Maria Rita Bozzetti da “I due Pinocchio”, Ed. Milella – 2016, a cura di Giorgio Linguaglossa

I-due-PicchioNel 1883 esce il capolavoro di Collodi Le avventure di Pinocchio. Sarà letto in tutto il mondo, tradotto in duecento lingue. Tre anni dopo, Cuore di De Amicis: quaranta edizioni nell’anno stesso della pubblicazione. Come afferma Asor Rosa (Le voci di un’Italia bambina, «Cuore» e «Pinocchio» in Storia d’Italia, vol. IV, Einaudi 1975, pp. 925-40), forse nessuna opera della letteratura italiana contemporanea è riuscita a cogliere con simile maestria valori universali come questi due libri per ragazzi, mentre la cultura italiana, nella sua produzione «seria» e «per adulti», si affannava verso le più diverse direzioni ad affrontare il problema della crescita nazionale, Cuore Pinocchio rivestono un posto centrale nello studio del tessuto culturale dell’Italia postunitaria. Le due opere esprimono un rapporto con la realtà doloroso e drammatico. La difficoltà dell’Italietta degli ultimi decenni dell’Ottocento di fronte ai limiti e agli ostacoli per diventare una nazione moderna; occorreva puntare sul valore della socialità, dell’etica, dell’impegno, dell’altruismo, del rafforzamento della tempra morale e intellettuale. I due libri «per ragazzi» diventano emblematici della formazione dell’Italia matura.

Non è un caso che una autrice di spiccata sensibilità come Maria Rita Bozzetti torna oggi a riscrivere il «suo» Pinocchio in un momento storico di grave crisi economica e spirituale del paese, la poetessa pugliese avverte che c’è bisogno di rinnovare il messaggio di altruismo, di etica, di responsabilità del libro Pinocchio, e scrive il suo I due Pinocchio in versi liberi dove, come scrive Franco Manescalchi nella prefazione al volume: la figura di Mangiafuoco spicca sui vari personaggi in cui Pinocchio si imbatte. Il Burattinaio, mosso da un amaro sentimento verso Pinocchio, passa dalla pratica del brutale sfruttamento delle marionette ad un gesto liberale che genera in lui i valori di fondo dell’altruismo. Ma non sono da meno i seduttori Gatto e Volpe o, poi, l’Omino di Burro dei quali il burattino è vittima e – con la sua superficialità – complice. Chiaro è il riferimento a questo comportamento sociale e netto è il giudizio dell’Autrice che richiama ad un più consapevole modus vivendi, interpretando il testo in chiave etica come suggerisce l’intenzione di Collodi per cui nel paese di Acchiappacitrulli il giudice condanna innanzitutto i citrulli. Fortunatamente, nonostante tutto Pinocchio ha la consistenza lignea modellata con amore dal padre e si salva da ogni violenza. Nel susseguirsi delle vicende, il padre cerca il figlio che intanto trascorre da un evento all’altro fino a maturare in sé, incontrandolo, la coscienza di figlio, mentre la Fatina interviene, salvifica, al bisogno, facendosi essa stessa riconoscere. “la Fata è l’Angelo di ognuno” scrive la Bozzetti e ci riporta quanto detto all’inizio del rapporto tra l’Angelo e il Potere individuato a pieno nel Cocchiere del Paese dei Balocchi. Mentre, nel percorso di formazione, facendo seguire una facile chimera, l’Omino di Burro trasforma i giovani in merce, animali da circo e da soma, non più uomini, e solo con un tirocinio interiore ed esperienziale, in un’avventura, è possibile salvarsi. E il tirocinio è: “il burattino confessò un nascosto/ desiderio di diventare bambino”. E ripercorre, come in un film, tutto il suo vissuto».

