Il Futurismo a Varese, a cura di Maria Grazia Ferraris

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La mostra Il palpito del colore che si è aperta il 10 giugno 2018 a Laveno (VA) e che nasce dalla collaborazione di alcune significative realtà culturali attive nel territorio dei laghi varesini (Museo Civico Floriano Bodini, Museo Innocente Salvini, Associazione Amici del MIDeC – Laveno Mombello, Associazione Menta e Rosmarino,…) è l’ occasione per illustrare il panorama pittorico varesino del Novecento estendendolo fino ai contemporanei, e sottolineando come l’arte varesina abbia rilievo anche in un quadro nazionale. È stata curata da Chiara Gatti, storica e critica dell’arte, specialista di scultura e di grafica moderne e contemporanee, che scrive per le pagine del quotidiano «La Repubblica» e cura progetti che incrociano ricerca estetica e antropologia, e ha curato monografie e testi critici dedicati a Carlo Carrà, Fausto Melotti, Alberto Giacometti, Angelo Bozzola, Enrico Baj, …, pubblicando per la casa editrice Bruno Mondatori. Nel catalogo ha avuto spazio anche il mio saggio: “ Il futurismo a Varese” che riproduco.

Il Futurismo rimane ancor oggi un fenomeno innovativo tra i più interessanti, specialmente sul piano plastico, ne va valutata l’influenza che ha avuto in molti settori dell’ attività artistica e della comunicazione, non ultimo quello della pubblicità, mentre risulta più limitata la sua incidenza sul piano del pensiero e della letteratura, che è nondimeno molto interessante. Varese, non ancora provincia, ( lo diventerà solo nel 1927) è stata luogo di soggiorno e villeggiatura milanese nei primi anni del Novecento,- turistica- estiva e domenicale- ed è entrata in questa veste nell’ immaginario futurista. Una interessante tavola paroliberista di Volt (pseudonimo di Vincenzo Fani Ciotti, 1888- 1927), autore di Archi voltaici, nel 1916, per le edizioni futuriste di Poesia, con una originale scrittura, che sfrutta a piene mani tutte le possibilità del paroliberismo, ci presenta una Varese-Domenica significativa. Ci riconduce al successo della Varese meta dei turisti milanesi, oramai tradizionali…

Leggiamola coi criteri futuristi.

Il treno delle Nord, il mezzo privilegiato per raggiungere Varese (trr tr tr treno elettrico divoratore di orizzonti) da MILANO, carico di mariti desiderosi di tranquillità e cibi genuini (fuggire alla bolgia- città risate scampagnate quater fètt de salamm on biccér de vìn respirare a pieni polmoni l’aria moglie campagna)- che porta con sè chiacchiere evasive e luoghi comuni dei fine-settimana maritali, si avvicina a VARESE, non ancora assurta all’onor di città-capoluogo ( giardino + officine +bottiglierie +odore di provincia). Prima col tram ( puzzo di umanità domenicale) poi con la funicolare (tartaruga meccanalpinistica), (come doveva sembrare lento il mezzo di trasporto per i novelli amanti della velocità!), i novelli viaggiatori domenicali raggiungono stanchi e affaticati ( su su su u u uff ci siamo nonnepossopiù ) l’albergo Tre Croci in cima alla montagna (pallone frenato) L’albergo è il Grand Hotel sul Campo dei Fiori, accanto al quale ci sono le tre Croci (cimitero aereo). Ma non c’è solo la montagna come diversivo domenicale. In alternativa si poteva optare per il secondo itinerario varesino, quello notissimo devozionale (ascensione processioni beghine) al Sacro Monte, che è un antico luogo di pellegrinaggio (parruccaccia di case arrugginite, fianda pietrificata), tessuto di pietra. Dalla sommità del Sacro Monte si potevano scorgere, se non c’era la NEBBIA, o se il paesaggio non era avvolto nell’umida calura estiva, i laghi del Varesotto, i laghetti-pozzanghere (sputacchi di Giove Pluvio) che sono i laghi di Varese, Monate, Comabbio e Biandronno. Scivolano sull’acqua gli idroplani, specie di aliscafi di uso inizialmente militare che la Macchi, nota fabbrica del Varesotto, produceva e la Schiranna, “la spiaggia” di Varese, ospitava. ( rrrrrronzio di coleotteri idroplani). Bella tavola. Davvero sintesi dei risultati tecnici cui Marinetti aspirava anche in campo letterario e che esprimeva in tavole parolibere che compariranno sui numeri della Voce e di Lacerba, dai quali i suoi seguaci- Papini, Prezzolini, Palazzeschi, Soffici, Folgore e compagni – scagliavano i loro strali contro il conformismo borghese.

