MADRE NOSTRA TERRA
(A chi vi ha perso la vita, a Norcia che mi donò i natali,
ad Amatrice, ad Arquata del Tronto, a ciascuna
comunità colpita, ai bambini, agli animali e
alle piante che hanno subito i terremoti
dell’estate e dell’autunno 2016)
Più d’un mare in tempesta madre nostra
terra da furie e viscere irrequiete
smuove montagne altere e qui ci prostra
sul suo crepato volto, dalla quiete
tiepida delle case in un istante
vivi ci tumula e un tonfo ripete
sordo il crollo dei cari tetti, ansante
la mano un’altra mano cerca e geme
e implora tra la polvere accecante
oltre il morire un continuare insieme.
Qui, da queste macerie
ancora si alza un cielo
di sublime splendore e nelle arterie
nostre continua a generarsi il cielo
di un azzurro ineffabile.
Il montanaro nel silenzio indomabile
dei faggi a governare
le sue bestie e a svernare
con sussurri e carezze le prepara.
Madre perché, perché ci sei sì cara?
Paolo Ottaviani
Una poesia di forte intensità e attualità. Versi che sgorgano dalle viscere della terra materna dell’autore, con una voce piena della speranza che offre il cielo. Si conclude con una nota d’amore verso quella terra fonte primaria della nostra vita che, sebbene ci porti sofferenza rimane il punto attorno a cui ruota la nostra vita.
Un bel testo
Trovo la dedica tra parentesi misurata e senza alcun cedimento retorico. La distanza davvero classica dagli eventi tragici è carica di rispetto. Il lessico è alto e con severi echi leopardiani. Forse nell’ultima strofa prevalgono con troppa indulgenza e insistente desiderio di rasserenamento sia quel «cielo/ di sublime splendore» ( che si ripete subito dopo col suo «azzurro ineffabile») sia la figura pacificata del montanaro che cura le sue bestie. E amorosamente sottomessa alla «madre nostra/terra» mi pare l’invocazione finale: « Madre perché, perché ci sei sì cara?». Come per l’ impossibilità di separarsi da essa e, perciò, anche dalla sua potenza distruttrice.
Grazie a Francesco e ad Ennio delle vostre parole di commento. Aiutano anche me a capire meglio. Il terremoto stranisce non poco. Ma devo dire che non avevo alcuna intenzione di “indulgenza” o “rasserenamento”. In quei giorni vi era effettivamente una più intensa, mai vista prima, luce nel cielo. E con i miei occhi ho visto un allevatore, niente affatto “pacificato”, accarezzare e parlare all’orecchio delle sue mucche traumatizzate che avevano ormai cessato di produrre latte. Ma questa è soltanto cronaca. Vedete anche voi, cari Francesco e Ennio, quanto sia stretto il sentiero che conduce al poetare. Grazie ancora.
Una “cometa” di roccia e di ghiaccio
Felicissima sintesi, grazie Chris.