Poesie Inedite di Sandra Evangelisti

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foto di Daniele Ferroni Sandra Evangelisti è nata nel 1964 a Forlì, città in cui vive e lavora. Dopo gli studi classici, si è laureata in Giurisprudenza. Ha pubblicato cinque raccolte di poesie: Lascio al mio uomo, 2008, L’ora di mezzo, dicembre 2008, Intanto tutto procede, 2010, Diario minimo,2011 e Cuore contrappunto, 2012. È collaboratrice del portale di arte e letteratura internazionale “Lankelot”. Ha una pagina a lei dedicata sul sito “Italian Poetry”.

Il critico

Il critico dice
definisce, dà nome
alle cose non nate, nascoste, rinate
avute ed infrante, mai state o defunte
il critico incasella, distrugge
costruisce e rinuncia
o denuncia lo stato di fatto
pensato o rifatto
di un verso,
che va a capo
o a rima baciata
alternata
in catena,
noi siamo in catene
ma la mano si muove da sola
fluisce il pensiero
e il sangue nelle vene
ed esce, rinasce
rivive per sempre
rimane?

DEFINIZIONI

Di te dicono tutto e niente:
troppo vasto il panorama dei tuoi scritti
per essere definito,
il tuo “itinerario di illuminazione”
confuso dall’ampliamento della “operosità letteraria” .
Tra simbolismo, modernismo, post- modernismo,
sperimentalismo e “minimalia” ;
si può optare per un “realismo integrale”
in cui “il nome si avvicina il più possibile all’oggetto”
e i “minimalia” si riempiono dunque di significato.
Le cose non sono prive di contenuto,
oggetti posticci senza storia
posti a significare se stessi.
E allora? Che cosa ho detto?
Che cosa ho ripetuto?
Dalla astrazione formale alla “spersonalizzazione dell’io”
mettendo sulla scena più personaggi
che raccontano la loro storia
-ognuno la propria-
trentaquattro personaggi,

quattordici scrittori,
sette uomini e sette donne
(numeri che ritornano)

Tanti punti di vista,
e poi il “macero”.
Ogni cosa esce di scena in un punto
piccolo della realtà che scompare
all’improvviso diviene invisibile
e allora sì, ecco il poeta lo coglie
a metà fra questa e l’altra dimensione…
Ma che cosa dico?
Cerco di capire
di catalogare
di commentare
di recensire
– Sono un critico, io, dunque?-
– No ciò che è più lontano,ma devo capire –
…poi: “E non continuate a domandarmi chi sono.”

Ascolto

Non chiederò chi sei, né chi sono
né cosa sono queste parole insulse
o giocose o serie o strane
che le dita producono
per volontà o per caso,
la sera all’ombra di una luce.
Voglio ascoltare il suono
di una musica che non si ferma,
nelle parole odorare l’aroma dell’erba
e sentire il calore della terra tra le dita.
Chiudo gli occhi e ripeto i tuoi versi.
Vedo l’infanzia, la madre
l’amore, le donne, il sogno
la vita, la scena
recita, persone, teatranti
o reali?
“L’usignolo e la rana”,
canto e terra insieme

*

C’è tutto in questa valle terrena
colma delle nostre miserie
e della grandezza del cielo.

Ma : “Se sono io l’albero fiorito
c’è qualcuno che è terra e sangue,
altri che sono muffa e cenere.
Ma quella luce diffusa
da dove sarà venuta
la caparbia avventurosa.”
“Credimi, la novità
è questa luna inventata da poco,..”

e se cantassimo insieme…

“Adios con el corazòn
porqué co l’alma no puedo.
A despedirme de ti
de sentimiento me muero.
Tu seràs el bien de mi alma
tu seràs el bien de mi vida
tu seràs el pajaro pinto
que alegre canta por la manana.”

E allora, chi sono i critici?
E che cos’è parola?

7 commenti
  1. Poesia nuova, accattivante, libera, poesia ammiccante, poesia di connessioni ed allusioni mirate a vincere le divergenze del nostro esser-ci. Allusioni di grande resa poetica. Dove il polemos tra gli opposti crea, anche, il patema della nostra vicissitudine: il fatto di esistere in spazi ristretti con l’anima votata all’azzurro; di esistere coscienti, pascalianamente coscienti, di questa dicotomica nostra avventura. L’articolato linguistico sapientemente ed euritmicamente strutturato sull’ardore allusivo delle metafore si fa corpo di un sentire di polisemica significanza:

    “C’è tutto in questa valle terrena
    colma delle nostre miserie
    e della grandezza del cielo.

