John Ashbery è un poeta statunitense (Rochester, New York, 28 luglio 1927 – Hudson, 3 settembre 2017). Insieme con Kenneth Koch e Frank O’Hara è stato uno dei New York Poets, che perseguivano un rinnovamento della poesia analogo a quello dei Beats e dei Black Mountain Poets. Nella sua opera confluiscono le problematiche più avanzate delle arti contemporanee, la ripresa dell’eredità modernista e la fusione di poesia e arti visive. Tra le sue opere Some Trees (Alberi, 1956); The Tennis Court Oath (Il giuramento del campo da tennis, 1962); Self Portrait in a Convex Mirror ( 1975; Autoritratto in uno specchio convesso, Milano, 1983); April Galleon (Galleone d’aprile, 1987; Can You Hear, Bird: Poems (1995); Chinese Whispers: poems (2002). Nel 2008 per Luca Sossella esce Un mondo che non può essere migliore. Poesie scelte 1956-2007, antologia curata da Damiano Abeni con Moira Egan.
THIS ROOM
The room I entered was a dream of this room.
Surely all those feet on the sofa were mine.
The oval portrait
of a dog was me at an early age.
Something shimmers, something is hushed up.
We had macaroni for lunch every day
except Sunday, when a small quail was induced
to be served to us. Why do I tell you these things?
You are not even here.
QUESTA STANZA
La stanza in cui entrai era il sogno di questa stanza.
Certo tutti quei piedi sul sofà erano miei.
Il ritratto ovale
di un cane ero io in piú tenera età.
Qualcosa riluce, qualcosa viene azzittito.
A pranzo mangiavamo pastasciutta tutti i giorni
tranne la domenica, quando una quaglia veniva indotta
a esserci servita. Perché ti dico questo?
Nemmeno sei qui.
PAPERWORKS
Waste rime on these riddles?
Because what would I lecture on then?
The master that comes after, after all,
brushes them aside or burns them.
Am I therefore not very strong?
Will my arch be built, strung along the sand
within sight of olive trees? No,
I am cut of plainer cloth, but it dazzles me
in the evening by the moonlight.
L’heureuse, they called ber.
Day after day she gazed at the blue gazing globe
in her sunlit garden, saying nothing.
Noticing this, the old stump said nothing too.
Finally it couldn’t stand it any longer:
«Can’t you be something? You bave the required manners
and your dress is a shifting of pea-green shot with sea-foam».
I know I shall one day come to the reason
far manners and intercourse with persons.
Therefore I launch my hat on this peg.
Here, there are two of us. Take two.
Turning and turning in the demented sky,
the sugar-mill gushes forth poems and plainer twists.
It can’t account for the roses in our furnace.
A motherly chimp leads us away
to a table overflowing with silverware and crystal,
crystal smudgepots so the old man could see through tears:
He is the one you ought to have invited.
CARTE
Perdere tempo con questi rompicapo?
Perché su che cosa farei lezione allora?
Il maestro che viene dopo, dopo tutto,
li toglie di mezzo o li brucia.
Io dunque non sono molto forte?
Il mio arco sarà eretto, teso lungo la sabbia
fin dove si vedono gli ulivi? No,
io sono un pezzo di stoffa normale, ma mi colpisce
la sera nel plenilunio.
L’heureuse, la chiamavano.
Giorno dopo giorno guardava lo sguardo azzurro del globo
nel suo giardino soleggiato, senza dire niente.
Notando questo, neanche il vecchio ceppo diceva niente.
Finché è sbottato:
«Non puoi essere qualcosa? Hai le buone maniere che ci vogliono
e la tua veste è un movimento di verde pisello iniettato di spuma marina».
So che un giorno io mi rassegnerò
alle buone maniere e al commercio con gli altri.
Perciò lancio il mio cappello su questo attaccapanni.
Ecco siamo in due. Prendine due.