Così, accade che i carabinieri arrestano sempre la persona sbagliata. Quando Pinocchio, truffato dalla Volpe e dal Gatto, va in tribunale per ottenere giustizia, il giudice si rivolge così ai gendarmi: «Quel povero diavolo è stato derubato di quattro monete d’oro: pigliatelo dunque e mettetelo subito in prigione». Ricordiamo che Pinocchio ha conosciuto una lettura storicistica nello splendido sceneggiato di Comencini del 1971 e una lettura post-moderna del film di Roberto Benigni (2002) « Il Pinocchio di Collodi è un miracolo letterario dalla profondità esoterica quasi intollerabile. ». Secondo l’interpretazione esoterica, basata anche sul fatto che Collodi apparteneva probabilmente ad una loggia massonica fiorentina, Pinocchio conterrebbe diversi elementi simbolici appartenenti all’antichissima tradizione magica e sotterranea della letteratura italiana, che parte da Apuleio, e attraverso la poesia medioevale di Federico II e Dante Alighieri, approda all’esoterismo del Rinascimento. Pinocchio, in quest’ottica, non sarebbe altro che la storia di un’iniziazione: una marionetta di legno, simbolo della meccanicità della persona, che aspira a ritrovare la sua anima. Anche i nomi dei personaggi corrisponderebbero ad una precisa terminologia alchemica: Pinocchio sarebbe un composto di pino, albero che nell’ermetismo allude alla ghiandola pineale, e di occhio, ossia la visione associata a tale ghiandola; Mangiafuoco corrisponderebbe a Mammona, che nei Vangeli è equiparato al denaro e più propriamente al potere della mondanità, mentre in Lucignolo è rinvenibile Lucifero che, come il Gatto e la Volpe (le passioni del corpo), distraggono Pinocchio dalla scuola e quindi dalla possibilità di accedere alla Conoscenza; nella Fata Turchina si esprimerebbe l’archetipo della Grande Madre, assimilabile a Iside ma anche alla Madonna cristiana, che aiuta infine Pinocchio a ricongiungersi col Padre. Anche le singole vicende della storia conterrebbero chiavi interpretative attinte dal filone spirituale della classicità letteraria: ad esempio la trasformazione in asino, che rappresenta la caduta nell’animalità, e ricalca l’analogo episodio presente nelle Metamorfosi di Apuleio; o Pinocchio fagocitato nel ventre del pescecane, che ricorda il racconto della Bibbia in cui Giona viene inghiottito da una balena, all’interno della quale giunge a ravvedersi e a riacquistare lo spirito di obbedienza a Dio. Daniela Marcheschi nella sua introduzione al Meridiano dedicato all’opera di Collodi mette in evidenza il ruolo della parodia e dell’umorismo svolto dalla favola-romanzo Collodiano, capace di mescolare la cultura alta e quella orale, la fiaba, la favola, la cronaca, la poesia, il teatro , il melodramma e l’opera buffa, e perfino la canzone popolare; l’arte o la politica. Le Avventure di Pinocchio, con le illustrazioni di Enrico Mazzanti è la prima opera multimediale della letteratura italiana e tra le prime della letteratura mondiale. Asor Rosa nella sua disamina sottolinea come Le avventure di Pinocchio sia un libro nato come un fantastico libro per bambini, per diventare negli anni un grande libro per adulti senza cessare d’essere un fantastico libro per bambini. La Bozzetti coglie appieno questa duplicità, questa doppiezza dei due Pinocchi per introdurci nel suo I due Pinocchio in quello che è il mistero del successo della favola-romanzo di Pinocchio e della sua capacità di parlare a popoli e generazioni diversi e di rivestire, al di là della versione originaria, altre forme e altri linguaggi, anche filmici come appare evidente nella rielaborazione del film di Roberto Benigni: attingendo ispirazione dai balocchi ai cartoons, ai films di animazione (resta celebre una reinterpretazione disneyana). La molteplicità dei significati e delle letture appaiono tanto più sorprendenti in quanto le vicende della sua genesi riportano a un ambiente e a tematiche apparentemente ristretti come quelli della Firenze immediatamente postunitaria, che aveva alle spalle la sonnolenta Toscana granducale la cui letteratura non andava oltre una produzione di intrattenimento macchiettistico e da bozzetto.

Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino, fu pubblicato a puntate sul “Giornale dei bambini” a partire dal 7 luglio 1881. Fra il luglio e la fine di ottobre di quell’anno apparvero, a scadenze abbastanza regolari, i primi quindici capitoli, l’ultimo dei quali si conclude con l’impiccagione del burattino da parte della losca coppia Gatto e Volpe e la sua presunta morte. Sicuramente la storia, nelle intenzioni dell’autore, doveva concludersi lì: non a caso l’autore vi appose in fondo la parola fine, regolarmente passata alla stampa. In seguito alle insistenze di un vecchio amico di Collodi, Guido Biagi, fu aggiunta al libro una prosecuzione, forma che ci è giunta fino ad oggi. Asor Rosa scrive che dall’esame dei caratteri del protagonista, si evince che essi sono coerenti con l’impostazione ambigua, anzi ambivalente, di una tipica «struttura di compromesso», in quanto Pinocchio fin dall’inizio è qualcosa che sta a mezzo fra un burattino di legno e un ragazzo. Questa duplicità rivive anche nella riscrittura di Maria Rita Bozzetti, la fata e il Grillo rappresentano il Super-io, hanno la funzione di ammonire, mettere in guardia, sorvegliare e interdire l’erranza e gli errori che il personaggio burattino Pinocchio mette in scena una dopo l’altra: la fata è «l’esatta misura della socialità/ che non dà spontaneamente/ ma pretende l’opera per ricompensare,/ che coniuga il merito/ in modi diversificati e molteplici (p. 146); «La Fata è luce/ che attraversa la mente/ incoraggia a distinguere/ i margini delle cose e del nulla/ tutti immersi nella vita» (p. 147); «La Fata è l’Angelo di ognuno/ consiglia amore per l’onesto rigore…». Scrive la Bozzetti in una nota in calce al volume: «Il poemetto si svolge nel dialogo di due voci: il Pinocchio che risponde al primo è la voce della saggezza, della maturità etica che ogni uomo nella fase avanzata della vita sceglie come il migliore modo di essere; quando il tempo dell’esistenza si restringe si vede tutto con una luce che smorza le ragioni individuali e lascia emergere solo ciò che è condivisibile ed è realmente importante per ciascuno».

