Lirici greci. La lirica monodica: Anacreonte

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Anacreonte nacque a Teo, sulla costa ionica dell’Asia Minore, intorno al 570 a.C. Quando Teo fu concquistata dai persiani, fu costretto ad emigrare ad Abdera, sulla costa trace. L’ascesa al potere nell’isola di Samo di Policrate, determinò una svolta importante nel suo iter poetico. Invitato alla corte del tiranno, vi rimase sino al 522. Godette una posizione di rilievo sino al punto da intervenire direttamente negli affari politici del governo. La morte di Policrate portò il poeta ad Atene alla corte di Ipparco. Perdiamo le sue tracce con la morte di Ipparco (514 a.C.); forse si recò in Tessaglia presso gli Alevadi, come lasciano supporre due epigrammi attribuitigli nell’Antologia Palatina. Visse sino all’età di 85 anni, quasi certamente morì a Teo, dove era la sua tomba e dove una statua ne celebrava la memoria. Il panorama tematico delle sue Odi è ampio e vario, ma privilegia il tema dell’amore: un amore raffinato, un amore immaginoso e bizzarro, come mostrano le simboliche raffigurazioni di Eros (pugile, fabbro, alato). Accanto ad Eros e Afrodite ben presto subentra l’elemento dionisiaco: donne e uomini di diversa indole sono caratterizzati sullo sfondo del loro ambiente. Se escludiamo i papiri di Ossirinco che ci hanno restituito 14 frammenti, l’opera di Anacreonte ci è stata conservata in stato frammentario dalla tradizione medievale attraverso citazioni di scrittori e grammatici della tarda grecità.

1

Ti supplico, cacciatrice,
bionda figlia di Zeus,
Artemide regina
di belve feroci,
tu che ora presso i vortici
del fiume Letèo
lieta spingi lo sguardo
sopra una città di uomini forti:
tu non sei la guida
di cittadini feroci.

 

6

E’ giunto il mese di Poseidone:
le nubi sono pregne di pioggia,
rombano bufere selvagge.

 

9

Ancora Eros chiomadoro
mi colpisce con una palla scarlatta
e m’invita a giocare
insieme a una fanciulla
dalla scarpina ricamata.
Ma lei viene dalla ben costrutta Lesbo:
disprezza la mia chioma grigia
e guarda un’altra a bocca aperta.

 

12

Perché svolazzi così,
tu che hai sparso profumi
sopra quel petto
più cavo d’un flauto?

 

23

Sulla fronte intrecciamo
ghirlandette di apio,
iniziamo la festa fiorita
in onore di Dioniso.

 

26

Avanti, ragazzo
portami un orcio
voglio berlo tutto d’un fiato,
versa dieci misure di acqua
e cinque di vino:
ancora voglio fare il baccante
ma senza ferocia.


Avanti, riprendiamo
a bere ma non più trincando
con strepito e schiamazzi
come fanno gli Sciti:
sorseggiamo in mezzo ai bei canti.

 

31

Donami, o caro
le tue morbide cosce.

 

46

Sento che medita tristezze,
la ben nota donna,
e spesso parla così
accusando il suo demone:

“Come sarei felice, madre mia,
se portandomi verso il mare crudele
tu mi gettassi là mentre ribolle
di nere onde…”

 

62

Mio pranzo fu un piccolo morso di focaccia
ma bevvi sino in fondo un orcio di vino
e ora dolcemente faccio vibrare la cetra gentile
e canto per la mia fanciulla.

 

81

E si cinsero il petto
con ghirlande intrecciate odorose di loto.

Anacreonte (Traduzione di Giulio Guidorizzi)

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