Continuando a girare nel cielo demente,
la macina dello zucchero versa poesie e più semplici mosse.
E come spiegare le rose nella nostra fornace?
Una scimmia molto materna ci porta
a un tavolo coperto di argenteria e di cristalli,
pentole sporche di cristallo che permettevano al vecchio
di vedere attraverso le lacrime:
lui avresti dovuto invitare.
THRILL OF A ROMANCE
It’s different when you have hiccups
Everything is—so many glad hands competing
for your attention, a scarf, a puff of soot,
or just a blast of silence from a radio.
What is it? That’s for you to learn
to your dismay when, at the end of a long queue
inthe cafeteria, tray in hand, they tell you the gate closed down
after the Second World War. Syracuse was declared capital
of a nation in malaise, but the directorate
had other, hidden goals. To proclaim logic
acasualty of truth was one.
Everyone’s solitude (and resulting promiscuity)
perfumed the byways of villages we had thought civilized.
Isaw you waiting for a streetcar and pressed forward.
Alas, you were only a child in armor. Now when ribald toasts
sail round a table too fair laid out, why the consequences
are only dust, disease and old age. Pleasant memories
are just that. So I channel whatever
into my contingency, avein of mercury
that keeps breaking out, higher up, more on time
every time. Dirndls spotted with obsolete flowers,
worn in the city again, promote open discussion.
IL BRIVIDO DI UN’AVVENTURA D’AMORE
È diverso quando hai il singhiozzo.
Tutto è – cosí tante mani con secondi fini si contendono
la tua attenzione, una sciarpa, uno sbuffo di fuliggine,
o solo un boato di silenzio da una radio.
Cos’è? È una cosa che saprai
con sconcerto quando, alla fine di una lunga coda
al self-service, vassoio in mano, ti dicono che la porta ha chiuso
dopo la seconda guerra mondiale. Siracusa fu dichiarata capitale
di una nazione malconcia, ma il direttorato
aveva altri, reconditi scopi. Proclamare la logica
vittima della verità era uno di questi.
La solitudine di tutti (e la conseguente promiscuità)
profumava i vicoli di paesi che avevamo pensato civili.
Ti ho visto che aspettavi il tram e sono passato di fretta.
Ahimé eri solo un bimbo con l’armatura. Ora quando brindisi ribaldi
fanno vela attorno a un tavolo troppo bene imbandito, ecco le conseguenze
sono solo polvere, malattia e vecchiaia. I bei ricordi
sono solo ciò che sono. Cosí io convoglio qualsiasi cosa
nella mia eventualità, una vena di mercurio
che continua a disperdersi, piú su, piú puntuale
ogni volta. Dirndl maculati di fiori obsoleti,
indossati di nuovo in città, promuovono un dibattito aperto.
John Ashbery (traduzione di Damiano Abeni)
Coniuga un andamento prosastico e quasi colloquiale della sintassi con l’adamantina densità semantica delle immagini. Perciò sembra semplice e oscuro ad un tempo, accessibile e inafferrabile.
Il nostro mondo sta compreso in una parentesi a metà tra reale e sogno, e noi indugiamo in questa indecisione, di sapore induista; ma la concretezza del senso comune vorrebbe convincerci che le impronte su un divano provino che esistiamo. Il dialogo con una assenza é continuo; i piani sensoriali si intersecano, rendendo incerta la decifrazione del mondo.
In mezzo a quelli che sembrano frammenti di conversazione ordinaria affiorano lampi visionari, enigmi interroganti e irriducibili abuna interpretazione univoca, che curvano il discorso su un piano inaspettatamente metafisico.
Il quotidiano si intreccia a voli in epoche scomparse, per offrirci improvvise rivelazioni sul nostro stare al mondo: I brindisi fanno vela verso la polvere, la fila al self service si conclude con la scoperta che una porta era già chiusa e che la nostra attesa era stata vana…
L’ha ribloggato su Paolo Ottaviani's Weblog.