La produzione poetica di questo periodo ( 96 a.C – 192 d.C) è caratterizzata dalla ricerca del vocabolo raro e il riferimento a modelli letterari appartenenti al passato. Nella lirica le preferenze dei letterati (fra i quali si può annoverare lo stesso imperatore Adriano, di cui ci sono pervenuti alcuni versi) andavano ad una poesia di ispirazione alessandrina, levigata nella forma, ricercata nello stile e nel metro. I modelli erano nella produzione dei neoteroi. Già all’epoca di Traiano, il poeta Pompeo Saturnino aveva composto carmi a imitazione di Catullo e di Calvo. Ma fu in età adrianea che questa moda s’impose chiaramente. Appartennero al nuovo movimento Anniano, Settimio Sereno, Mariano, Antonio Giuliano e Giulio Paolo: il grammatico Terenziano Mauro, autore di un trattato di metrologia, li denominò poetae novelli, per sottolineare la loro volontà di rinnovare il gusto. Anniano, originario della regione dei Falisci, nell’Italia meridionale, fu autore di componimenti ispirati ai costumi della sua terra e intitolati Falisca. I suoi interessi sono le antiche feste e la vita campestre. Tali caratteri si ritrovano in Settimio Sereno, autore dei Docta Falisca e dei Ruralia, e Mariano, a cui si deve un’opera sui Lupercalia. I poetae novelli avevano a cuore rappresentazioni apparentemente spontanee, ma in realtà estremamente ricercate sia per l’argomento, erudito e antiquario, sia per lo stile, sia per il richiamo alla poesia bucolica e sentimentale. Il componimento forse più riuscito poeticamente ci è giunto anonimo col titolo di Pervigilium Veneris (La veglia di Venere): in esso si descrive una festa in onore di Venere, celebrata in Sicilia all’avvento della primavera.
Animula vagula, blandula
hospes comesque corporis
quae nunc abibis in loca
pallidula, rigida, nudula,
nec, ut soles, dabis iocos.
Piccola anima smarrita e dolce,
ospite e compagna del corpo,
che ti appresti ora ad atterrare in luoghi
stinti, rigidi, brulli,
mai più ti abbandonerai agli svaghi prediletti.
Publio Elio Adriano
(trad. di Luciano Nota)