Luca Ronconi metteva in scena a Milano, per la stagione teatrale 2008, Itaca, di Botho Strass, uno degli scrittori più importanti del mondo letterario contemporaneo. Itaca, la terra promessa, l’Utopia, inganno e sogno. Itaca, l’isola per antonomasia, la terra del ritorno, parola mitica, sinonimo di paese natale, il luogo delle origini, cui si tende, si ritorna, per ricordare, riconquistare la propria identità, e per i più fortunati, anche l’affettività smarrita e la poesia della vita. Itaca ovvero della necessità. Un topos letterario, immortale, come ce l’hanno insegnato Omero ed il suo immortale girovago e infedele Ulisse, che canta nella Odissea la bellezza e il fascino del luogo natale, la ricchezza naturale, il paesaggio reso eterno, indimenticabile dalla inguaribile nostalgia: un paesaggio mentale.
“Ulisse, figlio di Laerte, io sono.. / abito la serena
Itaca, dove / lo scuotifronde Nérito si leva /
superbo in vista, ed a cui giaccion molte / non
lontane tra loro isole intorno, Itaca…: aspra di
scogli, / ma di gagliarda gioventù nutrice. / Deh,
qual giammai l’uom può della natia / sua contrada
veder cosa più dolce?…
E ancora: “Alpestra sorge, e male / vi si cavalca,
né si stende assai. / Sterile non però torna: di
grano risponde, e d’uva, e la rugiada sempre / bàgnala,
e il nembo: ottimo pasco ai buoi / e le capre
vi trovano: verdeggia / d’ogni pianta, e perenne
l’acqua irriga. / …Ecco il porto di Forcine,
e la verde / frondosa oliva che gli sorge in cima. /
Ecco non lungi l’opaco antro ameno,… sacro: la
convessa / spelonca vasta riconosci… / Ecco il sublime
/ Nérito monte che di selve ondeggia.”
Precisione di descrizione unita all’innamoramento per la terra nativa, fuse nella nostalgia. A tale mito ritornano e piegano, quasi necessitati, molti uomini di lettere, tra di essi anche i notissimi Vittorio Sereni e Piero Chiara –, che fanno di Luino (VA), patria comune, la loro privata Itaca, il luogo dell’anima. Vittorio Sereni, nativo di Luino, ormai poeta affermato e con una vita lavorativa attiva ed impegnata a Milano, tornava ogni anno al paese di nascita per collaborare all’edizione di una rivista radicata nel territorio, L’Almanacco La Rotonda. Cercava consapevolmente la sua Itaca. Ricerca insistente, mai abbandonata. Scriveva Chiara a Sereni negli sconsolati anni cinquanta postbellici:
“…Sulla bilancia della nostra povera e condizionata felicità abbiamo ben poco da mettere – e quel che vi pesa di più è un po’ di aria antica – di lago, di paese, d’infanzia lasciata oltre le foci del Tresa, in quel triangolo di terra tra il fiume, il lago e il confine.”
E Sereni, leggendo interessato e partecipe le pagine di quello che sarà il futuro romanzo Il piatto piange di Chiara, osservava: “Caro Piero…, c’è in te la stoffa di un Checov luinese ed è un vero peccato che tu non abbia coltivato di più questa vena. C’è humour…, un’ arguzia costante su un fondo di tristezza che rasenta a tratti la disperazione. …ma ho ritrovato in pieno l’atmosfera che è alla base dei versi che stavo scrivendo e che cominciano:
..e qui, ridotti a pochi, li colse/ la nuova primavera…
Confermava il suo stato d’animo e la sua ricerca sentimentale immutabili, agli inizi degli anni Ottanta, all’amico Attilio Bertolucci, che del suo paese natale sull’Appennino emiliano, Casarola, aveva fatto il luogo principe di ispirazione poetica, la sua privata Itaca: “…più che la tua poesia e il tuo talento, invidio le tue radici: le mie sono incerte e deboli; il retroterra è scarso – anche per questo, senza dirselo, si è pensato di metter su La Rotonda. Luino non è che memoria infantile, e per il resto territorio insondabile, privo di quelle vie d’accesso, di quelle antiquitates e diciamo pure di quelle tradizioni, di quelle ascendenze che risaltano così nette e così struggenti – ma così concrete –….Meglio delirare Casarola da lontano…” Scriveva al poeta amico Parronchi da Milano, appena ritornato dalla prigionia in Africa: “…se fossero altri tempi, ti scongiurerei di fare una scappata da queste parti mio ospite… E un giorno mi piacerebbe portarti a Luino e farti conoscere quella fonte (esausta?) di commozioni… Ho un grande desiderio di stare con te e di leggere qualcosa insieme..” Con Chiara dando vita a La Rotonda compiva una operazione dalle profonde risonanze emotive e culturali. “Il mio modo odierno di guardare a Luino – scrive in uno degli ultimi interventi Sereni – vede o crede di vedere in trasparenza una storia nascosta, continua nel tempo, che vi si svolge; una rete di gesti e di sguardi, un sottinteso. Figure che si sfiorano appena movendo nel paese e nella sua aria, in un battito di ciglia, in un sorriso si riconoscono abitatori di un paese segreto che gli sta dietro, sempre sul punto di sconfinare nella patria notturna variegata e proteiforme dei sogni, dove si scompongono e ricompongono gli accadimenti diurni: e in esso si parlano e agiscono con una pienezza di cui i loro atti quotidiani non sono che un indizio.” Il lago, il Maggiore che accompagna il suo canto, non era più per lui solo un lago, come il paese non era più un paese, naturalmente caro, ma marginale. I luoghi così amati divengono “un attonito, specchio di me, una lacuna del cuore”: una nuova Itaca.
