Anzitutto il titolo: indica un altrove, sottende una ricerca, un viaggio- come del resto tutta la Poesia; ma nei poeti a volte questo altrove è irraggiungibile, un’utopia: sembrano inseguire tale luogo, che sfugge, sempre. Laura Rainieri connota altrove con la parola stanze: è evidente il richiamo alla casa, ad un luogo da scoprire-forse o da ri-scoprire; un luogo familiare, dove si dorme, si soggiorna, si dialoga in solitudine o con altri. Inoltre, “altre stanze”, precedute da in, indica una ricerca, un viaggio, nel tempo- presente o passato, poco importa, anche se è forte la memoria e la nostalgia- ma dentro, attraverso, un luogo ben preciso. Non può sfuggire che le “altre stanze” rappresentano la Poesia, diversa, altra, come sempre meditata e lavorata. Dice Davide Rondoni in : La Poesia è danza delle parole…è arte delle parole. Cioè arte che lavora su qualcosa che appare poco più che aria, poco più che suono. E che però, ha un’infinita preziosità”(“L’allodola e il fuoco”, I Delfini, 2017). A conferma di tale intuizione, Laura accompagna la sua dedica del libro, con una alta Poesia di Emily Dickinson: Contenuti entro questa breve vita/sono magici spazi – / l’anima vi ritorna dolce a notte/ e n’esce di soppiatto più sicura –/ come i bimbi più sorvegliati corrono/ prima degli altri al mare/ i cui abissi senza nome/ si dileguano accanto all’infinito. Al di là e al di sopra di ogni prefazione o posfazione- pur dotta- non c’è niente di meglio della Poesia, per introdurre alla Poesia. E la scelta della Dickinson è ben adatta a “In altre stanze”: c’è la consapevolezza del limite, la magia dolce di un’introspezione nel cuore e nella memoria, la voglia di vita e di “gioco”, la percezione dell’infinito. Quello che troviamo nella silloge, “matura poeticamente”, fedele a sé stessa e alle proprie origini. Il poemetto che da il titolo alla raccolta, In altre stanze, è racconto poetico di una vita, dove l’amore abita non solo come sentimento, ma come forma di conoscenza, perfetta e talora pericolosa “imperfetto è alzarsi al cielo/ Dio vittima a se stesso Lucifero/ se lo stoppino lacrima la cera.” L’orizzonte dell’esistere è vasto e sempre in divenire, attraverso segni intimi di condivisione e di contatto “I baci dicono i poeti/ mutano l’orizzonte.”… orizzonte non solo dell’esistenza affettiva, ma del dialogo umano, relazione di pensieri e di emozioni. Nel dialogo sono irrinunciabili anche le parole: “Ansimano il respiro le parole,/ circuiscono cilicio./…Sottraggono alle cose/ mentre le definiscono/mortalmente, utili e fastidiose, come il ronzare di una mosca.” Il loro potere consiste nel nominare, render vive, ma anche uccidere le cose, dare dolore o quantomeno fastidio. Allora è più utile il silenzio, appurato questo? “E quando di tutto mi sarò spogliata/ leggera come un’anima/..verrai ugualmente a visitarmi?/ Mi porgerai sul filo delle labbra/ nella tua acquasantiera la parola?”No, certamente dice Laura, se a lei resta un interrogativo che è anche desiderio: la parola, senso ultimo della vita, ragione dell’esistere e delle cose, viene invocata come necessaria anche qui, nel frattempo, per comporre i versi che si librano e che fan volare alto; versi raccolti da un rimorso– creatura dell’aria, non peso che schiaccia a terra. In Laura Rainieri, trova espressione poetica l’attesa e quindi il futuro; più che la memoria e il nostos, il futuro al quale occorre prepararsi: non necessariamente la morte. Ecco allora un’altra possibile lettura del titolo, altre stanze, come topos dove attendere e accogliere, chiudendo bene, lasciando fuori i corvi che vogliono entrare, attingendo in sé e da sé, nel più profondo dell’io, dell’ombra o dell’abisso: “Ti salva il tuo abisso o ti perde?” Il Poeta-donna che ricerca, deve rischiare continuamente l’abisso, del quale non vede la fine, che sia una fossa oscura, o una cresta del monte che nasconde altre creste, altre sfide. Così come misurarsi con la sera, la fine del giorno, sinonimo del buio; solo la memoria de l’inizio lussuoso, può rievocare un nuovo giorno. E’ rimasto per Laura qualcosa di quell’inizio lussuoso? Certamente, più di qualcosa : il sogno “Se il sogno incontra il sogno/ si fa il mondo amoroso/ nel giardino dell’Eden./ Fuga la colpa/ come topi sguazzanti in una pozza./ Straccialo il tempo/non ha senso”;il vissuto doloroso ma intenso, di donna “una bambola rosa frantumata” che scivola nell’olio dell’otre duro, profondo del sé, contrapposto ad un “fuori” di cemento, di corvi, di buio; il sé -anfora, plasmato con il fango del Taro, là dove gli ontani si abbeverano; da un pertugio di finestra/tra il limite dell’argine e del porticato sine cura/ dove si scruta a mane il cielo bigio per lo più/ e l’alternare da sempre le stagioni …Plasmato nei luoghi- altri -vissuti, mentre il corpo canta la sua canzone in sintonia con il luogo e infine il Mito, che nel sogno vive ancora. Non mancano nella raccolta – molto ricca di tematiche e di suggestioni- Il suo paese, La Bassa, la Natura, il dramma dei Profughi, il Dolore. Perciò, la scelta delle poesie è ardua e difficile, per la complessità dei temi che, sebbene espressi in un linguaggio asciutto e in una forte-delicatezza, si intrecciano anche in una stessa composizione: leggendo e rileggendo, si scoprono novità, celate dietro le parole. Occorre trangugiare ed assimilare queste poesie, perché sono frutti a lungo coltivati e attesi dall’Autrice; ma non c’è fretta… “Si avvicina la sera”…preparata la sacca, non c’è fretta, si può attendere qui per tutto il tempo che è necessario.
