Kazimir Malevic, il maestro del Suprematismo, a cura di Maria Grazia Ferraris

tzvetan-todorov-larte-nella-tempesta-9788811673743-300x459Gli artisti innovativi e la Rivoluzione d’Ottobre è un testo di Tzvetan Todorov che affronta il rapporto tra le avanguardie russe e la rivoluzione d’Ottobre, ed è stato presentato nell’ottobre 2016 come lezione di apertura di “Le colpe e la storia”, Terza edizione di “900Fest. Festival europeo di storia del Novecento” di Forlì. Una rielaborazione del materiale avverrà nell’ultimo scritto di Todorov prima della morte, L’arte nella tempesta, Garzanti 2017, in cui uno spazio notevole è dedicato al pittore Kazimir Malevic. Era nato a Kiev nel 1878 da padre polacco e madre ucraina e conserverà fino alla morte le tracce di quest’origine nell’uso costante della lingua russa. Nel 1917 Kazimir Malevic, già pittore di fama, come gli altri suoi coetanei, si trovava in guerra, sul fronte russo occidentale, in prima linea contro l’esercito tedesco. Aveva già fatto parte di molti movimenti avanguardisti e in particolare dei futuristi. La ventata rivoluzionaria era arrivata anche in Russia con le opere dei cubisti e i proclami dei Futuristi che avevano infiammato i giovani artisti; lo stesso F.T. Marinetti era stato a Mosca nel ‘14 a diffondere il suo verbo rivoluzionario. I poeti e i pittori più audaci si erano buttati nel vortice rivoluzionario (scandalizzando opinione pubblica e stampa ). Alcuni si erano affiancati, acriticamente, ma Malevic, dal ’12 opera individualmente una sintesi tra il cubismo e il futurismo realizzando una specie di sintesi, il cubofuturismo, come nel quadro Mietitore1, che rappresenta un personaggio privato di caratteristiche individuali con il corpo prodotto geometricamente, simmetrico nelle sue parti come un robot. Se ne era quindi allontanato insoddisfatto dando origine al Suprematismo: “la costruzione di forme a partire da niente”, combinazione di moduli formali geometrici, astrazione assoluta, una conoscenza del mondo come “non-oggettivo”. Una ricerca interessante che coinvolge anche le altre arti. Già nel ’13 nel gruppo futurista di Pietrogrado c’erano stati due poeti, Chlebnikov e Kručenych, che in quel periodo avevano inventato una nuova forma di poesia. L’avevano chiamata Zaum, “al di là della ragione” ed era fatta di suoni e parole inventate (o spezzate e ricomposte come facevano i cubisti con le immagini): intendevano liberarle dalla schiavitù del significato convenzionale e aprirle al potenziale generativo delle forme linguistiche pure: era la ricerca della poesia pura… Malevic si unisce a loro con entusiasmo… In quegli anni vedeva una unità fondamentale tra i movimenti che trasformavano arte e società con nuove forme di vita espressive. I Futuristi italiani si erano proposti di uccidere il “chiaro di luna”, i futuristi trans-razionali russi dichiaravano addirittura guerra al sole. Malevic traduce il concetto in pittura e nasce così la prima idea del “quadrato nero” come matrice autogenerante di tutti i significanti iconici finalmente affrancati dai loro legami con le immagini naturali tutte impregnate di senso. Malevic ne dipinse, approfondendo la sua meditazione, più versioni. Già nel ’15 aveva dipinto Chetyreugol’nik (Quadrangolo), un quadrato nero su fondo bianco, sospeso obliquamente, nell’angolo tra due pareti, e in alto, vicino al soffitto, il posto riservato all’icona, l’immagine sacra. Sconvolgente e dissacrante. Un’icona nichilista. È “il primo passo consapevole della creazione pura in arte”. Diceva convinto della nuova strada intrapresa: “Io mi sono trasfigurato nello zero delle forme e sono andato al di là dello zero, cioè verso il Suprematismo, verso il nuovo realismo pittorico, verso la creazione non-oggettiva”, caratterizzata dalla totale assenza delle immagini, geometrie, cerchi, rettangoli giustapposti o sovrapposti… È l’astrattismo, termine non tipico della cultura russa, ma movimento già affermatosi in Europa. La fascinazione per il futurismo era oramai finita. Andava scrivendo: “Noi, che ancora ieri eravamo futuristi (…) ci siamo sbarazzati del futurismo, ed essendo i più audaci abbiamo sputato sull’altare della sua arte”. Il limite dei Futuristi è di non aver saputo sbarazzarsi del nemico più ostico e infido: “l’oggettività”. Da qui il nome scelto per il suo movimento: Suprematismo. “Per suprematismo intendo la supremazia della sensibilità pura nell’arte. Dal punto di vista dei suprematisti le apparenze esteriori della natura non offrono alcun interesse; solo la sensibilità è essenziale. L’oggetto in sé non significa nulla. L’arte perviene col suprematismo all’espressione pura senza rappresentazione.” Rifletteva e studiava. Malevic è fondamentalmente un teorico. Arriveranno poi i colori. “Nell’arte del suprematismo le forme vivranno come tutte le forme vive della natura”. “La superficie colorata è la forma reale vivente”. Tre anni dopo con un altro quadrato, forse meno famoso, ma altrettanto importante, il Quadrato bianco su fondo bianco del 1918, la massima delle astrazioni, segnerà di fatto il suo abbandono della pittura. downloadAvrà bisogno di riflessione per dare veste teorica alle sue intuizioni. Il 1919 è in Russia un anno spaventoso di fame, miseria, carestia, anarchia. Si trasferirà a Vitebsk, in Bielorussia, come insegnante, dove Chagall aveva aperto una scuola d’arte. Esperienza difficile che si snoda tra fame, carestia e incomprensioni. Dal ’22 tornerà a Mosca.

