“Schermo”, poesia inedita di Giorgio Linguaglossa

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SCHERMO

Il Pappagallo becca sempre due volte nel pastrengo,
lascia le pantofole in soggiorno.
Sotto il grembiale la ladyboy è nuda.
«No, adesso il mago Woland è occupato, sta parlando al telefono con il Presidente».

«Pastrufazio è morto di sonno, lo sa?», insinua il mago Woland.
«Inoltre, il cortile litiga col ricordo.
Cosa del tutto inammissibile. Che vuole, non c’è più garbo,
caro amico!».

Un corvo col telecomando accende il televisore
e si accomoda in poltrona.
Google spegne la luce.

Le banconote sortiscono dalle cassette di sicurezza
per rifugiarsi tra le nuvole.

Il mago Woland porta al guinzaglio un rottweiler.
«La mascherina anti-coronavirus è dotata di nano filtri, si può anche lavare.
Sì, il Presidente parla sempre con la mascherina».
Adesso sta parlando al telefono:
«la recita andrà regolarmente in scena.
Scrivete pure: regia del mago Woland».

Behemoth è dal parrucchiere
per la messa in piega al nuovo mondo.
Il bacio si stacca dalla cartolina,
si posa sulla guancia della Ladyboy
che sorseggia il caffè.

Giorgio Linguaglossa

9 commenti
  1. cari amici e interlocutori,

    questo è un modo di scrivere (e di pensare) alla maniera della nuova ontologia estetica (NOE). Che cos’è la NOE?, penso che sia la risposta alla «zona grigia» in cui consiste la poiesis. Noi lo abbiamo detto e lo ripetiamo da molti anni: la Krisis è la «zona grigia» in cui si presenta il nostro mondo capitalistico.

    Ci troviamo da tempo in una «zona grigia» e non ce ne siamo accorti.

    Orban ha detto: «Ci penso io al Coronavirus» e si è preso i «pieni poteri». I nostri politici ciarlatani da circo Togni hanno reclamato e reclamano i «pieni poteri» per risolvere i problemi. Viviamo in un mondo di miracoli e di traumi. Le masse tele mediatiche aspettano l’evento miracolistico. E intanto vivono sotto il trauma di un essere piccolissimo che distribuisce la morte a piacimento.
    Morto Dio si è risvegliato il Signor Satanasso.
    Le masse immunizzate dalla scarlattina della idiozia mediatica credono alla diffusione del Covid19 da un laboratorio americano o cinese. Ciarlatani e pseudo intellettuali hanno affermato che si trattava di poco più di una semplice influenza. E intanto si moriva a centinaia al giorno. Le masse credono ciecamente a complotti inesistenti e ai miracoli. Ondeggiano in preda al panico.
    Un cardinale ciarlatano ha affermato che il Covid19 è stato inviato sulla terra da Dio per punire l’umanità per i peccati del divorzio, dell’aborto, per le libertà sessuali, per le promiscuità sessuali; i «poeti» di regime e gli sciocchi si sono precipitati a scrivere poesie sul Covid19 con annessa lezioncina d’amore e di ninna nanne soporifere…
    È questa la «zona grigia» di cui si diceva…

    • Anche questo denso e intenso polittico di Giorgio Linguaglossa, SCHERMO, va collocato, interpretato, compreso entro le seguenti 2 coordinate etico-antropologico-estetiche:

      1 – “È il «reale» che ha frantumato la «forma» panottica e logologica della tradizione della poesia novecentesca, i poeti della nuova ontologia estetica si limitano e prenderne atto e a comportarsi di conseguenza.

      2 – “La nostra petizione di una nuova ontologia è quindi la petizione per una nuova polis, per nuove leggi, per nuovi cittadini” .

      Coordinate in tutto e per tutto intrecciate con la “poetica della zona grigia” di cui parla a ragion veduta lo stesso Linguaglossa.

      Gino Rago

      • Estraggo uno stralcio dalla lettura di Francesco Solitario (Ordinario di Estetica e di Filosofia dell’arte contemporanea – Università di Siena) di una mia poesia (Il poeta vede tutto quello che il filosofo pensa) da I platani sul Tevere diventano betulle:

        *

        Così comincia a cantare Esiodo, e riferendosi a se stesso e al suo canto, così continua nei versi che seguono:

        «Esse una volta a Esiodo insegnarono un canto bello,
        mentre pasceva gli armenti sotto il divino Elicone;

        questo discorso, per primo, a me rivolsero le dee,
        le Muse dell’Olimpo, figlie dell’egioco Zeus:

