“Il paradigma dello specchio” poesia inedita di Alejandra Alfaro Alfieri

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IL PARADIGMA DELLO SPECCHIO

I passi, l’uno è sospinto dall’altro, vanno così
insieme, avanti.

Secondo il calzolaio ogni suola porta uno specchio.
Qui si riflette la propria vita.

Lungo la strada si affacciano da un lato diritto all’altro
quello che rimane indietro fallisce.

Te lo ricorda il monologo che parla dietro la scarpa.
Non esiste un tempo che possa attendere

si va in scena senza paradiso.

Alejandra Alfaro Alfieri

 

alejandra-col-basco-bianco-e-neroAlejandra Alfaro Alfieri è nata a Buenos Aires nel marzo del 1989. Cresciuta in Perù, si è poi trasferita in Spagna e in Italia, dove si è formata come operatrice sociale e dove studia Sociologia, presso l’Università degli Studi ” La Sapienza” di Roma. Ha pubblicato, oltre a vari testi in antologie italiane, il prosimetro De la mente al corazòn (Dalla mente al cuore), la raccolta di poesie Profunda Eternidad (Profonda Eternità), il libro Creadora de un vinculo poético universal, scritto a quattro mani col poeta spagnolo Tomas Morilla Massieu. Ha diretto la “Revista cultural Puertos” di Lima, Perù.Attualmente sta lavorando al suo primo romanzo Il guardiano della sua verità.

4 commenti
  1. mi fa piacere questo interesse di Erato per questa poesia di Alejandra Alfaro Alfieri, giovane poetessa bilingue (spagnolo-italiano) che sta percorrendo la direzione di ricerca di una poesia nuova, diversa, che integra i postulati della nuova ontologia estetica rielaborandoli e adattandoli alla sua cultura e alla sua sensibilità.

  2. Questa seconda versione del Paradigma dello specchio è una variante ridotta della prima; e di questa farò un commento.
    Il primo distico molto chiaro nel senso è scritto per chiarire il secondo distico: dunque se al posto di “passi” sostituiamo il termine “specchio” si può declamare che gli specchi sospingono gli altri “in avanti” compresi i riflessi che possono generare ad ogni passo e che proiettano “la propria vita”.
    La vita allora procede a piccoli o grandi passi reali, concreti (la dimensione non è specificata) trascinandosi dietro specchi e riflessi come dichiara il calzolaio (che qui assume la veste di un creatore).
    Durante il tragitto in avanti lo specchio –ad ogni passo – riflette se stesso originando gli avanzi di un passato indeterminato che “rimane indietro” e che segna un fallimento: non sono concessi a chi procede verso il futuro ripensamenti e passi indietro, di ritornare – come si dice – sui propri passi!
    Il quarto distico è più complesso nel senso che la vita genera un linguaggio solipsistico che non è capace di eliminare poiché resta dentro allo specchio come un ricordo ad ogni passo… questo fa pensare all’orma che resta stampata sulla terra e l’orma stessa è una testimonianza (il ricordo) di quel linguaggio (monologo).
    E poiché non ci si può fermare – non è possibile arrestare il passo altrimenti si ferma pure il tempo – il tempo non attende affatto!
    E dietro la quinta è così impaziente che nemmeno l’assenza di un paradiso qualsiasi lo frena dall’andare in scena… e va egualmente in scena perché bisogna rispettare i tempi stabiliti dal copione.
    Non si attende nulla, nemmeno il premio di un paradiso, appunto!
    Questo è un dramma o una comica?
    Chi può e chi non può attendere: la morte o la vita?
    Rivolgiamo la domanda a Shakespeare.

  3. Breve commento di Gino Rago

    Alejandra Alfaro Alfieri si misura in questi versi con il terribile e affascinante tema-paradigma-di-doppiezza-frammento dello specchio.

    Sceglie di dare cittadinanza piena a poche parole, ben inserite nella tessitura poetica del suo componimento breve [conosco sullo stesso tema anche la composizione più lunga] e il suo transitare da una lingua-madre a una lingua-approdo spinge i lettori competenti

    (Giorgio Linguaglossa e Antonio Sagredo nei rispettivi commenti ne colgono alcuni nitidamente) a meditazioni complesse fra le quali citerei brevemente almeno questa per me ineludibile: le parole sono i raggi ultravioletti dell’anima e tra le stesse parole e le cose occorrono grandi spazi da intendere come ferme distanze perché il poietès porta le cose all’essere a partire dal Nulla.

    Alejandra Alfaro Alfieri, mentre si confronta con le cose, con esse stabilisce grande distanza, come l’osservatore di Proust che osserva il mondo al di fuori del flusso spazio-tempo e vede ciò che non può essere veduto restando soltanto nella percezione del tempo perduto.

    Gino Rago

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