Giorgio Linguaglossa

 

Ascoltare una vocina

Nel silenzio dell’io
sentire una vocina
è più di un ascolto
è quasi pronuncia
all’unisono di parole,
carpire una presenza
viverla estranea e
insieme fatta di sé,
un sogno tramutato in persona,
separato e fuso
come aria al corpo.

Sentire una vocina
non è esplorare il proprio ascolto,
un ripetersi nell’orizzonte muto,
un rafforzare il detto
con l’incisione interiore,
amplificata voce cosmica traghettata
nell’Universo immateriale dell’io.

Non è un rivedersi
come parola articolata in pensiero.
Quella vocina è l’inizio
di un salire e discendere
per montagne ancestrali
con nebbie e meteoriti,
è un errare assorbiti
da lontana meta
percepita tra aghi di buio,
è un intrecciarsi a luce stellare
in ordito che si schiarisce
nel lento macinarsi del tempo,
spazio ordinato da simboli di vero.
È attrazione per il nascosto,
un soffio libero che disinnesca
da noia ogni futile nodo
stretto agli angoli del giorno,
è sciogliere l’incrocio spaziale
dove si impoverisce di speranza
e si chiude all’evoluire
ogni raggio del capire.

È un tornare dall’altra
alla propria sponda
reduci smaniosi di casa,
un riassaporare di orizzonti
il profumo tra stanze vissute
e sconosciute strade
come filo per mai smarrirsi.

È uno staccarsi dall’altro,
imperante e vuota presenza,
che rosicchia frange di ragione
in legami lenti nella nebbia,
è un ritrovarsi in un diverso sé
come un fiume che scorra
per appropriarsi della sola coscienza
di acqua, primordiale elemento.

Quella vocina è l’inizio
di un salire e discendere
per montagne ancestrali
con nebbie e meteoriti,
è un errare assorbiti
da lontana meta
percepita tra aghi di buio,
è un intrecciarsi a luce stellare
in ordito che si schiarisce
nel lento macinarsi del tempo,
spazio ordinato da simboli di vero.
È attrazione per il nascosto,
un soffio libero che disinnesca
da noia ogni futile nodo
stretto agli angoli del giorno.

*

Non è cresciuto Pinocchio,
il suo cuore non sa decidere
e le sue scelte sono deboli
come fili di vento,
che a volte divengono uragano.
Quale è il paese dove nulla è imposto,
dove il gioco regna sovrano,
dove i diritti di vacanza allentano obblighi
e la goduria dell’ozio guida il giorno
risparmiando la notte dedicata al riposo?
È difficile resistere:
egli non ha una famiglia che dissuada,
che trovi logiche parole
per convincere al dovere
e piacere di diventare grande,
di smettere abiti di burattino
e indossare quelli di adulto.
L’uomo da solo non riesce a maturare,
ma l’ambiente familiare e di amici
alimenta con sano cibo lo sviluppo,
irrora di principi salutari i germogli
teneri di pensiero e di ambizione,
scarta le facili soluzioni e i complicati
quesiti e richiede per cammini tortuosi
adatte scarpe per cuore e mente allenati.
Egli accondiscende all’amico che ama,
e sbaglia, avendo già errato
nello scegliere Lucignolo,
solo compagno di scorribande
e campione di titoli negativi.
Nel dialogo non c’è appiglio
per frenare la sua caduta,
e le risposte del monello sono
mura di vetro, su cui il debole
scivola verso il basso
cedendo al richiamo
dominante del divertirsi,
un abbandonarsi ad un istinto primordiale,
senza le morbide certezze
sazianti di vero
che spengano famelica
la voglia del nulla fare.

