Giorgio Linguaglossa (a cura di) AA.VV, How the Trojan War Ended I Don’t Remember (An Anthology of Italian Poets in the Twenty-First Century) Chelsea Editions, New York, 2019, prefazione di John Taylor, nota di Gino Rago

Antology How the Troja war ended I don't remember

Negli Stati Uniti è uscita la prima ed unica «Antologia della poesia italiana contemporanea» di quel paese. Curata da Giorgio Linguaglossa, tradotta da Steven Grieco Rathgeb e con prefazione di John Taylor, per i tipi e le cure di Chelsea Editions di New York, 330 pagine complessive, l’Antologia How the Trojan War Ended I Don’t Remember, nel titolo ricalca la omonima Antologia uscita in Italia nel 2017 per le Edizioni Progetto Cultura di Roma, Come è finita la guerra di Troia non ricordo con la prefazione di Giorgio Linguaglossa.

I poeti presenti in How the Trojan War Ended I Don’t Remember si dispiegano lungo un arco generazionale di circa cinquant’anni, dal 1926, anno di nascita di Alfredo de Palchi (il primo libro è del 1967, Sessioni con l’analista) passando per Anna Ventura, il cui primo libro Brillanti di bottiglia è del 1978, fino alla più giovane, Chiara Catapano. I poeti antologizzati, Alfredo de Palchi, Chiara Catapano, Mario M. Gabriele, Donatella Giancaspero, Steven Grieco Rathgeb, Letizia Leone, Giorgio Linguaglossa, Renato Minore, Gino Rago, Antonio Sagredo, Giuseppe Talìa, Lucio Mayoor Tosi, Anna Ventura, Antonella Zagaroli si muovono per lingua, lessico e scelte tonali nello spazio espressivo integrale nel ripudio diffuso dell’Io narcisistico del diario quotidiano. Qualche autore/autrice poi si volge al metodo mitico e ai miti. Guarda a ciò che negli ultimi trent’anni nei cinque continenti e in centinaia di lingue, con stili e obiettivi assai diversi, si sta verificando nel mondo reale attraverso le tragedie archetipiche di Sofocle, di Eschilo, e soprattutto di Euripide: il mondo dei miti è diventato uno dei prismi culturali ed estetici in cui questo mondo conflittuale e dis-funzionale ha tentato e cerca di vedere riflessa la propria immagine.

A tale proposito scrive John Taylor nella Prefazione: «Certo, alcuni modernisti del ventesimo secolo hanno sviluppato una analoga Poetica, che fa rivivere o riutilizza il passato nel presente…i poeti qui antologizzati spesso spingono l’ironia molto più lontano…». Da un autore all’altro, da un’autrice all’altra, anche se ci sono sfumature per storie personali e temperamenti poetici differenti, si ritrovano un analogo sentimento, quello di una sorta di «spavento del destino e della storia», che però non ha prodotto la «paralisi della poesia pensante», e un analogo pensiero quello di un «nuovo paradigma in corso d’opera». I 14 poeti scelti e antologizzati dal curatore Linguaglossa si pongono come figure significative del Grande Gelo della parola raffreddata e ibernata e della stagnazione estetica e morale dei nostri anni. Con le parole di  Tzvetan Todorov, «si continua a credere che l’uomo merita di rimanere lo scopo dell’uomo».

Di certo possiamo dire che questa Antologia va verso  nuovi paradigmi di ontologia poetica ed estetica, effetto diretto di quel passaggio che  da L’opera aperta di Umberto Eco (1962) a Midnight’s children (1981) e Versetti satanici di Salman Rushdie (1988), ha suggellato la conclusione del Post-moderno. Il favoloso, il fantastico, il mitico, il reale diventano un tutt’uno,  coincidono con lo spazio della scrittura nella quale non ci sono più separazioni ma fluidità. Il nuovo romanzo prende tutto da tutto. Così come con la poesia di Tomas Tranströmer finisce l’epoca di una poesia lineare (lessematica e fonetica) ed  inizia una poesia  che integra il fattore Tempo (da intendere nel senso delle moderne teorie matematiche topologiche secondo le quali il quadrato e il cerchio sono perfettamente compatibili e scambiabili) ed il Fattore Spazio.

