Si giunge ad una mixture narrativo-poetica ove gioca la condizione di esistenza, che cede per immergersi nel sogno e che sussurra, per una parola acronica, anche il senso paradossale del nulla. Lo sgomento per il disfarsi della bellezza, un dono che elargisce troppo poco e che il tempo dissolve senza pietà nel giro inaspettato del soffio, opprime così che anche «la vita è polvere caduta / sulla pelle morta». Una incerta forma di esperienza sapienziale e forse mistica racchiude il simbolo che l’autore incide sulla pagina per una forma che realizza i suoi reperti ben controllati nel verso, verso che, anche se calato in misure brevi e fulminanti, ha una sua compostezza nell’arco della interpretazione classicheggiante. Il recupero della parola sembra affondare proprio nella sfiducia di un linguaggio che possa esperire le verità ultime delle cose e degli avvenimenti
quotidiani. Una vera e propria tensione che aggancia lo scarto positivo del lemma, per cui il poeta esce da ogni prospettiva di ripiegamento su se stesso per corrispondere angosce e gioie, interrogativi e sospensioni, certezze e dubbi, nel piano lineare che caratterizza la propria individualità. Sul piano formale tutta la raccolta di Giulio Marchetti resta caratterizzata da un uso alquanto accentuato di forme della ripetizione, tra le quali l’anafora che tratteggia variazioni di slittamento, e le estensioni del significato tecnicamente luminose per soluzioni adottate.
dalla prefazione di Antonio Spagnuolo
Scintilla
Chiedo luce a questo niente
e poi torno a subire
il silenzio.
Forse l’oscurità non è
una zona di passaggio,
è il mio luogo di nascita.
Altro che pienezza dell’alba,
qui è già tanto la scintilla
di un bacio di cristallo.
Dammi almeno
un’alternativa,
al futuro.
Demoni
Voglio dare nuova carne
a questo scheletro,
spogliare in fretta il giorno
per vedere dove nasconde la tenebra.
Volti sconosciuti arrivano in pose nemiche,
creature al limite del declino della luce.
Il mio cuore è un giardino da bruciare.
Respiro ma senz’aria,
provo a stare lontano da me.
E tra le fiamme in delirio
ancora stringo
un sogno di carta.
Noia
Tempo,
scivoli nel sonno dell’attesa.
Quale alba o risveglio
potrei sognare
diversi dalla noia?
Vorrei scivolare tra le dune
di questo deserto
perché è l’unico paesaggio
che conosco.
Ho strappato tutti i fiori
per avere tra le mani
qualche sprazzo di colore.
Il mondo giace lontano
e la vita stagna
come un fiume che non scorre.
Insegnami a scivolare via.
Meraviglioso fallimento
Ecco la notte.
Occhi senza sguardo
ancora non sanno
di essere chiusi.
Qualcuno chiama sogno
il desiderio di abbracciare le stelle
e non macchiarsi d’inchiostro.
L’ultima neve è già caduta
e nessuna primavera
avrà tempo di fiorire
prima del prossimo inverno.
Il coraggio di un fiore qualunque
sarà un meraviglioso fallimento.
Ghiaccio nero
Nuovi inutili giorni
fanno passare le stagioni.
Il più sottile ricatto del tempo
è l’oblio.
Ho perduto il mio cuore
durante una tempesta
di cenere e ghiaccio.
Eppure a volte lo sento
battere ancora.
Giulio Marchetti
mi complimento con l’autore, mi ritrovo nei suoi versi che credo abbastanza affini ai miei nel tentativo di modernità poetica che non è mai scontato.