downloadVarese tornerà ancora nei pennelli futuristi, in particolare in quelli di Uberto Bonetti (1909-1993), che dipinse circa cinquanta opere -tecnica mista su carta e olii su tavola- degli anni Trenta), comprendenti diverse Aeroviste di città Italiane, tra cui Varese. Uno strano futurista. Era nato nel 1909, l’anno del Manifesto, a Viareggio… Frequenta Depero (1892-1960), esponente di spicco del “secondo futurismo” e tra i firmatari del “Manifesto dell’aeropittura” del 1929, che lo guida nelle applicazioni dei principi dell’avanguardia alla grafica e alla pubblicità. Come espressione del mito della macchina e della modernità caratteristico del movimento marinettiano, l’aeropittura manifesta l’entusiasmo per il volo, il dinamismo e la velocità dell’aeroplano … Il giovane artista versiliese, già amante del mondo dell’aviazione, fu subito attratto dalle prospettive mutevoli del volo e dalla rappresentazione della velocità, che accompagnava i successi della giovane aeronautica militare nei primi decenni del secolo, con le imprese degli aviatori italiani Balbo, De Pinedo, Ferrarin. I pannelli finali erano da collocarsi nelle sedi diplomatiche e governative. Fra il ‘32 ed il ‘37 esegue una serie di pannelli aerofuturisti andati distrutti durante la guerra dei quali restano una serie di bozzetti preparatori, schizzi e piccoli acquarelli. Le poche tavole rimaste sono accomunate dal rigore formale e dall’ eleganza compositiva del soggetto e esaltate dalla dinamicità e da una cromia “intensa e squillante”. I disegni acquerellati sono dedicati a voli su alcune città italiane. Il risultato dei suoi lavori confluisce in opere che esprimono il dinamismo dell’aviazione, “il volo, le velocità aeree, le prospettive aeree, gli stati d’animo aerei”, secondo le parole di Marinetti. A questa linea appartengono le opere su Varese. Sono tre, appartenenti oggi a collezioni private: egualmente interessanti. Piccole tavole perfettamente conservate, in cui si riconoscono alcuni edifici cittadini di architettura tipica del regime: la più nota è La Questura, un olio magro su tavola, anni 30, di piccole dimensioni, perfettamente conservato. Il legno non opportunamente trattato, ha assorbito la parte più molle ed oleosa del pigmento, opacizzandolo, il naturale invecchiamento e la patina acquisita negli anni hanno conferito una suggestione ed una preziosità non prevista dall’autore. I colori sono intensi, e la tempera usata a larghe e piatte campiture stabilisce rapporti di armonia tra le varie parti che richiamano le coppie dei colori (rosa verde- verde e arancione) che si sostengono a vicenda con eleganza. Bellissime anche le due tavole dedicate all’isola Bella e al lago d’Orta, in cui la vista dall’alto con l’aereo ruotante intorno alla propria verticale di volo, trasformato in uccello, riprende i colori dei nostri laghi: verdi e azzurri, blu ed ocra, grigi e gialli, tenui rossi i tetti appena occhieggianti nella spirale del volo… Tra i futuristi fondatori dell’ aereopittura va ricordato anche Tato : è il nome d’arte del pittore, ceramista, scenografo e fotografo Guglielmo Sansoni (Bologna 1896 – Roma 1974) . Volontario della guerra 1915-’18, durante la quale stabilì una stretta amicizia con Boccioni, Russolo e Sironi, al termine del servizio militare al ritorno a Bologna organizza il primo gruppo futurista emiliano e nel 1922, alla presenza di Marinetti, inaugura la I^ mostra d’arte futurista al teatro Modernissimo. E nel 1931 partecipa a Roma alla I Quadriennale d’arte nazionale, esponendo con il gruppo degli aeropittori alle successive tre edizioni (1935, 1939, 1943) ed organizza la prima mostra di aeropittura; firma con Balla, Benedetta, Depero, Dottori, Fillia, Prampolini, Marinetti e Somenzi il “Manifesto dell’aeropittura”.

