Tre poesie di Henry Ariemma da “Un gallone di Kerosene” Transeuropa – 2019, nota di Plinio Perilli

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Conosco Henry Ariemma già da diversi anni, e lo apprezzo per una sua indubbia, macerata e pulsante originalità, che lo ha portato – da poeta (nato a Los Angeles ma ormai in toto residente e radicato a Roma, italiano di lessico e di raziocinio), classe 1971, l’anno, si badi bene sia di Satura, frutto senile di Montale, che di Invettive e licenze, l’esordio lirico di Dario Bellezza – a poetare “del vivere cuore che batte”, ma insieme a interrogarsi sul Bene e il Male, le ansie dell’esistere, il credo d’ogni fede, dolcezze o brutture del nostro pianeta azzurro… Insomma gli equivoci, i dissidi, o viceversa le oasi, le concrete speranze del nostro stesso Futuro; non più idealistico, evocato, ma realmente
gestibile, avverabile…

E sono passi nel recinto
quelli che più contano insieme,
unico sguardo tra blocchi
a parete grigia incollata malta casuale,
gettata, mai levigata al pavimento
di uno spazio dove contano profondità
e parole, anzi silenzi e gesti

Quasi il concetto, elaborato e cadenzato in poesia, d’uno sviluppo sostenibile, così caro alle logiche e alle strategie insieme dell’economia e dell’industria… Ma attenzione, non inseguendo artefatte o ripensate comete sociologiche (l’idea magari, colorita e aggiornata, d’una “società liquida” che veda e provveda – dogma elaborato da Bauman), ma tuffato impavido in un agone dialettico e soprattutto etico tra il Bene e il Male d’ogni destino, d’ogni progetto, d’ogni giornata… Niente di nuovo sotto il sole, se perfino Leopardi non faceva che interrogarsi al proposito, rispondendo(ci) con la consueta, elegante virulenza del suo libero, pessimistico pensiero: “A veder se sia più il bene o il male nell’universo, guardi ciascuno la propria vita”… Stilisticamente – e vale per tutta o quasi la sua produzione – Henry Ariemma parte da un incipit brevilineo, da un periodare eminentemente lirico, in prosodia melodiosa d’accenti dinamici e d’intonazione… per poi sempre più allargarsi, allungarsi, volutamente irretirsi, quasi impantanarsi in una prosa lirica (potremmo dire in una caustica sequela di polimetri, utili, anzi indispensabili per il suo discettare all’unisono poesia e pensiero, filosofemi e gemme o gangli sintattici, cioè a dire travagli confessati, enigmi adottati, utopie adempiute, accarezzate, come un fioretto da eterno cresimando, un fervoroso e liturgico (ma più che laico, s’intende!) atto di dolore:

Mi chiedevi di questa pesca, lo strascicare di chiodi e chiavi
a pezzi di ferraglie, del bottino lasciato ai sogni di mezz’ora
ogni giorno tra libri e finestre aperte a vedere fuori senza le case
viste lunghe le aperture di libertà come uno spreco solitario…
Noi amici, attirando al cemento la bibbia e l’uccello di una gabbia aperta.

Plinio Perilli

 

Parola di sacrificio
per ogni dove, congela
amori nella casa della lingua.
Non muta i passi rimarcando
cammini, solitudini ai campanili
come amico da ambire…
Affoga nel mare rosa di sole
al raggio: sale e acqua, cielo e nuvola
nella propria carne…
Gli occhi al cenno strofinano
a non guardare capitolare le mura,
breccia del cuore alle vicine mani
ferme elmi di parole…

*

Un gallone di kerosene
mi hai chiesto di comprare
-tanto non ci sai arrivare…
E spiegavi la strada
e ripetevi nuovamente
la parola appresa
per considerarti…
Non è stata quell’odissea arrivarci,
a dire il vero sono stati da bambino,
occhi a colpo sicuro:
c’era il vecchio con cappello
e camicia come dicevi…
Aveva la barba incolta e voce
fumata tra i barili ossidati…
Alle sue parole vedeva le mani
col vuoto e prendeva un imbuto,
il barattolo a fil di ferro e travasava
piano a poca schiuma con l’odore acre
dappertutto tra il rumore sordo di lamiere…
Nel cartello c’era scritto, sbavato:
tre litri mille lire e allora poco più per quattro.
Ti ho voluto sorprendere facendo di corsa
a sentirmi dire: “già qui!”…
e hai sentenziato vedendo il pieno: “la prossima volta
con te risparmio le parole visto che sei uno che capisce,
finalmente…

*

Perché a quelli va sempre di parlare
e ti dicono oltre l’intuire
la loro storia dell’andare,
tornare perenne fino a che si vive
trame negli occhi, nervi
del fare per non pensare chi sono
e dove andranno mai fermi:
a confondere ogni cane
con padrone come un colore
d’auto per facce condottiere
in strade mai cambiate, abitudini
al senso stretto spillo…
Seduti a nascondersi la coda
in macchine e case,
fuga a vergogne per analisi di specchi
in corridoi, accennata coscienza o incoscienza
nei bagni a capire disastri insensati
chiamati vita e vicino divani tv
sprofondando apatie al sonno
in mancate resistenze e colpe
mai considerate.

Henry Ariemma

 

Henry Ariemma è nato a Los Angeles nel 1971 e vive a Roma. Suoi componimenti sono apparsi su riviste e litblog specializzati. Per Ladolfi ha pubblicato le raccolte di poesie Aruspice nelle viscere (2016) e Arimane (2017).

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