Sette poesie di Gaetano Speranza

follia

IN PRINCIPIO ERA IL VERBO

Fresche, altere e ben stirate se ne stavano
le Parole, all’Atelier dell’Alto Modo.
Venendo a patti con formosi corpi,
finì che erano strette, o un po’ strettine;
oppure, sbottonate, puntellavano
straripamenti; e quelle più indulgenti
men s’attagliavano che da paracadute.
La loro fine fu di stracci in bancarelle,
dopo che l’ebbe elette il Gran Milieu
a coprimenti nei suoi ricevimenti.

 

CREDERSI

Al confluire di generare e gemito,
sorge dentro la nostra replica di storia
la Gemma concettuale che – vita e cristallo
(simbolo di sostanza che sconfina) –
è forma in un colore che si prende fine.
È nella lotta fra dualità la nostra piccola
scelta apparente per l’appartenenza
a una luce di stella; è estro di battaglie,
che memore rigemina
un germe d’io che si vuol generale.

 

NON POSSO FARLO

Non posso fare gli auguri a quella Madre
che serba in grembo l’oro come il seme,
che s’apre dopo l’ultimo tragitto
per ogni vita che l’ebbe ripudiata
per vendere e comprare il proprio gioco
d’incontrollabile supremazia.
Propineremo al nostro prezzo il nostro pazzo
credito d’ircocervo, fino a quando
l’esponenziante metro dell’espiantazione
non avrà più il supporto d’una briciola;
ma prima porterà al più caro costo
ciò ch’essa linearmente avrebbe dato
un tempo in dono a chi si fosse arato
tenendo a mente il nesso alla sua zolla.
Non posso farlo: sarebbe altro dileggio!

 

MACABRO SPOT

Un secco colpo di coperchio che si chiude
con un rumore finale, ligneo, sordo
lascerà ancora fuori solamente
le brevi vite di nostalgia e ricordo
fino alla loro bara.
Ci ritroviamo a meditare sulla morte
pressocché sempre solo quando a nulla serve.
E quasi ognuno dice – Per fortuna!
Per la fortuna, infatti, del superfluo.

 

NORMALITÀ

Ci è voluta una vita per non abituarmi
ai futuri impasticcati degli eccessi
che sorridono al padrone che li alleva
sulle gote dell’età degl’ideali;
alle invidie recitanti nella chiacchiera
vomitate da chi avrebbe della madre
il ventre, e non le plastiche che allattino
favori nei pascià del tradimento;
alla saggezza di tombole e miracoli
pregati in serie come litanie nei colpi
sopra una leva di robot dal tabaccaio
dalle speranze di cucire ultimo ascolto.
Ce ne sarà dell’altra – chissà – disponibile,
che non regalerò alla depressione
e non relegherò nel godimento,
per adattarsi ad essere disadattato.

 

DVÁITA

Esistono due gioie e due dolori;
due dignità, due ardori;
due uomini, due amori
al pendolo tra verità e denari.
Due felicità. Una finta – rubata;
quella invidiata, che propaga guerra.
Una da pace attinta – ringraziata –
che non starnazza cieli
di gommata amicizia.
Prima o poi tutto ti si sottrarrà.
La Grande Pace
sarà stato il migliore tuo esercizio.

 

PIETRA FILOSOFALE

È che non si sa più
distinguere un reale da un fittizio,
dando risorse e conferme
solo al secondo.
Sostiamo alla follia. Oramai dobbiamo,
per andare avanti,
abbozzare a castelli di carta
e a percorsi di ombre, credendo
di poter combinare
qualche lì-nostro-fare.
E in tutto questo, ci si chiede pure
– sprezzanti – se s’era mai saputo.

Gaetano Speranza (Gae Spes)

37fdb1eNato a Napoli, dopo studi liceali classici e la laurea in matematica, consegue l’idoneità al perfezionamento presso la Scuola Normale Superiore di Pisa. Insegna presso l’Istituto Galileo Galilei di Roma. Si dedica costantemente alla ricerca scientifica e ha pubblicato nel campo dei fondamenti della matematica, dell’analisi matematica, della linguistica formale, dell’interlinguistica, dei modelli matematici in ambito linguistico. Cresciuto in un contesto attento alla riflessione linguistica (il padre filologo classico e la madre insegnante di lettere classiche), si è dedicato fin da adolescente allo studio della linguistica (e delle lingue in generale) e anche alla poesia, che egli vive come indissolubilmente legata agli interessi della sfera matematica dall’idea unitaria di “formula” come condensazione polisemica di una pluralità dialettica e come “motore di nessi”. Ha esposto alcune sue poesie, illustrate figurativamente dalla pittrice Bruna Baldassarre, a Roma (a cura dell’EPT, Ente Provinciale per il Turismo, di Roma), Tivoli (a cura dell’EPT locale) e Salisburgo, e ama occuparsi anche della trasposizione in italiano e in esperanto di testi poetici. Ha pubblicato su alcune riviste letterarie. Segnalato al Premio Internazionale “Eugenio Montale” nel 1993, alla North American Open Poetry Competition nel 1994 (per la poesia in lingua inglese), e, nel 1995, al premio letterario “L’artigiano poeta” della Associazione Siciliana di Cultura, Arte, Musica e Spettacolo. Tra i poeti prediletti: Quasimodo, Rimbaud, Lorca, Alda Merini.

1 commento
  1. Nella prima non riesco a capire “men si attagliavano che di paracadute”: forse c’è un’ellissi che non riesco a individuare. Segnalo “Gran Milieu”, dove – per me – manca la ‘d’ a “Gran”. Saluti.

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