    Sì!, c’è in questa poesia tutta la meditazione di un’anima che cosciente della povertà e della precarietà della vicenda umana, azzarda sguardi oltre; oltre i confini dei nostri limiti, per sperdersi nella smisurata estensione dell’inarrivabile:

    “… Chiudo gli occhi e ripeto i tuoi versi.
    Vedo l’infanzia, la madre
    l’amore, le donne, il sogno
    la vita, la scena
    recita, persone, teatranti
    o reali?
    “L’usignolo e la rana”,
    canto e terra insieme”

    E’ la memoria, la musica della parola, il canto del poema, è la natura coi suoi sapidi profumi a riportarla a terra per farla gioire della poesia. Perché Sandra le affida tutto il suo essere, tutto il suo mondo con l’intenzione di vincere quel tempo che limita persino i nostri sogni.

    Nazario Pardini

  2. cara Sandra, volevo dirti che in queste poesie tu sei riuscita a dare il meglio delle tue possibilità, e ci sei riuscita perché affronti il problema degli altri, parli di altri e non di te stessa, avviene così che la tua poesia si arricchisca di cose, di sentimenti, di azioni, di pensieri che vengono dal mondo. È una poesia ricca di mondo, di scontri, di passioni, di animosità… ed è questo che fa della poesia una poesia ricca e significativa. La poesia deve dirci qualcosa sugli altri, qualcosa che magari fino a un momento prima non sapevamo; ritengo che questo sia il segreto per fare una poesia viva e significativa, se invece ci parla della propria dissoluzione, credo che non interessi ad alcuno, tranne che a chi l’ha scritta. I patemi dell’io non sono né belli né brutti: sono noiosi, anche e soprattutto quando entrano in poesia.

  3. Riuscire ad esprimere , metafore o illusioni , i sentimenti che coinvolgono l’animo umano, il subconscio del poeta , la illuminazione policromatica del quotidiano , non è da tutti , e difficilmente riusciamo ad incontrare qualche testo che sia capace di coinvolgere il lettore e trascinarlo a ripensamenti o meraviglie. Allora la poesia deve dirci non solo qualcosa sugli altri, che non sapevamo , ma deve sollecitare ad emozioni , a partecipazione musicale, a immersioni nell’empireo , a cantare nel ritmo e nella musicalità della parola, che la banale scrittura non è capace di esprimere. Antonio Spagnuolo –

  4. Ringrazio Nazario Pardini, Giorgio Linguaglossa, Antonio Spagnuolo, Giorgina Busca Germetti, per le belle parole di commento e sono felice di avere commosso, nel senso di essere riuscita con la parola poetica a trasmettere e muovere emozioni. La scelta fatta da Giorgio fra i miei inediti è particolarmente felice. Provo a rispondere al commento di Giorgio Linguaglossa. Credo che l’evento che rende la parola scritta comunicativa e quindi interessante anche per altri non sia tanto nel parlare di un altro, ma nella totale immedesimazione che con il tempo viene naturale nel poeta fra io, tu e noi. Cioè quando dico io, indico un io che è naturalmente parte degli altri e delle cose e degli eventi. E’ di tutti e per tutti. Questo non viene naturale, non è cosa immediata e tantomeno scontata, ma è il prodotto di un talento unito allo studio e alla passione, e avviene con il tempo e la maturità. Penso a Leopardi e a Petrarca, miei punti di riferimento, classici, perché amo la classicità. La “siepe, che da tanta parte/ dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.//…” è la siepe che sta davanti alla finestra e allo sguardo di tutti e non solo del Poeta, così come il soggetto di “Solo e pensoso i più deserti campi/ vo mesurando a passi tardi e lenti,/e gli occhi porto per fuggire intenti,/ove vestigio uman la rena stampi.//..” è soggetto universale. Credo che la poesia abbia bisogno dell’ “io”, ma di un “io” capace di accogliere in sé tutto il reale in quanto parte integrale di questo: una “creatura”. Vorrei si potesse ritornare ad una dimensione “creaturale” della vita e per questo realmente umana. Non credo all’oggetto che vive di sé e per se stesso e dà forma all’umano. Mi sembra una visione dell’universo molto miope e fortemente limitata. L’animo umano necessita di uno spazio senza misura! Grazie a tutti, e scusate se mi sono dilungata. Arrivederci.

  5. Ho letto con molto piacere le tue parole che avrei voluto scrivere io, citando proprio gli stessi passi di Leopardi e Petrarca, miei Maestri, se non avessi temuto di sollevare di nuovo uno spiacevole “vespaio”, come è successo qualche anno fa in un bel Blog ora non più esistente. Rispetto questo Blog e mi sento onorata di potervi scrivere qualche commento. Ma non voglio creare dissapori e diatribe (eufemismo) che sciuperebbero questa bellezza intorno a Erato. Grazie, perciò, di aver scritto tu per me.
    Giorgina Busca Gernetti

    • Sono felice di avere interpretato anche il tuo pensiero. A proposito del “vespaio” posso dire che forse questi sono tempi più favorevoli, rispetto a qualche anno fa…….(non conosco però i termini e gli argomenti di quelle diatribe).

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