Scrive John Taylor: «Il titolo dà il tono a questa vivace antologia. I versi dei quattordici poeti inclusi in Come la guerra di Troia è finita, non ricordo (Roma, Progetto Cultura, 2017), evoca l’eredità greco-romana in vari modi, attraverso il reale, il leggendario e le mitiche figure che vanno da Ulisse ad Apollo, da Medea e Ecuba al [poeta romano di età augustea] Gaio Cornelio Gallo. Certo, alcuni modernisti del ventesimo secolo hanno sviluppato una analoga Poetica, che fa rivivere o reimpiegare il passato nel presente. Tecniche sviluppate da T. S. Eliot in The Waste land e The Love Song di J. Alfred Prufrock vengono in mente quando si esaminano i campioni di alcuni dei poeti compresi qui Detto questo, i poeti qui antologizzati spesso spingono l’ironia molto più lontano di quanto non abbiano fatto Eliot, Kavafis, o altri antenati modernisti.

Gino Rago

 

ALFREDO DE PALCHI
da Paradigma / from Paradigm

Sono il dilemma
che oltraggia la veste monacale usata dalla mente,
e per il suo corpo incolume
sono lo sposo della mensa
adorato ogni notte in ginocchio presso
il letto spogliato quanto te;
la veste intatta ad un chiodo a poco a poco si chiazza
di unguenti spalmati sulle piaghe dell’intimo punire
mentre tenti di fermare la mano surreale che ti accende
e ti invischia nella sua potenza.
La finestra della cella è chiusa, l’uscio sbarrato,
i muri calcinati assorbono le urla mute;
e tu, monacale, divarichi le carni ustionate,
e con bocca saturnina piena di lingua che serpeggia lucifera
avvolgi nell’ideare il mio calvario infiammato
vinto con la religione della tua essenza
carnale — prendimi come vuoi,
in tutte le bocche gonfie di rosa, turgide di passione,
riempiti del tuo salvatore.

4 febbraio 2000

I am the dilemma
that outrages the nun’s habit used by the mind,
and for your unharmed body
I am the groom of the altar,
adored by you on your knees each night
next to the bed undressed as you are.
The garb intact on a nail bit by bit is stained
by unguents smeared on sores in the intimate punishment
as you attempt to stop the surreal hand that ignites you
and entangles you in its power.
The cell window is shut, the exit blocked,
the whitewashed walls absorb your silent screams
and you nun-like divaricate your scalded flesh
and with saturnine mouth full of meandering luciferian tongue
you envelop in the concept my inflamed calvary,
conquered with the religion of your carnal essence—
take me as you will, in all your mouths swollen with rose,
turgid with passion,
fill yourself with your savior.

4 February 2000

Mi
immedesimo in te, Cristo,
spirito incolume della mia religione
carnalmente di bestia umana — la mia comunione sacra
è la manifestazione di quanto esprimi spezzando il pane
“prendete, mangiate, questo è il mio corpo”
e porgendo il vino
“bevete, questo è il mio sangue.”

Mi spezzo, come il pane della cena,
e dissanguo, come offerta di vino — simbolo del sangue
prezioso; sono il carnivoro
il cannibale che lingueggiando divora il suo corpo
e beve il sangue della ferita
perché si ricordi di me;
e tu inchioda sulla stessa croce il mio amore
per le sue carni maestose.

Grace Church, NYC, 11 giugno 2000
I
immerse myself in you Christ,
unharmed spirit of my carnal religion
of human beast—my sacred communion
is the manifestation of all you express breaking the bread
“here, eat, this is my body”
and offering the wine
“drink, this is my blood.”

I break myself like the dinner bread
and bleed, like the offering of wine—symbol of precious
blood; I’m the carnivore
the tonguing cannibal devouring the body
drinking the blood of the wound
so that I’ll be remembered:
and you nail my love on the same cross
for her majestic flesh.

