Concita De Gregorio, “Così è la vita – imparare a dirsi addio”, Einaudi, letto da Dante Maffia

cosi-e-la-vita-140_referenceQuando ho finito di leggere questo libro sono rimasto frastornato, con dentro un ribollire di sensazioni e perfino di percezioni che mi pareva di avere attraversato tempo prima, ma che mai avevo coagulato in qualcosa di concreto, in una idea, in un ragionamento, a parte l’impossibilità di affermare con certezza se si tratta di un trattatello sulla morte, sui valori della vita, sul senso dell’essere o sulla possibilità di poter entrare in quella invisibile sfera poetica che livella l’umanità e dà lievito ad argomenti delicatissimi. Sì, per la prima volta, escludendo alcuni classici come Auto da fe’ di Elias Canetti, Rulli di tamburo per Rancas di Manuel Scorza,  Pedro Paramo di Juan Rulfo, Cecità di Saramago e Morte di Virgilio di Broch, mi trovavo al cospetto di pagine grondanti quel dolore fisico universale che modifica lo sguardo di chi legge e lo dirige verso le situazioni alle quali non bisogna sottrarsi. Non bisognerebbe sottrarsi! Perché il mondo odierno sfugge il contatto con tutto ciò che è dolore, sofferenza, perfino tenerezza, comprensione dei bisogni dell’altro, caduta a picco nel disordine e nella sporcizia, nella morte. Concita De Gregorio invece non esita ad affrontare tutto ciò con libertà assoluta, con franchezza, senza patemi, senza preoccuparsi di dover dare conto alla politica. Perché questo atteggiamento neutro e indifferente, e lei lo dice e lo ribadisce più volte, è politica. Da qui la sua attenzione e la sua analisi innanzi tutto sui comportamenti che di solito si tengono coi bambini dicendo loro bugie quando un familiare chiude gli occhi per sempre. “E’ partito per un lungo viaggio”… come se la menzogna non creasse poi disastri peggiori della verità. Ma il libro non si ferma a ciò e batte e ribatte sulle note dolenti della condotta di una società che aborrisce la vecchiaia, la rigetta, la tiene segregata e spesso la sevizia. La De Gregorio non lo fa soltanto con l’indignazione dovuta dinanzi ad atteggiamenti di questo genere, ma con una dovizia di documentazioni a dir poco sbalorditiva. Il suo piglio giornalistico si tramuta in accenti di letteratura sociologica di grande spessore e di conseguenza il ragionare si fa dotto e perspicace aggredendo i luoghi comuni in cui da decenni la società è precipitata negando la vecchiaia e facendo di tutto per essere diversi da quel che si è. Gli esempi di vecchi belli e che hanno dato un contributo non indifferente al mondo sono riportati ma senza instaurare paragoni o infettare di presunzione l’argomentare. La giornalista che sonnecchia nel fondo del cuore della saggista e della narratrice non ha trascurato di fare le dovute ricognizioni sia per quanto riguarda i casi che dimostrano le sue tesi e sia per quanto riguarda i film e i libri che trattano del dolore e della morte, e le sorprese non mancano neppure per lettori onnivori come me. Credo che un testo di questo genere andrebbe fatto conoscere nelle scuole per abituare i ragazzi e i giovani a meditare su un problema che tocca da vicino tutti. Concita non ha utilizzato paroloni e concetti astrusi in nessun caso e quindi la materia arriverebbe chiaramente nelle menti e nelle coscienze degli studenti, perché non si può, non si deve eludere di affrontare questa piaga dilagante della diversità con atteggiamento superficiale, anche perché poi si riversa anche nei riguardi di altre faccende, come quella degli immigrati. Credo che gli intenti reconditi di Concita De Gregorio siano stati quelli di insegnare un metodo, di invitare a provare ad essere se stessi, sempre, quale che sia l’aspetto esteriore di ognuno. Una lezione da non trascurare e che, secondo me, prende le mosse da lontano, da Seneca, da Montaigne, da Pascal.

Dante Maffia

concita-de-gregorio-619x376Nata nel 1963 a Pisa Concita De Gregorio è laureata in Scienze Politiche. Ha iniziato la professione nelle radio e tv locali toscane passando poi a «il Tirreno» dove, per otto anni, ha lavorato nelle redazioni di Piombino, Livorno, Lucca e Pistoia. Nel 1990 è passata al quotidiano la Repubblica, dove si è occupata di cronaca e di politica interna. Dal 2008 al 2011 è stata direttore de «l’Unità». Tra le sue pubblicazioni si ricordano Non lavate questo sangue (Laterza, 2001); Una madre lo sa. Tutte le ombre dell’amore perfetto (Mondadori, 2006); Malamore. Esercizi di resistenza al dolore (Mondadori, 2008); Così è la vita (Einaudi, 2011); Un giorno sull’isola (Einaudi, 2014); Mi sa che fuori è primavera (Feltrinelli, 2015).

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