Adamo e Eva di Tamara De Lempicka 1932
Bellissima mendica
Sciolta il crin, rotta i panni e nuda il piede,
donna, cui fé lo ciel povera e bella,
con fioca voce e languida favella
mendicava per Dio poca mercede.
Fa di mill’alme, intanto, avare prede
al fulminar de l’una e l’altra stella;
e di quel biondo crin l’aurea procella
a la sua povertà togliea la fede.
“A che fa” le diss’io “sì vil richiesta
la bocca tua d’oriental lavoro,
ov’Amor sul rubin la perla inesta?
Ché se vaga sei tu d’altro tesoro,
china la ricca e preziosa testa,
che pioveran le chiome i nembi d’oro”.
Claudio Achillini
E vennero i giorni del tepore
E vennero i giorni del tepore
il nodo stringente
il tenue frinire dell’incompletezza.
Affondati nella notte. Si levò per noi
una brezza insperata, refrigerio.
Un’epifania di luna
tra il lauro e il respiro dei cedri
baciò i polsi delle statue.
Giovanni Asmundo
Briciole
Noi così sempre funamboli
tra buono e sciocco fatti uguali
due rapaci seppure senza becco
ad affamarci, di noi nutrirci
(e poi tanto bastarci in corpo).
Tu, lasciati dire semmai vuoi
da altri un mozzicone: non
sanno ancora che brace sotto
sei, fatta comignolo. Il nostro
tetto di buono, un panbiscotto.
Io, non m’arriccio più. M’accolgo
(seppure formica sotto lente)
invece a far su briciole da terra.
Sono quelle la dorsale dritta
il sentiero del mio ritorno a te.
Chiara Baldini
E il cielo limpidissimo e confuso
Arrivai trasognato al mio paese
dentro il sole di un vicolo odoroso
di fieno e di pannocchie, era un bel mese
d’autunno, in un pulviscolo radioso
l’aria tutta tremò dalla montagna
al cuore e sulla roccia un volto erboso,
ridente ecco s’accese: una compagna
forse dei sogni della mia età
triste dell’oro quando alla campagna
affidavo canzoni in libertà.
Giocavo con Galliano,
l’amico di quei nudi,
miseri mondi scintillanti, invano
e non invano amati tra i più rudi,
quotidiani lavori
fantasticando inesistenti amori
pur così veri e belli
da strapparsi i capelli.
E il cielo limpidissimo e confuso
già s’inclinava su un germoglio chiuso.
Paolo Ottaviani
Senza amore
. Scenderemo nel gorgo muti
. Cesare Pavese
A che vale la vita senza amore
scevro d’infingimenti,
autentico, profondo, inarrestabile,
eterno, forse, come nei poeti
che l’amore ideale professarono
qual sacra religione
lievemente cantandolo nei versi
con dolce stile eterno?
Buia è la vita senza amore, è vuota
come guscio, in inverno, di cicala
che con il canto l’estate allietava
nell’ardente calura.
L’amore spento, simile a quel canto
che tace nella bruma,
l’animo, un tempo chiaro e luminoso,
oscura, svuota, ottunde ed intristisce
come quel guscio vuoto tra le foglie
ormai stridule, secche, accartocciate,
morte anch’esse nel freddo,
nella triste penombra dell’inverno.
Resta una via soltanto, senza amore
né luce: muti scendere nel gorgo.
Giorgina Busca Gernetti
L’ha ribloggato su "LA MELA ROSSA DIMENTICATA" di Giorgina Busca Gernetti.
I miei più sentiti ringraziamenti a Luciano Nota e ai suoi collaboratori per l’onore di questa pubblicazione in così bella compagnia di poeti
Giorgina Busca Gernetti
L’ha ribloggato su Peripli // home.
A proposito del dipinto di Tamara de Lempicka posto a corredo del terzo giorno di poesie d’amore, l’arte, se è vera, non è mai censurabile.