Maurizio Rossi
Ed è già tanto
Ed è già tanto
se ti raggiungono le parole
stampate su onde stonate di violino
quando l’aria s’increspa
e indurisce il suono.
I grattacieli sempre più alti
le croci delle antenne
e l’aria densa di fiati.
Dunque volare alto
oltre le gru
e la città serrata nel cemento
dobbiamo, i versi stilati sulla carta
che un becco d’uccello
colombo viaggiatore
un rimorso raccoglie.
Chiudere a chiave
Sarà bene chiudere a chiave la finestra
serrarla al fuoco d’agosto
e rimanere al buio in attesa
in una cella confusa
finché la cenere consumi
i ceppi sovrapposti
Non importa se i corvi becchettano
contro il vetro
vogliono entrare
e al rumore dei vetri infranti
si aggiunge un dondolare di vento
di fine estate
e un passaggio rapido di foglie
Nonostante
sarà bene chiudere a chiave
e attendere il buio.
Via dei Fornaciari
In via dei Fornaciari
oasi di bellezza naturale
pane fresco a tutte l’ore
bevande voluttuose
al giusto prezzo.
Quando scende l’ombra serale
si oscurano le porte del cortile
il glicine affoga nel suo buio.
Appeso a un uscio
un biglietto da viaggio.
Il tempo dell’inizio era lussuoso.
Abisso è la profondità del mare
Abisso è la profondità del mare
la cresta di un monte
reggersi all’angolo di un mobile
uno specchio in nerofumo
o i capelli di Medusa.
Ti salva il tuo abisso o ti perde?
È limite o salvaguardia
un fosso o un confine?
Puoi vedere il tuo abisso
o lo specchio ti vede?
Sogno perfetto all’isola d’Elba
A Emerico e Noemi Giachery
Perché questo pensiero
nella scia scintillante del traghetto
quando l’Isola è perfetto paradiso
e i gabbiani danzano
all’incrocio dei venti, saldi nella cuna dell’aria,
pronti all’ostia del biscotto?
Questo pensiero di piombo nel radioso
per l’insolubile Momento che nemmeno un miracolo:
essere vivi nell’ultima ora del figlio.
Al Momento si potrebbe narrare
di un gabbiano leggero che incrocia i venti, stretto alla sua culla,
e senza sommovimenti attraversare i cieli
e di un certo biscotto buono che lo nutrirà in eterno
e come sull’orlo
di una favola, bambino
al calar della voce, chiuderà gli occhi
al sonno perfetto.
Otre
La mia brocca è di coccio
intessuto di filo di ferro.
È resistente come il legno di tek.
Se cerchi di spezzare un filo
gli altri fanno scudo
con i capelli di Medusa.
Dentro rotola sul pavimento oleoso
una bambola rosa frantumata.
Mito
Volentieri poserei il capo sulle tue ginocchia
dove il silenzio è trasparente a dismisura
e l’occhio posa profondo e amoroso più non impaura.
Il gesto è l’essenza del pensiero.
Canta il corpo la sua canzone in sintonia col luogo:
io sono il Po che un giorno hai amato
sui sabbioni caldi e desolati
e le acque torbide e fluenti del Tevere
e la pioggia che leziosa fascia i vestiti
tra le casupole rosa dell’Alessandrino
d’odio sprecato e amore in questo covo
così fuori dal mondo così fuori
in aderenza al pensiero, déraciné, isola alla deriva
e tutto quello che l’occhio incontra… sono.
E ancora il mito vive nel mio sogno.
Si avvicina la sera
Si avvicina la sera.
È bene lasciare la tenda
prendere la sacca con le cose.
Poche per fragili spalle.
Addentrarsi nel bosco
raccogliere un petalo di fungo
l’odore di foglie marcite
le piume lievi di un pettirosso.
Sfiora un cavallo al galoppo senza orme.
La coccinella vuole arrivare in città.
Pesante è ora la sacca.
All’orizzonte nessuno compare.
Troppo lungo il cammino:
la sacca è piena
puoi rimanere qui per tutto il tempo.
Laura Rainieri
Laura Rainieri, nata nel 1943 a Fontanelle di S. Secondo (Parma), risiede a Roma, dove ha insegnato lettere negli istituti superiori. Ha pubblicato i libri di poesia: La nostra spada, la parola, Ibiskos, 1997, primo premio Padus Amoenus; Nessuno ha potuto sposarci, Bastogi, 2001; E serbi un sasso il nome, Campanotto, 2004. Il racconto in versi La Bassa piana e le Fontanelle, La Colornese, 2012. In prosa i racconti: L’ultimo Guancho, Campanotto, 1998; Angelo pazzo e altri racconti, ExCogita, 2007; Badante sissignora, ExCogita, 2010; Un viaggio in Romania (tra realtà, fantasia e utopia), Studia, 2014 (tradotto in romeno). Poesie e recensioni sono state pubblicate sulle riviste “Pagine”, “Capoverso”, Periferie”, “La Ballata”, “I fiori del male”, “Incroci”, e sulla rivista bilingue on-line “Orizzonti culturali italorumeni”. Alcune poesie sono state tradotte in sloveno, trasmesse per Radio e pubblicate nella biografia di Ciril Zlobec Lontananze vicine (ZTT-EST, Trieste, 2012). Nel 2012 ha vinto il primo premio “Padus Amoenus”, per una silloge inedita nel dialetto della Bassa parmense dal titolo “Adèss av cont” (Adesso vi racconto).