Scrive Edoardo Sassi, sul <Corriere della Sera>: “Virate, decolli, sorvoli: la mitologia dell’aeroplano non ancora divenuto mezzo di comunicazione di massa, tra spirali di colore, «apparecchi» e visioni in cui si mescolano realismo, linee di velocità di astratta memoria, colori vivaci e un certo monumentalismo d’insieme: queste in sintesi le caratteristiche di Tato…”. Ed i quadri di Tato ci riportano questa volontà di spezzare col passato, creare nuovi orizzonti spaziali e di movimento, in una realtà dinamica che non cura i particolari, soprattutto nelle zone di luce e di ombra, e le proporzioni precise, offrendoci una pittura vera, seducente nella sua modernità, che a suo tempo ricevette marcate lodi da Marinetti e oggi stupisce per l’essenzialità tipica della ricerca contemporanea. Lo attirava il volo, che praticò con Balla. E la provincia di Varese a Vizzola Ticino gli offriva la Caproni, un’impresa del settore metalmeccanico che rappresentò una delle più importanti aziende aeronautiche italiane e che durante gli anni Trenta assunse le dimensioni di un vero e proprio gruppo industriale. La Caproni aveva affiancato all’azienda aeronautica la Scuola di Aviazione ed iniziò ad affermarsi il suo prestigio a livello internazionale. In quegli anni infatti il Ca.11 conquistò il primato di velocità nazionale, ed il Ca.12 il primato mondiale. Nel 1915 era stata fondata anche la SIAI Marchetti, storica industria aeronautica di Sesto Calende che ebbe momenti di grande successo internazionale, negli anni ‘30, caratterizzati dalle grandi imprese aviatorie effettuate con idrovolanti ed aeroplani. Molti furono i voli effettuati da Tato in Italia (famoso il suo primo giro in aereo su Roma con un Caproni) ed all’estero, che aumentarono la sua percezione e la conseguente riproduzione artistica futurista nelle sue opere, le quali ebbero una vasta eco, con esposizioni in Italia ed all’estero. I suoi quadri sono polemiche a colori, che fanno intravedere la realtà. La velocità, il colore, il sole, la luce… I Caproni .. “ enorme mole argentea dalle grandi ali tese…Dai tubi di scappamento paragonati dal Balla a costole meccaniche, si delineava la febbre turbinosa dell’infinito…La luce ..carezzava quelle enormi ali d’argento e metteva a nudo il loro apparato nervoso…che sembrava invocasse libertà di volo.”

Marinetti scrive di lui: “… è stato il primo a dare palpiti e sudori di benzina olio di ricino calorie e slancio ai pesanti trimotori… Lo dimostra con 70 aeropitture… vuole ambientare gli apparecchi tra la più svariata fantasia di sfumature che lo spazio possiede e sogna di moltiplicare…

I paesaggi di Tato sono delle narrazioni ed hanno spesso i colori della festa e dell’ironia. Le case a sghembo, le ciminiere pendolanti, le strade si dilatano come l’alveo di un fiume alla foce, le piazze che sembrano camminare…Attraverso il volo gli è consentito di rovesciare il tradizionale senso prospettico e di vedere il mondo dall’alto al basso, inebriandosi delle nuvole, del sole, del cielo…