Grace Church, NYC, 11 June 2000

*
Perché brucio di calce nel sangue
porgi la tetta nutriente di succhi
all’età che sgela il siero
nella radice ossea

sbiancata
ramifica germi sotto la pelle
terragna di raccolti cereali
verdure al mattino di brina
zucche e vendemmie

dal fondo ciclico di filari con pioppi
e olmi sulle rive del fossato
guizzante di pesci all’alba
arrivi quasi sveglia
nel circolare vortice

hai il sapore del riposo
non gli ultimi voli della notte e il brucare in silenzio
l’odore acre del letame fumigante a mucchi
per i campi di novembre
e la crescita nei solchi con il sole che scala
l’orizzonte della perfetta curva

che si allontana
si allontana e visibilmente si fonde
nel turbine che trascini nell’aria

19 novembre 2007

*

Because my blood is burning white with lime
you feed me the nourishing juices of your breast
at an age when serum thaws
in the bone root

off-color
it spreads seeds under the skin
earthy from the harvest: cereals
vegetables in the dewy morning
squash and vintage grapes

from the cyclical depth of rows of poplars
and elms by the banks of the moat
that flickers with fish at dawn
you arrive almost awake
in the whirling vortex

you taste like sweet repose
with the last nocturnal flights and the silent grazing
the acrid smell of manure steaming in pats
through November fields
and the growth in hedgerows under the sun as it scales
the horizon of a perfect curve

that moves away
moves away and visibly melts
into the whirlwind you drag through the air.

19 november 2007

 

MARIO GABRIELE

da In viaggio con Godot / from Traveling With Godot

Un Ermitage con combine paintings
di Rauschenberg
e un guardiano al limite degli anni
dove chi va oltre non lascia traccia;
— tanto vale restare qui — ,
disse Alicia che temeva il cambio di stagione.
Non è stato facile lasciare la casa in via delle Dalie.
Giose è rimasto con Benedetta in Guysterland
e con le piccole gocce di lacrime amare.
Quando non è nel Vermont
manda romances and poems.
Non basta un dollaro per incontrare — la Bella Carnap
fatta di pelle di capra e zoccoli d’oro — .
Sweeney ha oltrepassato il confine,
lasciando un Frammento di prologo
dopo aver salutato per sempre Mrs. Turner.
Abbiamo trovato serpenti nel giardino.
Una sofferenza l’ha patita la farfalla
prima di volare sul concerto
per pianoforte e orchestra di Richter.
Kafka uscì distrutto nel Processo.
Ci fu chi riferì su l’Assassinio nella Cattedrale,
ma i vecchi del borgo giocavano a poker
senza fare nomi.

A Hermitage with combine paintings
by Rauschenberg
and a keeper on the verge of retirement
where those who go beyond leave no trace;
“We might as well stay here,”
said Alicia who feared the change of season.
It wasn’t easy to leave the house in Via delle Dalie.
Giose stayed back with Benedetta in Guysterland
and with the little drops of bitter tears.
When he is not in Vermont
he sends romances and poems.
A dollar is not enough to meet The Carnap Belle
made of goat skin and golden hoofs.

Sweeney has now crossed over the border
leaving a Fragment of a prologue
after saying goodbye for ever to Mrs. Turner.
We found snakes in the garden.
The butterfly suffered some distress
before flying onto Richter’s
Concerto for piano and orchestra.
Kafka came out of The Trial in pieces.
There were some who reported on Murder in the Cathedral,
but the old men in the hamlet played poker
without revealing names.

*

Donna Evelina piantò le orchidee nel giardino.
Lucy mi volle con sé a vedere l’erba sotto la pietra.
Un abate ci invitò a salvare l’anima.
— La città — disse, — è un luogo proibito
e l’azzurro è il centro dell’iride — .
Un cappellino di velluto rosso
accolse le lacrime dal cielo
come un’acquasantiera.
Alle nostre panchine tornammo
a spargere semi,
germogliando e appassendo dentro casa.