La stampa lo attacca: il mondo dell’arte russo è diviso tra realisti (tradizionali), costruttivisti (che lo giudicano mistico e controrivoluzionario) e il suprematismo, considerato individualista e formalista, inclassificabile. La sua delusione si fa palpabile.

Nel ’27 parte per la Polonia. Il viaggio comprende Varsavia e Berlino ed incontra i rappresentanti del Bauhaus, rientra in Russia nel 1930, dove verrà accusato di spionaggio. Nel ’32 torna alla pittura. Ricomincia a rappresentare la figura, pur salvando i rapporti tra forme e colori. Presenta il suo suprematismo in veste accettabile al gusto dominante e alle esigenze del potere politico, dipinge una quarantina di quadri ispirandosi a quelli del 1905-1915 e li retrodata in modo da evitare le critiche. Basta osservare Falciatrice e confrontarlo col Mietitore1.  

mietitoreAstratta-handmade-pittura-Kasimir-Malevich-Il-Reaper-su-pittura-a-olio-della-tela-di-canapa-per.jpg_640x640 (1)Ma la censura non si placa. Non è più astrazione, ma, si intuisce nelle sue figure l’annullamento delle individualità, la rappresentazione del silenzio annichilito degli uomini sottomessi al potere, uomini stritolati dall’ingranaggio della macchina dello Stato, a suo modo esprime una forma di resistenza al potere che annienta. Cercherà di adattare il Suprematismo ai diktat staliniani, ma i suoi colorati manichini senza volto, più che un ironico ricordo della sua utopia avanguardistica, sembrano una sottile, inquietante denuncia della disumanizzazione burocratico-totalitaria del regime, come la Kazimir-Malevič-Testa-di-contadino-1928-ca.-Olio-su-tavola-di-compensato-717-x-538-cm-Museo-di-Stato-Russo-San-PietroburgoTesta di contadino del 1928.  Finirà anche in carcere per alcuni mesi e concluderà la sua carriera artistica nel ’35 con un malinconico autoritratto pseudo-rinascimentale che riflette le fasi del suo lavoro nei colori e nella simmetria, nel quale veste i panni di Cristoforo Colombo, anche lui scopritore di un Nuovo mondo. Trasmette la consapevolezza di aver seguita la vita da lui ritenuta giusta. Muore nel 1935 a Leningrado. Di quest’ultima fase ci rimane il racconto di un sogno strano che lui stesso racconta nelle sue Memorie: “Il sogno assomigliava a un quadro. Al centro, come elevata sulle terre, c’era una donna magnifica-la Russia-. La terra su cui poggiava il suo volto era costituita da colline verdi arrotondate. All’improvviso queste colline hanno cominciato a muoversi ed era chiaro che si trattava di caschi e le persone con un casco strisciavano verso l’alto per annientare e uccidere la donna”. Certamente era l’immagine della fine del suo paese amato e della sua cultura, come lui l’aveva conosciuto durante la sua faticosa vita.

Maria Grazia Ferraris

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