rev40659(1)Vanno anche ricordati alcuni esperimenti ironici pittorici di Adriana Bisi Fabbri (1881-1918) che è una straordinaria eclettica pittrice, cugina di Boccioni, morta prematuramente, sepolta e dimenticata, (come le tante donne attive artisticamente nella prima metà del Novecento) ancor oggi qui, in provincia di Varese, a Travedona. La Bisi nel 1911 partecipa a Torino alla mostra Frigidarium, dedicata all’arte umoristica internazionale. In questa occasione escono le sue caricature sulle donne: donne di casa, donne che creano, occupazioni di donne, donne straniere… Notevoli: Civetta, Pitonessa, Lucertolina- tempere e acquarello in cui le donne metamorfizzate in animali simbolici –pavone, lucertola, civetta- esprimono i più vistosi difetti caricaturali del loro genere: dimostrano quanto la pittrice sa essere coraggiosa e anticonformista, come sappia esorcizzare il ruolo tradizionale della donna borghese angelo del focolare e liberarsi pur rabbiosamente in un ruolo libero ed emancipato di artista. in cui esaspera ironicamente la lettura dell’universo femminile. Del resto non manca di rivendicare la sua emancipazione: “Una creatura ha ben diritto.. di sentire come sente, pensare come crede, di scegliersi la vita che più le piace. L’intelligenza non ha sesso. Io sono, io voglio- capisce che voglio?- essere un’artista. Poi sarò, naturalmente, donna…. Sono passata attraverso tutti, per essere più “me” domani. Chissà se poi riuscirò ad essere “me”. Compone opere di parodia del futurismo come Il chiar di luna futurista, ispirata al Manifesto di F. T. Marinetti del 1909. Viene considerata una rivelazione. Una tela, Gioconda Leonardo, o Gioconda strozzata da due mani maschili, per il suo fascino geniale, antiaccademico verrà pubblicata perfino sui giornali argentini, e vincerà il concorso Arte Umoristica ”Il secolo XX” a Milano. Originali lavori di ironia incalzante e dissacrante, con una punta di surrealismo. La Salomè invece, verrà censurata dalla stessa Adriana, preoccupata dei possibili effetti negativi. A torto. Sono davvero splendide le sue Salomè, pastelli su carta, appena avvolte in un velo leggero si contorcono dimentiche di tutto fuorché del loro corpo, in delizioso carnevalesco appena accennato ballo di gioia. La fisicità come un diritto di cui la donna si deve riappropriare. La sua carica grottesca, la capacità di deformazione caricaturale sembra anticipare alcune scelte del movimento Nuova Oggettività e la pittura tedesca di Otto Dix e Gorge Grosz. Di tutto il vasto e chiassoso mondo dei futuristi Varese ha visto la presenza letteraria, benché tarda, di due leaders della prima ora, due protagonisti storici : Luigi Russolo, pittore e musicista, filosofo, autore dell’Arte dei rumori (1913), opera che segna il suo passaggio dall’interesse per la pittura alla musica, con l’invenzione di un nuovo strumento, il rintonarumori, e che è morto a Cerro di Laveno nel 1947 e Bruno Corra , autore del Manifesto della critica futurista (1914), del teatro e del cinema futurista (1916), del manifesto della scienza futurista (antitedesca-avventurosa- capricciosa- sicurezzofoba-ebbra d’ignoto ) che è un’antiscienza, in nome della fantasia e dell’elogio dell’incertezza. Fu direttore col fratello Ginna de “L’Italia futurista” (1916-1918), oltre che autore di molti romanzi di cui il più significativo è il futurista Sam Dunn è morto, illustrato da Rosa Rosà, la più importante disegnatrice futurista, che risale al 1914. Molti temi e interessi accomunano i due scrittori: l’amore per la musica e per l’invenzione di nuovi strumenti; il tema pittorico e del colore e delle sue analogie con la musica (musica cromatica); lo studio di filosofie orientali ed il tema dell’occulto, dell’onirico; i soggiorni parigini; l’abbandono del futurismo poi e una seconda parte della vita spesa in direzione diversa: verso il romanzo d’intrattenimento e di evasione, per Corra, verso la meditazione filosofica, per Russolo. Movendosi a cavallo delle varie arti egli nota che la sola espressione dell’arte dei colori in uso ai suoi tempi è il quadro, ma «si può creare una nuova e più rudimentale forma d’arte pittorica ponendo sopra una superficie delle masse di colore armoniosamente disposte le une rispetto le altre, in modo da dar piacere all’occhio senza che rappresentino alcuna immagine. Corrisponderebbe a ciò che in musica si chiama accordo e possiamo chiamarlo quindi accordo cromatico». Come la musica, che è una serie di suoni che si susseguono nel tempo, anche l’arte dei colori potrebbe dar luogo «a una forma d’arte temporale che sarà un accozzo di toni cromatici presentati all’occhio successivamente, un motivo di colori, un tema cromatico». I suoi anni più significativi erano stati quelli del suo originale futurismo fiorentino. Nel gennaio 1928, dichiara: “ Sono stato futurista, avanguardista: non lo sono più affatto.La funzione dell’avanguardia rivoluzionaria mi pare esaurita, così in arte come in politica, e specialmente in Italia. Era forse, nei primi anni del novecento, un residuo di ribellismo ottocentesco?”. Luigi Russolo (1885-1947) , appartiene alla prima generazione di pittori futuristi che conobbe a Milano, dopo aver frequentato saltuariamente l’Accademia di Brera e aver fatto il praticantato come restauratore presso la bottega di Crivelli. Era il prototipo dell’uomo futurista teso a stringere legami tra le arti e ad applicare ampiamente i principi del movimento. Mostra interesse per il simbolismo, predilige l’inquietudine e il fantomatico, evoca direttamente le forze che attraversano il cosmo. Coi futuristi lavorò fino al 1913, quando complice la guerra e l’abbandono dell’attività artistica, abbandonò la pittura per dedicarsi alla ricerca e alla teorizzazione dell’arte dei rumori e di alcuni strumenti di sua invenzione. Tale attività, ancora legata al futurismo lo assorbì completamente. Lui stesso, in terza persona scrive, commentando il suo quadro, Musica, del 1911:

….Sono un pittore futurista che proietta al di fuori di sé un’arte molto amata e la sua volontà di rinnovare tutto. Perciò più temerario di quanto potrebbe essere un musicista di professione, non preoccupandomi della mia apparente incompetenza, e convinto che l’audacia abbia tutti i diritti e tutte le possibilità, ho potuto intuire il grande rinnovamento della musica mediante l’arte dei Rumori.

Il rumore, che non significa fracasso o cacofonia, è l’aspetto non sfruttato della musica, un nuovo mondo di energia acustica, che si estende dal mondo della natura a quello della città. Anche Russolo prenderà le distanze dal futurismo, accennando alle sue inquietudini esistenziali e annuncia una linea di ricerca nuova e autonoma, che lo porterà verso il misticismo, l’occultismo e la filosofia. Mostrerà l’insofferenza per il caos della vita milanese e si rifugerà sul lago Maggiore, presso Laveno, a Cerro, in una piccola casa vicino al lago. A Cerro si dedicherà alla scrittura del suo libro Al di là della materia.

rubino_cameretta2L’opera iniziale di Antonio Rubino , che operò a Sesto Calende, illustratore e scrittore autodidatta intuitivo, dal gusto fastoso e fantastico, si ispira in parte al Futurismo. È ben giusto quindi che una originale mostra del ’99, allestita a Parma, al museo Pigorini, abbia colto le analogie con l’opera di Depero . Aveva come sottotitolo “il futurismo spiegato ai bambini ed il bambino spiegato ai futuristi”che è certo una linea interessante di interpretazione del lavoro dei due artisti. Il Manifesto Ricostruzione futurista dell’universo, del 1915, firmato da Depero e Balla, apre infatti per la prima volta alle questioni pedagogiche dell’arte e all’attenzione per il bambino, non solo spettatore ma anche attore, con un bel capitolo sul giocattolo futurista e sulla sua funzione ludica. Antiaccademici, reagiscono entrambi alla condizione artistico-sociale del tempo con l’intenzione di perseguire un rinnovamento creativo e liberatorio della fantasia. Non rinnegano la tradizione, non si pongono polemicamente contro la precedente generazione, ma optano decisamente contro il luogo comune, per la modernità. Diventano canoni fondamentali del loro lavoro il dinamismo plastico, le linee –forza che caratterizzano l’arte del futurismo, che si traducono in una beffarda volontà di giocare con pupazzi, marionette e burattini, asimmetrici, destrutturati, dinamici nei loro movimenti a spirale. Antonio Rubino ha saputo mettere a disposizione del fantastico mondo dell’infanzia la sua giocosità traducendo il mondo dell’avanguardia di Fortunato Depero. Depero protagonista del movimento futurista, fece emergere la sua consapevole coscienza critica e stupiva anche intellettualmente mostrandosi spesso incontenibile ed esuberante nella sua inventività, tutto energia e movimento, Rubino, più fantastico ed intimistico, più osservatore ed indipendente, alla ricerca della coesistenza di verticalità e stabilità, toccava le corde dell’affettività e della tenerezza, traducendo un messaggio morale implicito nel racconto illustrato. Differenze nella riconosciuta linea innovativa e creativa futurista.

Maria Grazia Ferraris

 

Bibliografia minima.

Salvatore Ventura, Tato futurista, Palombi editore,2015, catalogo mostra centenario Siai; Marchetti Roberto Basso, Uberto Bonetti futurista, catalogo Lavit, Varese 2011; Luigi Sansone,( a cura) Adriana Bisi Fabbri, catalogo Mazzotta, 2007, museo della Permanente, Milano.

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