*

Il buio fitto
vuoto senza appigli
dura il tempo della paura,
uno smarrimento
una domanda
sul perduto senso del quotidiano.
Poi,
come norma che scandisca ore
e successione di spazi
nell’incastro del giorno,
ecco la fioca luce
e il ritrovare il proprio sé,
il passato felice
il racconto triste di una storia,
e riassaporare l’esistenza
nell’abbraccio del destino
con personali ritmi
e improprie oasi di gioia e dolore.
Così Pinocchio ritrova il babbo
figura diafana come nuvola bianca
che stimola il coraggio del figlio
lo aiuta a sentirsi forte,
intraprendente come lucido pensiero
di verità illuminante il cuore.
e anche i cattivi come il Pesce-Cane
possono diventare innocui,
usando pazienza nel conoscere
e valutare loro abitudini e istinti,
e anche il clima può migliorare
se si attende il passaggio della tempesta.
gli immaturi possono crescere
come il burattino,
grande più dei grandi
esperto più degli esperti
sicuro nella prova della diversità
che rafforza lo spirito con genuina umiltà.

Maria Rita Bozzetti

 

NIC 006Maria Rita Bozzetti nasce a Roma; si laurea presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore in Medicina e Chirurgia, si specializza in Ematologia clinica e di laboratorio e diventa Primario Ospedaliero Laboratorio di Patologia Clinica. Attualmente vive a Galatina (Le) e si dedica esclusivamente alla attività letteraria. Ha pubblicato:
1992 Polvere di giorni prefazione di Nicola G. De Donno- Congedo Editore
1998 Canta l’Eterno Presente Prefazione di Donato Valli – Manni Editore
2002 Il Dio che non parla prefazione di Donato Valli – Manni Editore
2004 Nell’ozio delle erbacce prefazione di Aldo Forbice –Ibiskos Editrice di A.Ulivieri
Meditazioni in poesia su brani del Vangelo di Matteo
2004 I dintorni della tua memoria– Ibiskos Editrice di A.Ulivieri
2006 Segmenti ex temporanei prefazione di G.Baldassarre-postfazione di F.Manescalchi- Campanotto Editore
2007 versione in Albanese de I dintorni della tua memoria con traduzione curata dalla Professoressa Ada Prizreni dell’Università di Lecce.
2008 Monade Arroccata– Prefazione di Aldo Forbice- Saggio introduttivo di Donato Valli – Lepisma Editore – Meditazioni in poesia su brani del Vangelo di Giovanni e del Qohèlet
2009 Senza potere– romanzo- Lepisma Editore
2010 Sulla soglia poesie sui bambini uccisi in guerra, donatori di organi, bambini soldato. 2010 dicembre La mia Cappuccetto Rosso fiaba rivisitata in versi. Edit Santoro Galatina
2010 novembre: uscita del cd con brani di Monade arroccata musicati dal Maestro compositore Alberto Giglioni e recitati dall’attrice Grazia Ferrali.
Menzionata nel testo di critica La nuova poesia modernista italiana di Giorgio Linguaglossa , 2010, pag 109-110
Menzionata nel testo Aria di casa- Esperienze di volontariato letterario di Donato Valli, 3 volumi, 2005, pubblicazione Dipartimento Studi storici dal Medioevo all’Età contemporanea : Metafisica e metapoesia : le nuove frontiere di Maria Rita Bozzetti” pag 317-329
Dal 2005 collabora come opinionista con la rivista “Espresso sud” di cui è collaboratrice ufficiale dal 2009 e con altre riviste locali come critica di testi di Poesia e narrativa.
Organizza con cadenza mensile, presso la sua abitazione, un Salotto , in cui Musica (pianoforte), Arte e Letteratura.

1 commento
  1. Modernità in itinere tratta da una tradizione ‘romantica’ che fa parte, ormai, della storia letteraria. Così la Nostra affonda le proprie radici di sensibilità, acuta ed innovatrice, intorno al più classico libro per l’infanzia, si fa per dire! Ella incide, un intarsio, intorno alla psiche d’un personaggio in fieri all’ incrocio di mille strade possibili dalle mulattiere a quelle sterrate, dunque poderali, fino a raggiungere i grandi lucori delle vie consolari e, infine, delle autostrade. Così l’uomo da piccolo diventa adulto. E non è affatto semplice perché la ‘maturità’ non si raggiunge mai, bensì trattasi di ‘parvenza’ intrisa di tentativi con innumerevoli e relativi errori. Codesto è l’essere umano fra ombre e luci, come tutte le cose terrene inebriate, sempre e comunque, dal caos – così dicono- primordiale all’espansione, ordinata o disordinata? verso l’infinito. Districarsi in tale labirinto esistenziale, sembra sostanza di vita stessa, guscio psicofisico labile e fragilissimo.

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