A piedi nudi ci avviammo
in un bosco di prataioli notturni.
Il freddo ci lasciò contriti,
non indietreggiò davanti ai rami
abbattuti dalla neve.
Non sapeva che da lì, a breve,
sarebbero venute le idi di marzo.

Fernandez non conosceva — Caroline in Sickness — .
“Buenos dias, Senior. Siamo turisti,
veniamo dal Sud per vedere Guernica
e il Ritratto con Maternità
su fondo bianco di Francoise Gilot
e dei suoi due bambini. Ne sa qualcosa? — .
— Yo no tengo mucha idea de cuáles son los lugares:
más interesantes de esta zona pero me han hablado
del Teatro National” — .

*

Lady Evelyn planted the orchids in the garden.
Lucy wanted me beside her to see the grass under the stone.
An abbot called on us to save our souls.
“The city,” he said, “is a forbidden place
and blue is the center of the iris.”
A little red velvet hat
gathered the tears from the sky
like an aspersorium.
Back we went to our benches
to scatter seed
as we sprouted and wilted indoors.

We set off barefoot
in a wood of night champignons.
The cold left us feeling remorseful,
it didn’t retreat before the branches
knocked down by the snow.
It never knew that soon enough
the Ides of March would be with us.

Fernandes was not acquainted with Caroline in Sickness.
“Buenas dias, Señor. We are tourists,
we’ve come from the South to see Guernica
and Portrait with Maternity
on a white background, by Françoise Gilot
and her two children. Do you know anything about it?
“Yo no tengo mucha idea de cuáles son los lugares:
más interesantes de esta zona pero me han hablado
del Teatro National.”

*

Sulla Swiss Air leggemmo I Racconti Ginevrini
e La Salamandra di Octavio Paz.
Si fa colazione insieme, questa mattina, Miriam,
dopo il saccheggio dei sogni.
La notte è cuscino e coperta.
Oh, Principessa, qui davvero comincia il count down!
La stanza accumula fumi, si ridesta al mattino.
Tutto si rallegra in un Buon giorno Madame.
La terra è un braciere. Non vale discuterne ancora.
Già le cose, come sono, ci spezzano le dita.
Non c’è porto sicuro dove andare.
Aspettiamo un miracolo
da Nostra Signora di Guadalupe.
Ora siamo in due a sognare una gita
non prima aver chiuso il giardino,
ritoccato il viso a Marybloom,
così non può dire che la giovinezza è sparita.
L’anno è passato.
La pioggia rivuole le sue note da pianoforte.
Una musica dal sottoscala saliva al cielo.
Natalie Cole cantava Unforgettable.
Ora i miei morti sono quelli che non ricordo.
Gli altri, figuranti nella memoria,
vivono in orizzonti stretti,
se ne stanno in silenzio nel giardino di Klingsor.

*

On Swissair we read The Geneva Stories
and The Salamander by Octavio Paz.
This morning it’s breakfast together, Miriam,
after the plundering of dreams.
The night is pillow and blanket.
Oh, Princess, here the countdown begins in earnest!
The room builds up fumes, reawakens in the morning.
Everything brightens up in a Buon giorno, Madame.
The earth is a brazier. There’s no point discussing it any more.
Things as they stand are already breaking our fingers.
There’s no safe haven to go to.
We await a miracle
from Our Lady of Guadeloupe.
Now it’s two of us dreaming of an outing
not before we’ve shut the garden,
given Marybloom a face enhancement
so she can’t say her youth is gone.
The year is over.
The rain wants its piano notes back.
From the basement some music rose to the sky.
Natalie Cole was singing Unforgettable.
Now my dead are those I don’t remember.
The others, picturing in my memory,
live in narrow horizons,
they keep silent in Klingsor’s garden.