“Itaca era dentro: una luce un volto un odore
l’ombra in certi pomeriggi nella sala da pranzo
o il tuo sorriso sotto il susino.
Un luogo… Un luogo di dentro. Un oscuro punto
nella mappa luminosa del cuore
Per sempre solo tuo/ per sempre nascosto.
Come Ulisse nessuno torna a quel che ha perso
come Ulisse non sarai riconosciuto.” (Manuel Alegre – Itaca.)
La vita ci cambia e ci trasforma, talvolta pensiamo di non aver avuto la fortuna di possedere la nostra Itaca o di averla persa, malinconicamente riflettiamo sull’impossibilità e inutilità del ritorno…., ma, come dice il poeta Konstandinos Kavafis, il consiglio deve rimanere valido.
Itaca tieni sempre nella mente.
Ma non precipitare il tuo viaggio.
Meglio che duri molti anni, che vecchio
tu finalmente attracchi all’isoletta,
ricco di quanto guadagnasti in via,
senza aspettare che ti dia ricchezze.
Itaca t’ha donato un bel viaggio.
Senza di lei non ti mettevi in via.
Nulla ha da darti più.
E se la trovi povera, Itaca non t’ha illuso.
Reduce così saggio, così esperto,
avrai capito che vuol dire un’Itaca.
Se perdi definitivamente la tua Itaca… allora è davvero l’alienazione dolorosa, straniante, senza consolazione: universale. Totale. La voce severa, dolente, ammonente di Giorgio Caproni prova a raccontarcela:
“No, non è questo il mio / paese. Qua / – fra tanta gente
che viene, / tanta gente che va – / io sono lontano e solo
/ (straniero) come / l’angelo in chiesa dove / non c’è Dio. Come,
/ allo zoo, il gibbone.//
Nell’ossa ho un’altra città / che mi strugge. È là. / l’ho
perduta. Città / grigia di giorno e, a notte, / tutta una scintillazione
/ di lumi – un lume/ per ogni vivo, come / per ogni
morto. Città / cui nulla, nemmeno la morte / – mai, – mi
ricondurrà.”
Maria Grazia Ferraris
Pregevole ed efficace la “ITACA: il paese mentale” di Maria Grazia Ferraris. La Itaca del mondo letterario contemporaneo, la terra promessa e dell’utopia, la terra mitica del distacco, della memoria, del ritorno. L’Ulisse e la Itaca di Omero sono stati effettivamente fonte di ispirazione delle molteplici interpretazioni di Scrittori e poeti. Mi sovviene quanto scrive Piero Bevilacqua: Per non naufragare nel mare aperto del nostro tempo, si impone un ancoraggio alla storia e ai luoghi di partenza. “Solo chi custodisce un’Itaca in fondo alla propria memoria è l’Ulisse che sa esplorare le diverse terre del mondo.”( L’utilità della storia – Donzelli)
(…) Itaca tieni sempre nella mente.
La tua sorte ti segna a quell’approdo.
Ma non precipitare il tuo viaggio.
Meglio che duri molti anni, che vecchio
tu finalmente attracchi all’isoletta,
ricco di quanto guadagnasti in via,
senza aspettare che ti dia ricchezze.
Itaca t’ha donato il bel viaggio.
Senza di lei non ti mettevi in via.
Nulla ha da darti più.
E se la ritrovi povera, Itaca non t’ha illuso.
Reduce così saggio, così esperto,
avrai capito che vuol dire un’Itaca.
K.K. (trad. F.M.Pontani) (Metafora del “viaggio”, cifra vera della vita; del “viaggio” secondo Fernando Pessoa).
La nota critica di Luciano N. ben lo afferma.
Gino Rago
Maria Grazia Ferraris cuce sapientemente il tema del ritorno, del nostos, rivisitando in filigrana dall’Ulisse omerico altri poeti che hanno mantenuto nel loro sfondo il richiamo delle origini. Spesso dolente, ma mai inutile perchè restitutivo di una dimensione identitaria che le vicende della vita tendono a far smarrire. Ringraziamola per averci richiamato questo fondamentale esercizio dell’anima