Ibico, poeta lirico corale greco, visse nel VI sec. a.C. Proveniva da Reggio Calabria, dove trascorse la prima parte della sua esistenza. Durante questo periodo subì l’influenza del poeta contemporaneo Stesicoro e sul suo modello compose carmi epico-lirici. Tra il 1564 e il 1560 (secondo la datazione proposta dalla Suida) andò a Samo alla corte di Policrate, padre del futuro omonimo tiranno. Qui conobbe Anacreonte e godette di privilegi e ingenti ricchezze. La tradizione fece del poeta l’inventore della cosidetta sambike, uno strumento musicale dalla forma simile a una cetra triangolare.
2
Mi toccasse sempre questa fatica!
E se qualcuno degli uomini
mi biasima in segreto,
vanto ancora maggiore ne avrò.
5
Uccisi i giovani dai bianchi cavalli
i figli di Molione:
gemelli cui il capo spuntava
da un unico corpo
nati da un uovo d’argento.
7
Nuovamente Eros di sotto le palpebre nere
mi guarda struggente
e con variegate malie mi spinge
tra le inastricabili reti di Cipride.
Io tremo quando lo vedo venire,
come un corsiero già vecchio
allenato a molte vittorie
contro sua voglia
s’avvia alla gara dei carri veloci.
12
Non possono trovare i morti
un farmaco che li riporti alla vita.
16
Laggiù tra le ultime foglie
posano cangianti folaghe
dal collo screziato,
larghe ali d’alcioni lucenti.
…
sempre, animo mio,
come quando la folaga ad ali distese…
17
Una riva di pietre
lavorate da mani mortali:
lì un tempo, vicino alle conchiglie,
pascolavano pesci crudivori.
18
Sopra l’ondata
spunta indenne la sartia.
Ibico (traduzione di Giulio Guidorizzi)
L’ha ribloggato su Paolo Ottaviani's Weblog.