Poesie vincitrici della IV edizione del premio letterario “L’Albero di rose”- Sezione II

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Sezione II “Leonardo Sinisgalli” – Poesia inedita ispirata ai temi di Sinisgalli antropologo: la poesia che scaturisce dall’urto con gli oggetti, simboli di culti primordiali; la mitologia domestica, la mitologia del luogo grezzo e sobrio. È nel luogo che meglio si leggono “le formule semplicissime che regolano il mondo”.

 

Terza classificata:

SARA’ SERVITO A QUALCOSA

Sarà servito a qualcosa
leggere Omero, lasciarsi disturbare
il sonno da una lettera, vivere
fino la ferita
e a un grido sotterraneo
uscire fuori dal calcolo?
Sarà servito
innamorarsi, spartire
in due il peso di se stessi
lasciarsi incurvare e all’occorrenza
fare del dubbio
l’unico fronte di liberazione?

…come Giacobbe e la sua anca rotta
poter lottare col proprio
angelo per meritarsi un nome.

Angela Caccia

 

Seconda classificata:

DIMENSIONI, MOLTE

Poca cosa, in pianta, questa stanza
pochi metri per metri di piano in calpestio,
tanto breve è il passo che la percorre.
Poca cosa davvero se non fosse
che torno torno netti muri la recingono,
a squadra, generando la terza dimensione
creando lo spazio che mancava
barriere ai venti, agli sguardi, all’intrusione.

Come quarta dimensione, poi, un soffitto
contro pioggia e raffiche di sole.
I muri, infastiditi d’esser pagine bianche,
s’adornano di quadri e di memorie
con mensole che aggettano e raccolgono
a creare quinte e seste dimensioni
a farne altre, tante quanti sono
i disposti, pensati e figurati mondi,
tante quanto le immagini richiedono,
quanti gli oggetti che su loro stanno.

Ed ecco che lo spazio che mi attornia
diventa minimo e nuovo cosmo
nave o navicella, nucleo vitale
col mobile dispensa che racchiude
tempo e lavoro, tempo reso lavoro,
tempo racchiuso nell’opera dei giorni.

E mi immagino insetto, forse tarlo,
per addentrarmi nell’ombra degli stipi
stanze nella stanza, dimensioni ancora,
altre, nuove e avvolte che mi avvolgono.

Giuseppe Alfonso

 

Prima classificata:

IL GIGLIO DI MARE

ornava la spiaggia
da cui scorgeva l’acropoli di Elea
il giglio di mare:
aveva affrontato libeccio e maestrale
senza impallidire

allora noi bambini
si andava per canneti
a fare capanne improvvisate
e cerbottane
mangiavamo la sorba spontanea
e una radice dal sapore di liquirizia

era il tempo che la Porta
usciva dalla terra
Parmenide ci osservava
paterno

Bruno Di Pietro

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