        “O pastori, cui la campagna è casa, mala genia, solo ventre;
        noi sappiamo dire molte menzogne simili al vero,

        ma sappiamo anche, quando vogliamo, il vero cantare”.
        Così dissero le figlie del grande Zeus, abili nel parlare […]»,

        (Teogonia, vv. 22-29)

        Straordinario Esiodo, menzognero al pari e più degli dei che dicono che sanno dire “molte menzogne simili al vero”. È lui che mette in bocca agli dei la capacità di mentire che lui stesso in quel momento sta esercitando[…]
        *
        (gino rago)

      • caro Gino Rago,
        viviamo e operiamo in una sorta di «zona grigia» della storia umana.
        Fino all’epoca precedente del Coronavirus vivevamo in una appendice della storia. Pensavamo di vivere nella post-storia, nella storia del Dopo la guerra fredda, in un regime di storialità, molto diverso dalla dimensione storica dell’epoca precedente. Non ce ne eravamo accorti se non per lampi e per rapide intuizioni. Si continuava a poetare e a fare arte continuando gli stilemi del tardo novecento, non avevamo alcuna consapevolezza che il mondo era radicalmente cambiato. Si pensava di vivere in un mondo asettico, dove la nostra biologia era separata dalla biologia della vita animale. Le masse erano avvolte da questa nebbia che le accecava.
        Noi lo dicevamo da tempo che non si poteva continuare a vivere e a fare poiesis come avevamo fatto fino all’altro ieri, ma venivamo denigrati come menagrami, e si continuava a poetare alla maniera epigonica, si continuava a fare quadretti decorativi e rassicuranti.

        Poi, improvvisamente, tutto è cambiato, la pandemia del Covid19 ci ha messi di fronte alla nuova cruda realtà, alla cruda realtà della nuda biologia alla quale anche l’homo sapiens appartiene.

        Che cos’è la NOE?, la nuova ontologia estetica?, ecco, io penso che sia la risposta più urgente alla «zona grigia» in cui consiste la nostra esistenza storica e la nostra poiesis. Noi lo ripetiamo da molti anni: la Krisis è la «zona grigia» in cui si presenta il nostro modo di vita nel mondo capitalistico.

        Ci trovavamo da tempo in una «zona grigia» e non ce ne siamo accorti.

  2. Il riferimento pare se stesso.
    Il limite dell’osservazione è posto proprio sotto il naso. Uno schermo.

    Come se guardassi particolari in eccesso di sovraesposizione.
    Una miopia non correttamente curata, lasciata tranquillamente peggiorare.

    Il male di una propagazione totale è l’invisibilità.
    Questa è una poesia scritta da una talpa nell’accezione stessa che noi lettori,

    con le pantofole invertite,
    un senso o un particolare nel tutto riusciremo a cogliere.

    • caro Mauro Pierno,

      trovo esilaranti e precise queste tue osservazioni sulla mia poesia:

      «Come se guardassi particolari in eccesso di sovraesposizione.
      Una miopia non correttamente curata, lasciata tranquillamente peggiorare. Il male di una propagazione totale è l’invisibilità. Questa è una poesia scritta da una talpa nell’accezione stessa che noi lettori, con le pantofole invertite».

      Dopotutto, dopo tante ricerche ho capito che bisogna scrivere fregandocene del significato, della correlazione condivisa socialmente: significante/significato. Del resto lo afferma anche Agamben che di quella relazione è rimasta la barra /. E nient’altro. Siamo entrati nell’epoca della «nuda vita» (dizione di Agamben) o della «zona grigia» (dizione di Francesco Paolo Intini).
      Questo nuovo modo di scrivere e di pensare è proprio della NOE.
      Scrivere alla maniera dei lumbàrd e dei piastrellisti romani non ci interessa.

  3. … un giorno uscii con due calzini diversi, uno blu e uno avana. Me ne accorsi quando fui in metropolitana accavallando le gambe. Davanti a me era seduta una signora vistosa, con permanente, biondizzata e profumata la quale puntò gli occhi sui miei due calzini. Ecco, avevo messo i calzini invertiti. Avevo infranto una consuetudine condivisa inconsapevolmente dalla generalità attirando l’attenzione della bella signora. Così, un giorno, consapevolmente uscii di casa con ai piedi due scarpe diverse, un mocassino testa di moro con la frangia e una scarpa con i lacci nera con in più due calzini di colore e di foggia diversi. Presi di nuovo la Metro e accavallai le gambe. Il risultato fu che tutti gli utenti della metro mi guardarono le gambe e i piedi. Ecco, non avevo fatto nulla di particolare, ma avevo infranto lo “schermo” di una condivisione sociale accettata inconsapevolmente da tutti. Penso che la poesia debba avere il coraggio di fare questo.

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