La drupa
Parlava e così fui sommerso, dopo quello del sorriso e dell’odore,
dal terzo, maggiore sortilegio, quello della voce.
Giuseppe Tomasi di Lampedusa, “Lighea”
Non s’apre la drupa carnosa
la forzi e fuoriesce la voce il sortilegio
argentea moneta a rovescio incuso il delfino
guizzante nel porto falcato fuori corso e prima e
dopo e in corso d’opera voce corriva o circospetta
nelle scorribande del timbro ode e ancora sigillo non
casuale occorrenza corre ricorre pietra sempre corrosa dall’acqua…
… e raffiche di realtà penetrano il sacro recinto di ulissidi per forza
io senza rumore a ogni punto di morte recito il nome
forzo la sbergia recido litanie isola persica bocca
di terra lilia e lingua di terra nera libro porta e
morso segno logo e nicchio anaïs femmina e
conchiglia fòlade risacca e lunaria cibele
lighea e luce e semenza e poesia.
Santa Maria dello Spasimo
Dai nomi falsi allo spasimo
io, l’altra sobilliamo i nomi della luce
sibilliamo tagli di confine
carnei allo scadere del mondo
e il carniere colmo al muro
– sublime doppio – al muro
dove finisce il mondo
permane di bene, male.
Implora d’indulgenza il tremore alla luce
chiedile qual è la paura, al panico di cosa
fa’ che mai più nomini
dai solo nomi falsi e lascia che fluttui
dentro il buio, riprenda il suo schianto
lascia che lei ti porti con sé in alto
lo sai? – in immagini rispondo ogivale
mia prima d’esser mia.
Salmo
Dentro il libro folle a marosi.
Qui fuori nessuno. E di nessuno
rosa di nessuno verso di nessuno direzione
di nessuno contro di nessuno vento di nessuno
corrente di nessuno voltare di nessuno andare
a capo di nessuno ultimatum di nessuno riguardo
di nessuno paragone di nessuno prossimità
di nessuno approssimazione di nessuno sangue
di nessuno denaro di nessuno acqua che precipita
di nessuno rovescio di nessuno pari di nessuno
pollice di nessuno dipinto di nessuno papiro
di nessuno moneta di nessuno credito di nessuno
gonfalone di nessuno salmo di nessuno nessuno.
Maria Grazia Insinga
Ho cercato in tutti i modi di entrare in sintonia con questo libro, di comprenderne la sostanza e le coordinate, la corrispondenza del simbolo (la parola) e solo dopo una attenta rilettura sono riuscito ad avvertire il fascino che le pagine sprigionano. A fine rilettura sono rimasto con la sensazione di avere fatto l’amore con una donna bellissima, guidato attimo dopo attimo, direi vigilato dalla poetessa che ha “preteso” un ascolto totale, assoluto. Maria Grazia Insinga è una scrittrice colta e raffinata e ha scritto un libro interessante soprattutto da un punto di vista linguistico, tentata più dal significante anziché dal significato costruendo composizioni come scacchiere che sicuramente sono una bella sfida anche se a volte adombrata da qualcosa che sfugge. È quel che il “Gruppo 63” ha fatto per anni, senza mai produrre però poesie che abbiano lasciato una traccia, sia pur minima, senza che abbiano avvicinato mai nessun lettore. Invece le “costruzioni” di Maria Grazia riescono a coagulare le sue esperienze di donna e di madre, di musicologa e di poeta in sintesi compatte. Un libro intelligente, colto, che cerca di cancellare il pullulare delle trovate fini a se stesse e che da decenni infestano il panorama della poesia. Immagino che Maria Grazia abbia voluto creare uno spartito musicale attraverso la scelta di parole che tra di loro stridendo si amano e producono le scintille necessarie per entrare in una dimensione così nuova da disorientare il lettore non aduso agli accumuli semantici, alle precipitazioni sinfoniche alla Scriabin, con scantonamenti meravigliosi che inseguono la marginalità delle parvenze per cogliere appieno l’anima della quotidianità e del sogno. È proprio vero, “Non accade il vivere / né cala il morire / e la rabbia crescente / è luna allunata, luna / illuminata, allontanata”. Ovvero “La persica / se s’interseca / segando il senso e il quando / non manda allo sbando / che secche ramaglie / nell’abbaglio incosciente /di rabbia crescente / che persicando uccide / il come e il quando”. Una piccola parodia del modo di scrivere di Maria Grazia per dimostrare come ella mi abbia suggestionato. Il suo dettato poetico è insolito e denso di allusioni, di rinvii, di momenti indimenticabili che ci permettono di spiare dentro la psiche di una realtà non predisposta e impossibile da decifrare con le solite figure retoriche e i soliti metodi preconfezionati. Siamo al cospetto di una poesia che innestandosi alle grandi tradizioni, non solo poetiche, le sconcerta e le dipana in filigrane assolutamente innovative, tanto da avere l’impressione di essere entrati nel gioco pericoloso che pretende di vanificare il risaputo a favore dell’imponderabile e dell’imprendibile. A tratti una poesia metafisica e perfino surrealista, ma di quel surrealismo tutto mediterraneo di cui parlava Mario Luzi. Una prova, insomma, di grande rilievo.
Dante Maffia
Maria Grazia Insinga nasce in Sicilia il 20 aprile 1970. Dopo la laurea in Lettere moderne, il diploma in Conservatorio e in Accademia, l’attività concertistica e di perfezionamento e l’insegnamento nelle scuole secondarie, si trasferisce nel 2009 in Inghilterra per poi tornare in Sicilia quattro anni dopo. Nell’ambito degli studi musicologici censisce, trascrive e analizza i manoscritti musicali inediti del poeta Lucio Piccolo. Suona in un duo pianistico ed è docente di Pianoforte presso l’Istituto “Vittoria Colonna” a Vittoria (Ragusa). Nel 2014 la raccolta La porta meta fisica riceve la segnalazione al Premio Montano. Sempre nello stesso anno – con il sostegno dell’Assessorato alla Cultura di Capo d’Orlando – idea il Premio di poesia per i giovani “Basilio Reale” La Balena di ghiaccio giunto alla seconda edizione e presieduto da Emilio Isgrò. Alcuni testi si trovano nell’antologia Il rumore delle parole (Edilet) e in vari blog. Nel 2015 vince il concorso Opera Prima iniziativa editoriale a cura di Poesia2punto0 con la silloge Persica.
Felice di stare su Erato con la strepitosa lettura di Dante Maffia e ringrazio Luciano Nota per l’ospitalità.
Anche per me, ad una prima lettura, non è stato semplice cogliere il corpo e l’anima della silloge di Maria Grazia. Come Maffia, ho dovuto rileggere più volte i versi e adagiarmi a rilento sulle parole per capirne il nocciolo primordiale. Sono giunto alla conclusione che Maria Grazia, trascurando volutamente il significato, crea vicende linguistiche immediate, suggerite dall’inconscio e dall’incandescenza personale, attraverso quel meccanismo mentale che apre al probabile, al congetturato, al non affermato. Una poesia, insomma, che mette in luce con maestria l’operazione primaria della comunicazione antropica, ovvero il ritmo e la comparsa. Poesia a me molto gradita.
Non conoscere la risposta del lettore, la risposta che completa la parola, la risposta anche quando non è risposta in senso stretto, questa per me è la poesia. Credo nella poesia primaria scritta dall’autore ma la poesia autentica rimane quella secondaria scritta dal lettore. Poesia che sta nell’ascolto, nel tentativo di comprendere, nel dubbio di non aver capito, negli spazi bianchi. Grazie Luciano, per lo splendido commento.