“Il canto della luna” di Marco Lando, prefazioni di Rossella Cerniglia, Enzo Concardi, Nazario Pardini – Guido Miano Editore – 2019

downloadMarco Lando ha pubblicato varie raccolte di poesia e con questa casa editrice ricordiamo almeno: Lo sgabelletto bianco (2017) e Lungo il Fiume (2018) nella collana Poesia elegiaca dei Maestri italiani dal ‘900 ad oggi. Prosegue il suo percorso di autore con la solita umiltà, con quell’atteggiamento mite e appartato che caratterizza il suo lavoro di poeta, alla riscoperta di quel concetto di spiritualità ormai perduto in un mondo frastornato e alienato come i tempi odierni. E lo fa con convinzione in un rapporto fecondo e generoso con la vita. Se i suoi versi si ispirano frequentemente alla memoria, a malinconiche suggestioni del passato, nonché a rievocazioni e  rimpianti di una civiltà patriarcale e agricola della sua montagna, alla denuncia sociale contro l’avidità dell’uomo, dall’altra si avverte nei suoi testi la ricerca nostalgica e struggente di un’epoca irrimediabilmente perduta, di certe idealità e valori che sembrano dissacrati dalla civiltà consumistica di oggi. Una versificazione, la sua, che prende le distanze da una società ipertrofizzata dal “puro utilitarismo”. L’intimità del focolaio domestico, il ricordo della devozione alle figure femminili che hanno forgiato la sensibilità del poeta e cioè la madre e la nonna, il mondo contadino, le sue dure leggi, l’innocenza perduta, il mito del falso progresso, la disumanizzazione e l’alienazione della società contemporanea sono i connotati che caratterizzano i suoi componimenti. Per cui i quadretti deliziosi descritti nel Basso Trentino e “lungo il fiume” Adige diventano per Marco Lando un’oasi di serenità, di estraniamento dai mali del vivere moderno, una scialuppa di salvataggio per non annegare tra le meschinità quotidiane. Ma è il ricordo della figura materna, che dà linfa all’ispirazione del poeta: in ogni istante la propria madre è la certezza, vicina nei momenti felici per gioire con noi e nelle difficoltà per incoraggiarci. Il ricordo delle sue carezze scendono come balsamo sul cuore per infonderci coraggio e ardore.

Al riguardo Nazario Pardini scrive nella prefazione: “I flussi, la costa, il sole / l’entroterra / i sentieri / il profumo del vento / la follia del cielo delle stelle / le maree, / in un uomo che rimane/ e perde sé / per tornare / come viandante del silenzio / infinito, / sulla quiete di un’onda.” (Il mare). I flussi, la costa, il sole, l’entroterra, il vento, il cielo, le maree, tanti corpi panici che si fanno contenitori di un animo cristallizzato nelle loro apparizioni. Iniziare da questa citazione testuale significa andare da subito nel cuore della poetica di Marco Lando, i cui versi, con sinuosa elasticità, si aggrappano agli intenti emotivi per tradurli in vere oggettivazioni; in ecfrastiche intrusioni di uno spleenetico travaglio esistenziale. Il mare. Quanto è facile sperdere la nostra pochezza nell’ immensità dell’orizzonte marino; e quanto è umano lasciarsi andare in questo sperdimento spirituale; eccola la “Natura Medicatrix” di cui ci scrive l’autore. Forse è proprio nell’abbandonare la nostra inquietudine nei giochi della natura che l’uomo riesce a trovare quel riposo edenico di cui va in cerca.

E Rossella Cerniglia annota come “Il ricordo degli affetti che legano Marco Lando alle figure essenziali della sua infanzia – la madre e la nonna – è, dopo la loro dipartita, l’espressione di una tragedia per questa insopportabile assenza. Sono divenute icone che incarnano elementi essenziali nell’esistenza stessa del nostro autore”.

1 commento
  1. Emerge la ricerca d’un mondo cristallino perso nel reale ma divenuto tassello incastonato nel rotondo dell’essere e una ricerca di liberi spazi dell’anima.

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