 

4 commenti
  1. In effetti se si voleva dare idea di quale sia l’ampio respiro di questa antologia, meglio non si poteva fare che porre, in questa pagina, le (queste) poesie di Alfredo De Palchi con quelle di Mario Gabriele; che gli sono parecchio distanti. In realtà per i due non sarebbe così, punti in comune, a partire dalla frammentazione del discorso, ve ne sono parecchi, ma non con queste del De Palchi, che tornano un poco indietro nella tradizione.
    Questa antologia, insieme alla prima edizione italiana, segna l’inizio di un percorso che porterà doni sulle tavole degli italiani. Molto presto. Gino Rago, che ringrazio, è come sempre ineccepibile.

  2. Peccato che sulla copertina è mncante il Salento. Chi l’ha disegnata non sapeva che l’Italia -finisce a Santa Maria di Leuca.
    Pare che John Taylor, per quel che mi riguarda della sua prefazione, abbia scritto che ero frequentatore di bettole ( erano cantine – anni ’60 e70 – che erano state trasformate in spazi teatrali), quindi frequentavo teatri di sperimentazione. Credo che sia il prefatore che il traduttore non conoscano affatto la storia del teatro romano che alla epoca era di interesse mondiale. Poi vi sono altri abbagli.
    Non sempre la parola è la cronaca (non dico storia!) dei tempi concreti.

    as

  3. Ringrazio

    – Luciano Nota e La Presenza di Erato per l’ospitalità;
    – Lucio Mayoor-Tosi e Antonio Sagredo per i loro acuti, ancorché brevi, commenti.

    Personalmente, ma è una mia considerazione, credo che questa opera antologica, sia per i valori poetici che contiene, sia perché fin qui è un unicum negli interscambi poetici italo-americani, meriti la massima diffusione nel contemporaneo panorama della nostra poesia.

    (gino rago)

  4. Ricevute sulla mia e-mail, copio, incollo e condivido queste riflessioni di Alfredo Rienzi,
    ottimo poeta e competente interprete della poesia contemporanea:

    “Caro Gino [Rago]

    come sai seguo con interesse molta poesia contemporanea italiana e, in sincerità, le istanze strutturali, concettuali ed estetiche della “n.o.e.” sono tra le più interessanti.

    Nella tua nota, due riferimenti mi trovano praticante “attivo”: quel “ripudio dell’Io narcisistico del diario quotidiano” e i riferimenti a prime fenditure eliotiane nel muro della poesia piana e narrativa, lirica o meno, coeva (di Eliot, ovviamente)

    Sono consapevole che in diversi testi, dell’ultimo biennio, io abbia sentito e assorbito diverse istanze, comprese la tua suggestiva operazione “degli stracci” e del disassamento del testo in più scansioni spaziotemporali. Forse qualcosa è finito anche nel volume appena edito Partenze e promesse. Presagi, altre sono inedite o sparse, alcune le ho inviate a Giorgio.

    Purtroppo aborro da sempre il registro unico e la riconoscibilità preimpostata, così migro tra stilemi, registri, ambiti… Poi non funziona perché i miei quattro lettori mi riconoscono comunque, ma ho l’illusione di continua ricerca.

    Ti seguo ogni volta che c’è occasione e apprezzo la qualità dei tuoi lavori. Ed è una bella operazione quella dell’Antologia. Con la sincerità che il nostro amico Giorgio innalza meritoriamente a valore assoluto, e che mi piace concedermi per la buona confidenza che ho con te, trovo, dal mio punto di vista, un po’ stridente solo l’innesto, tra le decine di schegge o stracci evocativi (questo è un aspetto meno considerato: la forza evocativo-emozionale del frammento, della citazione) , di inserti autoreferenziali, perché mi danno l’idea di un canone di gruppo, anziché personale, come invece hai saputo dimostrare. Ma è un dettaglio.

    Un caro saluto

    Alfredo Rienzi”

    Era un peccato che queste meditazioni restassero nel sonno d’una e-mail.
    Ringrazio Alfredo Rienzi per questo contributo fondato su una idea di poesia come luogo di incontro di tutte le energie della meditazione attiva.

    (gino rago)

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