Francesco Mazzola detto il Parmigianino nasce a Parma nel 1503. Con il Pontorno e il Rosso Fiorentino è considerato uno dei massimi esponenti del primo manierismo. Educato a Parma dagli zii Pier Ilario e Michele Mazzola, nel 1524 si trasferisce a Roma dove incontra il Rosso Fiorentino che ebbe su di lui notevole peso. Tra gli scolari di Raffaello guardò soprattutto Giulio Romano e a Perin del Vaga, oltreché agli incisori della cerchia di Marcantonio Raimondi. Allontanato dal sacco del 1527, si trasferisce a Bologna, ove rimase fino al ritorno in patria, avvenuto nel 1531. Il suo linguaggio pittorico si svolge secondo la linea coerente di un manierismo tra i più preziosi e raffinati per la rigorosa eleganza formale. Se il Correggio pare già proiettato verso il Barocco, Il Parmigianino, suo principale allievo, ne interpreta invece l’opera in senso manieristico, spingendo questo stile alle sue estreme conseguenze, con la ricerca di effetti bizzarri, basti pensare al celeberrimo Autoritratto in uno specchio convesso (1524) conservato nel Kunsthistorisches Museum di Vienna, e l’eleganza aristocratica dei suoi personaggi, la cui figura viene deformata oltre ogni credibilità realistica per tendere a una bellezza assoluta, cerebrale, irreale, come in quella Madonna dal collo lungo (1534-1540) che sembra precorrere certi ritratti di Modigliani. La Madonna dal collo lungo ( Galleria degli Uffizi, Firenze), è l’esempio più famoso dell’eleganza inquietante del Parmigianino. La Vergine e il bambino sono esageratamente slanciati e mantengono una posizione instabile, scivolosa, hanno un incarnato talmente perfetto da sembrare marmo. Il Parmigianino sprofonda via via in un’esistenza sempre più allucinata, che lo vede prima finire in prigione per debiti e poi rinchiudersi in un laboratorio d’alchimia dove muore nel 1540 (Casalmaggiore), a soli trentasette anni, mentre insegue il folle sogno di creare l’oro.
Il Parmigianino sembra lo specchio delle travagliate vicende storiche italiane nella prima metà del Cinquecento. Lo dimostra anche il suo passare da una città all’altra, da una chiesa all’altra per eseguire le opere che gli venivano commissionate, spesso lasciate incompiute per la sua irrequietezza spirituale e sregolatezza nella vita.
Ma proprio quando gli fu tolta per inadempienza la commissione per le decorazioni in Santa Maria sella Steccata a Parma, il Parmigianino eseguì il suo capolavoro, cioè la Madonna dal collo lungo, lasciata purtroppo incompleta alla sua partenza da Parma. In essa, creata per la cappella della sorella del cavalier Baiardo, le forme allungate e sinuose, l’asimmetria, l’anticlassicismo giungono a un livello tale da costituire una decisa rottura degli equilibri del Rinascimento, che ne fanno uno dei dipinti più importanti e rappresentativi del Manierismo italiano.
È vero che il collo lungo della Madonna fa pensare alle giovani donne dipinte dal Modigliani, così come il capo leggermente piegato. Mi colpisce, però, il colore del Bambino, così pallido da sembrare morto, così in bilico da sembrare sul punto di cadere a terra. Stravaganze di un pittore originale.
Come originale è l’autoritratto in uno specchio convesso, in cui non solo il volto è deformato, ma la mano in primo piano è così sproporzionata rispetto al volto da far pensare a un fotografo inesperto che non sa far mettere in posa il personaggio da ritrarre e gli fa risultare alcune parti, in primo piano, veramente fuori misura.
Giorgina Busca Gernetti