La rosa, poesia di Luciano Nota

Una rosa rossa

LA ROSA

Ecco, prendiamo quel vaso
e in quel vaso mettiamoci una rosa,
che sia bianca o gialla,
rossa o arancione.
Cogliamola però in quell’orto
di fronte al quale s’erge il muro.
E’ quello che abbiamo lasciato,
credo, dieci anni fa,
ricchissimo di tagli ed incisi,
il più gremito di erbe.
Se vuoi, prendiamo anche queste,
e posiamole più in là;
poco distante c’è la fontana
colorata di frutti.
Ma se preferisci mettiamole nel fosso.
Hai scelto la rossa.
Contrasta col tuo colore, madre.
Riponila pure nel vaso.
Anch’esso è bianco e stanco.
Dove sei?

Stavo immaginando.

Luciano Nota

12 commenti
  1. Maria Grazia dice che è spiazzante; è vero lo è; tutta la parte semanticamente incisiva della poesia è racchiusa negli ultimi versi; eppure trovo interessanti anche le erbacce lasciate crescere per incuria da quando nessuno più se ne prende cura eppure il muro chiudeva ampi incisi di vita. La rosa alla madre, la repertazione degli incisi a noi, segmenti di vita, orme, indizi.
    Narda

  2. Finché c’è il noi – prendiamo quel vaso…, mettiamoci una rosa…, Cogliamola però in quell’orto…, E’ quello che abbiamo lasciato…, prendiamo anche queste, e posiamole più in là…, mettiamole nel fosso… – il dialogo memoriale con la madre è di una intensità sconvolgente, delicatissimo, ardente di poesia. Si tratta infatti di un soliloquio miracolosamente esplicitato al plurale. Poi c’è come una frattura – Hai scelto la rossa – e con il “noi” scompare anche parte dell’incanto poetico che però si recupera totalmente con la terribile domanda – Dove sei? – . Credo che abbia ragione Ennio Abate, l’ultimo verso è superfluo. In ogni caso, complimenti a Luciano!

  3. Dal noi al tu, dal tu all’io. Poi la perdizione, l’illusione. Questa lirica è nata dall’ultimo verso, il più vero, il piu essenziale. Esistenziale. Lo spazio bianco di per se stesso parla o tace, e respira solo per quell’attimo di coscienza. Il più duro.

    • Quest’ultima notazione quanto mai opportuna e illuminante (grazie, Luciano!) potrebbe essere lo spunto per una riflessione più generale che va ben al di là di questa singola, bellissima poesia. Si parte sempre, con infinite diversificazioni, da un dato in qualche modo reale o appunto “esistenziale”. In questo caso dalla realtà espressa “dall’ultimo verso, il più vero, il più essenziale. Esistenziale.” Ma quanto e fino a che punto la poesia può e deve trascendere la realtà?

  4. Una finestra aperta, sul tempo e sul ricordo animato, che si chiude bruscamente all’ultimo verso. Che fai alla finestra, Luciano, sogni? sì mamma, lo sai. Ora smetto ( uff…). Ti voglio bene ( stronza). Si può dire, senza offesa, sono altri punti di vista; ma poco importanti: sembra infatti che conti il risveglio alla realtà, che sarà nuovo, chissà, a me però sembra ancor poco. Non c’è autore nel qui e ora, ma è maggio e ci sono le rose. Ricordo La rosa bianca, di Bertolucci.

  5. Ua rosa colta nel ricordo della casa materna, ci porta alla fanciullezza di cui rimane il ricordo. E bello il dono della rosa rossa alla madre, un sogno, un ricordo, un tenerezza infinita.

  6. Si sa , con una poesia sulla figura materna ( o paterna ) ci si gioca la reputazione , inispecie se non si hanno più trent’anni . Luciano ha accettato il rischio e la scommessa , cavandosela egregiamente , come le note di questo agguerrito parterre testimoniano .Anch’io unisco idealmente la rosa bianca di Bertolucci a quella di Luciano ; un bel tandem .
    leopoldo attolico –

  7. il tono, innanzitutto, mi preme sottolineare : tenero, affettuoso, pasoliniano nel ritrarre un sentimento di amore verso la madre.
    e poi lo smarrimento, quel ” dove sei ? ” finale che io non sento superfluo, ma leggo come un interrogativo di ricerca, quello che spesso esce dalla mente/bocca di tutti coloro che purtroppo hanno dovuto interrompere il rapporto con la madre.
    e, come sottolinea Narda, è interessante anche quel muro ” ricchissimo ti tagli e incisi “. E quali mai saranno i tagli su di un muro, quali gli incisi, se non quelli del discorrere quotidiano a due, del dialogare con chi ci ha messi al mondo per cercare di graffiare, incidere, il muro che sempre, sempre circondale persone, specie quelle più sensibili e che spesso solamente certe madri sanno intuire, afferrare, mettere a nudo con ” gli incisi ” ( lo intendo non derivato dal verbo incidere, ma dal senso comune che diamo, scrivendo alle parole messe tra i trattini, i soliti ” detto per inciso ” .
    Sì, una poesia chiara ( che Dio benedica i poeti che scrivono con chiarezza ), leggibile, e ricca di amore.
    grazie

  8. “La rosa” è una vera e propria conversazione scritta a più voci. La madre vive nei luoghi e tra gli oggetti cari, è una confessione di amore e insieme un riconoscimento di affetto quasi devoto perpetrato attraverso gesti semplici. Una domanda finale a chi purtroppo ha lasciato chi scrive non è per nulla tautologica ma codifica la ricerca continua di quella presenza da cui il poeta ha ereditato sorrisi o che l’avrà consolato da pianti e dolori, come questo fiore, per eccellenza forse la litania migliore attraverso cui manifestare una solitudine attuale che nel gerundio finale chiude il componimento per aprire nel cuore la ferita del ricordo, l’emozione di un rapporto che nemmeno la terra con le sue leggi ferine spezzerà mai.

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