Cinque poesie di Shar Danus

domino

IN MORTE DEL PADRONE

Steso placido al patio
di un bar di vacanze in lutto
un vecchio cane quieto accoglie
le esequie del suo titolare.
Alle gambe degli astanti
cede il passo, annusa l’aria
stira la schiena e stremato
s’accuccia grave al cemento.
Ha accudito a una vita, ora
rileva la sua buonuscita,
– il suo solstizio –
fedele, finalmente,
solo a se stesso.

 

CHIUDE PER UN TRISTE INVENTARIO

Chiude per un triste inventario
la libreria sul Largo Europa.
Assorte, le commesse vocate
ad un mesto calvario, leggono titoli,
puliscono scaffali, sfogliano l’aria
a stento e si riposano su pile
di romanzi, saggi, abbecedari.
Con loro ripongo le mie biografie
solitarie sul giusto ripiano,
le trame degli anni in un solo sommario,
racconti sciupati dal tedio, gli affanni,
in un dizionario sdrucito.
Equa, la serranda, langue sul negozio
e sulle strade. Riprendo la via.
Un uomo mi spia da una reflex,
intatta in un lampo il mio triste,
privato, inventario.

 

RESPIRO DALLE TENDE

Dalle tende bianche appese
a queste finestre pare
un respiro tranquillo,
il vento,
un saliscendi sereno.
Gonfiano
Svuotano
Tengono il fiato e sbuffando
Si rilassano.
Quanti chissà penseranno con me
alle maree, tende che aprono
e chiudono al cielo,
all’eterno mutare dei giorni,
ai cicli continui di curve, dio
che gioca con me sotto l’acqua
a fare le smorfie del pesce che parla.
Le tende respiro del mondo
Il mio spirito aleggia
Pulviscolo vacuo nel Vuoto

 

ORA CHE TI CERCO, TU NON SEI

Ora che ti cerco, tu non sei.
Non un piccolo rimbecco
al mio richiamo.
Ti cerco tra le stanze, senza tregua,
navigando sul tappeto forato
da talpe di tabacco, senza meta,
come si cerca una chiave smarrita,
un ciondolo inutile fregio per cui si fa tardi,
quella sigaretta fuori dal pacchetto
valido motivo all’astinenza.
Se le nostre vite fossero un duetto
sarei la nota sbagliata, l’accordo stonato.
Sarei, alla cena imbandita,
il becco smussato del tavolo.
Sono lingua mozza al palato,
folate fredde al volo di un falchetto.

 

CROCOLIO DI UN FUOCO

Tornare alla terra madre,
alle minute case, alle private strade
è il verso di un libro sgualcito,
un mito antico,
crocolio di un fuoco
domestico, pallido e lieve.
Il pane aperto alla mensa profuma
della preghiera prima del pasto.
Si spegne ogni parola
in questo nocciolo di candela,
gli inutili affanni nel suono
di campane, lontano.
Se fai che piano ti accolga
tra le sue stanze care
tutto s’abbambagia
come alla seta il baco.

Shar Danus

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