XX
Puoi scambiare stupore con sgomento
se è l’orizzonte a venirti incontro.
Quando riprende il volo la speranza,
cocciutamente sai che non è fuga.
XXXII
Mentre per Waterloo ci si accapiglia
e va ghignando il battito di ciglia,
specchietto distruttore alla bisogna,
serve sovrana incuria la vergogna.
LVII
Mio padre coltivava le tagete
nell’orticello lungo il litorale.
Non la capivo, allora, devozione,
mutevole com’ero e come sono.
LXXII
Lo so che questo è il tempo dell’attesa,
ma sento sempre urlare la sirena.
Non è nel gorgo d’acque favolose,
è l’allarme perpetuo e ignorato.
LXXXIII
A trentacinque anni di distanza
sorride la memoria volontaria.
Non più appesa tra misura e visione
accarezza il respiro che sta accanto.
CXV
Trent’anni fa nella pioggia di fiori,
ci imbarcavamo allegri e un po’ spaesati.
Non sai nuotare, furono battute
riparo arguto in altri temporali.
CXXXI
Per quella mano salda nella fretta
del mattino feriale di dicembre
la bambina che fu segue curiosa
il diario non scritto della madre.
CIV
In vece di un proemio io ti canto
la ninnananna accesso a un mondo altro.
Scorda il gesto che schiaccia, tu, conserva
il salto a lato, la disobbedienza.
Anna Maria Curci
Andrea Emo scrive:«In principio era l’immagine e per mezzo di essa tutte le cose furono fatte: l’immagine è in principio (creatrice e creatura della sua negazione) […]Noi, svolgendo la nostra vita e avendone coscienza, la rappresentiamo mediante immagini. […] Noi creiamo immagini; la nostra conoscenza è continua creazione di immagini. […]Ogni immagine tende sempre a trasformarsi in azione, appunto perché rivela la possibilità, l’attitudine ad un’azione; ed un’azione dopo avere in sé assorbite e distrutte le immagini […]permette il sorgere di nuove immagini».
Perché ricordo queste dense meditazioni di Andrea Emo per i testi di Anna Maria Curci dal libro poetico Nei giorni per versi (per versi, ben si noti, e non perversi…) perché Anna Maria Curci colloca al centro della sua poetica proprio la “immagine”, parte dalle immagini e intorno ad esse allestisce l’architettura delle sue poesie, a forte tinta elegiaca.
C’è anche dell’altro in questo mannello di poesie, ma la cifra che emerge è il legame immagine-parole nel loro rapporto creditorio/debitorio secondo l’idea di Josif Brokskyi.
Luciano Nota, pro-ponendo questa autrice e questa poesia, ha compiuto meritoria opera verso l’arricchimento anche etico-estetico dei/delle lettori/lettrici.
Gino Rago
Cara Anna Maria, ho apprezzato molto le tue poesie e soprattutto il termine “cocciutamente”. Mai come adesso la realtà ci si presenta – o forse è – vana, volgare, scontata, brutta. Ci rimane forse soltanto “l’attesa”? Ma non è così! Sappiamo che c’è il Null,a che c’è “l’altro”, che c’è la poesia. Ci rimane tutto questo: la “speranza cocciuta”, la “devozione”, “la voce arguta della sirena che urla”, “l’allarme ignorato”. Dobbiamo per forza fare appello alla “memoria volontaria”. Complimenti, Francesca Lo Bue.