nel tempo e nello spazio, che trovano il cantore di miti perduti. A ragione Amelia Rosselli scriveva di lui, alla sua morte:

    “ Rocco vestito di perla / come il grigiore dei colli vicino al tuo paese/
    mostrami la via che conduce/ non so dove.

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