con loro
per orizzonti di pianure
e accavallate strisce
di colline e montagne
sempre più fievoli le voci
che anime stremate
hanno lasciato
entro foschie lontane
come di sotto un velo
di tenerezza e rabbia
suoni distorti giù dal cielo
quasi di bestie che hanno cercato
qualcosa che c’era per perdersi
come acqua entro la sabbia
calore di fiamma nel gelo
e con loro sudare
in campi senza ombra
in opifici senza luci
con occhi di musi che sognano
ansimare per strade
sperdute di campagna
su treni-merci entro buio di prigioni
coi tanti loro volti a farsi
d’acero spuma
fumo e frastuono
fino al lampo del vero
luce bianca di gennaio
è così che se ne rivanno
un’altra volta via lontano
esposizione
radenti i raggi della sera
tra arbusti rinsecchiti e creta rossa
non gallinacci e cespi corridori
ma remoto un rumore e così lieve
una sottile linea scura
due lucide motrici Santa Fe
passa il convoglio chilometrico
con infiniti crocefissi
va verso un albero
lontano in un oceano immobile
sola incelabile oasi d’ombra
slabbrata dal chiarore
ma è oltre la lunga fila scura
entro un immenso cerchio vuoto
senza difese un’ultima volta
luccica prima che la sabbia
la esali bruco disseccato
miraggio di crepuscolo e calura
lungo la polvere sospesa
trema di faville la scia di luce
su questo tavolo
dove masticarono il loro pasto
lungo questa ringhiera
dove poggiarono le loro mani
su questi vetri
dove il mattino non trovarono
il paese lontano
altra gente ebbe poi questa casa
ma nel silenzio
i loro passi
le loro voci ancora qui
perché ogni vita andata
lascia ad accendersi
inesauribile un bisbiglio
lungo la polvere sospesa
Antoniette
anche per te noi ci vediamo
di qua del grande mare
devoti calpestiamo
i gradini di pietra dolce
consumati anche dal tuo piede
accarezziamo i mobili
su cui è passata anche la tua mano
– ah non sappiamo se ci vedi –
vorremmo che per un patto non detto
da oltre i tuoi recinti
di buio e stelle
la tua ombra scendesse
per ripercorrere le strade
che pioggia e tenebra cancellano
fedeli a te che oltre il grande mare
portavi il velo dei tuoi occhi
questo ci sentiamo di fare
– anche se non sappiamo se ci vedi –
perché tu non rimanga
un grumo di parole in bocca
entro pareti come di prigioni
sì questo noi possiamo fare
e vorremmo che tu
ci potessi essere
che non ti fossi fermata per sempre
non fossi affondata nella vernice
lucida liscia
di un ospedale senza cielo
grandland of liberty
un’aquila di vertigine su di te
grande terra di libertà che ghermisci
il cielo con miasmi acri e ungulate cuspidi
e semini silenzio e stupore
dai monti patriarchi
dalle praterie dai canyons dai deserti
i lombrichi dell’infimità sotto di te
che abbranchi e dilanii terre
irrefrenabile e noncurante
che getti avanzi ai diseredati
e poi l’uomo incappucciato
signore obliquo dei fuochi della notte
così gli indigeni scompigliati
come foglie ubriache d’acero
per un uragano interminabile
così le bestie scure disseminate
lungo i campi dietro casa
così i vinti alla deriva
tu lo ami il rosso quando fiero
trascina a brandelli
un carnevale di segni sanguinosi
ti commuove il nero
quando in ossessione
sfrena in canto il pianto
fuggiasca e conquistatrice la tua gente
sempre ovunque millepiedi di praterie
formicolio febbricitante per strade
banchine e cieli come per un’immane
prigione protesa
su oceaniche su celesti frontiere
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
ma a baciare il tuo suolo affranto l’esule
il contadino entro il recinto
il giusto nei boschi sopra balze oscure
mite il vagabondo all’acqua chiara
un fuoco che arde splende
un profumo lento nella sera
Luciano Cecchinel
Luciano Cecchinel è nato a RevineLago in provincia di Treviso nel 1947. Già insegnante di materie letterarie, ha pubblicato articoli e studi sulla cultura popolare e le raccolte di poesia Al tràgol jért (I.S.Co. 1988 – Scheiwiller 1999, con postfazione di Andrea Zanzotto), Lungo la traccia (Einaudi 2005), Perché ancora / Pourquoi encore (Istituto per la Storia della Resistenza di Vittorio Veneto 2005, con traduzione di Martin Rueff e note dello stesso Rueff e di Claude Mouchard), Le voci di Bardiaga (Il Ponte del Sale 2008), Sanjut de stran (Marsilio 2012, con prefazione di Cesare Segre), In silenzioso affiorare (Tipoteca Fondazione 2015, con prefazione di Silvio Ramat e 6 acquerelli di Danila Casagrande) e Da un tempo di profumi e gelo (LietoColle 2016, con postfazione di Rolando Damiani). Del 2018, presso Marcos y Marcos, la sua prima prova narrativa dal titolo La parabola degli eterni paesani.